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Chicago Bulls

Rose, la mucca piromane e i Playoffs

No, non sono sull’orlo della follia. Bene, fugati i primi dubbi passiamo alla seconda domanda che vi sarete posti: cosa c’entrano le mucche piromani con Derrick Rose e i suoi Bulls? Domanda legittima, alla quale darò risposta con questo breve racconto riguardante un drammatico capitolo della storia di Chicago.

“One dark night, when people were in bed,

Mrs. O’ Leary lit a lantern in her shed,

The cow kicked it over, winked its eye, and said,

There’ll be a hot time in the old town tonight!”

Intorno alla metà del diciannovesimo secolo Chicago era una città in crescita esponenziale, affacciata sui grandi laghi del Nord America fungeva da crocevia ferroviario fra l’Est industrializzato e l’Ovest ricco di materie prime, ed era destinata a diventare una delle città più importanti dei giovani Stati Uniti d’America. Fino a quel maledetto giorno, l’8 Ottobre 1871, sembrava che niente avrebbe potuto arrestarne lo sviluppo, alimentato dai suoi laboriosi e risoluti abitanti.

Prima di finire il racconto, facciamo un salto in avanti fino alla stagione NBA 2011-2012, giusto per tenervi un po’ sulle spine. Chicago ha il miglior record della NBA e Derrick Rose è la stella più luminosa della lega, un ragazzo dai modi pacati uscito da uno dei quartieri più malfamati al mondo, pronto a caricarsi i Bulls sulle spalle per traghettarli in una nuova epoca d’oro dopo quella vissuta con MJ. The Windy City Assassin, come lo chiamano in città, è elettrizzante, vola a canestro celando la sua furia agonistica dietro ad una grazia abbacinante che lascia incantati i tifosi anche nelle arene avversarie. Le azioni iniziate fra gli “oooooh” di stupore del pubblico e concluse tra gli “aaaaah” di ammirazione sono all’ordine del giorno, e niente sembra poter fermare D-Rose alla vigilia dei Playoffs 2012. Eppure, il 28 Aprile 2012, al termine di una gara-1 dominata in casa contro Philadelphia, viene sbattuto al suolo dal destino, dagli dèi del basket, dalle fatiche di una lockout season troppo compressa o da qualunque cosa crediate gli abbia fatto saltare il ginocchio sinistro.

Rose a terra dopo aver subito la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro.

In terra, quasi un secolo e mezzo prima di Rose, ci finì anche la lanterna che la signora O’Leary aveva acceso nella stalla, incendiando prima la paglia sul pavimento, poi la costruzione in legno, fino a divorare la città intera mietendo centinaia di vittime. Così, secondo la leggenda, divampò The Great Chicago Fire. Per tre giorni il fuoco arse con perizia ogni edificio, ad eccezione dell’acquedotto in pietra, lasciandosi alle spalle cenere, desolazione ed una popolazione stremata. Eppure, all’alba del 12 Ottobre, l’editoriale del Chicago Tribune recita così: 

CHEER UP.

In the midst of a calamity without

parallel in the world’s history, looking

upon the ashes of thirty years’

accumulations, the people of this once

beautiful  city have resolved that:

CHICAGO SHALL RISE AGAIN.

Con la stessa sfacciata noncuranza per le circostanze avverse, pochi giorni dopo il suo secondo grave infortunio al ginocchio, Rose rifilava un brutale “You can be a fool if you want to” a chi gli chiedeva se fosse un giocatore finito.

La scritta che campeggia nella palestra del Berto Center, centro allenamenti dei Bulls fino alla passata stagione. Il tatuaggio sulla mano di Rose recita “Sweet Home Chicago” e raffigura la skyline della città.

In pochi anni Chicago fu ricostruita con nuovi edifici più solidi e si sviluppò in una città ricca e popolosa prima dell’inizio del ventesimo secolo, nonostante l’incendio che l’aveva messa in ginocchio. A partire da allora è stata soprannominata The Second City, nata sulle macerie del primo insediamento e divenuta ancora più forte dopo essere stata data per spacciata. Da questo funesto evento si dice derivi la proverbiale forza d’animo dei suoi abitanti, dei quali è discendente anche quel ragazzo da South Side diventato il trascinatore della squadra di casa. Se, come sostiene Noah, “Derrick è Chicago” allora anche lui risorgerà dalle ceneri di una serie di infortuni, che avrebbero ridotto al ruolo di comprimario qualunque giocatore, per condurre i suoi compagni al titolo. Forse non è più lo stesso D-Rose, o meglio non riesce ad esserlo con continuità, ma in quella che viene chiamata The Second City, può non esserci speranza per The Second Derrick?

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