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And the Oscar goes to…

A pochi giorni di distanza dalla cerimonia degli Academy Awards, e con la stagione NBA che si avvia verso il gustosissimo epilogo, che sfocerà poi nei Playoffs, vi proponiamo i nostri personalissimi Oscar di metà stagione, attribuiti a chi, a nostro giudizio, si è particolarmente distinto nella prima abbondante parte di regular season.

Si tratta di votazioni assolutamente soggettive all’interno della redazione di NBAReligion, assegnate secondo il criterio democratico della maggioranza dei voti. Vi incoraggiamo, inoltre, a fornirci le vostre nomination per le seguenti categorie!

Miglior attore protagonista (MVP)

La nostra scelta cade sul leader, tecnico ed emotivo, della squadra col miglior record della Lega. Sì, perché Steph Curry sta producendo una stagione sensazionale, in cui sta palesando il raggiungimento di una certa maturità, da aggiungere alla ormai arci-nota glacialità e pericolosità nei finali in volata. Golden State andrà fin dove la porterà il proprio numero 30, che, a meno di grossi scossoni, dovrebbe vincere il premio di MVP a fine stagione, prima di concentrarsi sul cammino in postseason. Altre nomination sono state quelle di un surreale James Harden, capocannoniere della Lega e trascinatore di Houston, e di Russell Westbrook che, a dispetto del record balbettante, sta accumulando numeri da Playstation con una facilità imbarazzante.

Migliori effetti speciali (Most Improved Player)

Da ragazzo problematico, ignorato dalla maggior parte delle squadre nel Draft, a stella di prima grandezza nel firmamento NBA: questo il tragitto, spesso tortuoso, di Jimmy Butler, giocatore in crescita vorticosa ed esponenziale, che, a nostro giudizio, si merita il premio di MIP. Jimmy non si risparmia mai in nessuna delle due metàcampo, occupandosi sempre dell’attaccante più pericoloso tra gli esterni e mostrando in attacco un repertorio vario e ben amalgamato, tra tiro eseguito con sicurezza da fuori e capacità di assorbire i contatti ed andare in lunetta. E’ nata, come sancito anche all’ultimo All Star Game, una vera stella, per la fortuna dei Bulls. Dopo di Butler, nomination anche per Anthony Davis e Draymond Green, capaci di essere presenti su più fronti contemporaneamente, Jeff Teague, uomo di spicco degli Hawks, l’incredibile Hassan Whiteside, venuto letteralmente dal nulla, e l’ormai riconosciuta grandezza di Klay Thompson.

Miglio montaggio (Defensive Player of the year)

Scelta combattuta e terminata con un ex-aequo, con i vincitori comunque felici di ricevere il premio. Draymond Green ed Anthony Davis sono due scelte legittime per motivi differenti. Il primo è l’anima della miglior difesa della Lega, con un defensive rating individuale notevole, spirito di sacrificio ed abnegazione, capacità di entrare sottopelle all’avversario diretto e miglioramenti sensibili a rimbalzo. Il monociglio più famoso del mondo, invece, è il baluardo del ferro dei Pelicans, con le sue incredibili doti atletiche e due braccia infinite che gli permettono di poter contestare qualsiasi tiro. Tra gli altri candidati, due elementi della “solita” Memphis, Tony Allen e Marc Gasol, con i noti pregi difensivi, e l’onnipresente Jimmy Butler.

Miglior attore non protagonista (Sixth Man of the year)

Scelta combattuta e vincitore proclamato solo sul fil di lana. A testimonianza della grandissima stagione dei ragazzi della Baia, la statuetta va ad Andre Iguodala, che non fa mai mancare il proprio vitale apporto dalla panchina. Ulteriori meriti al prodotto di Arizona vanno riconosciuti per il suo esser stato in grado di accettare un tale ruolo dopo una carriera passata sotto le luci della ribalta, e soprattutto, in quintetto. Con il suo contributo in ambedue le metàcampo, Iguodala si è meritato tale riconoscimento battendo di un soffio il folletto Lou Williams, scarica di adrenalina perpetua dal pino per i Raptors, autore di una partenza bruciante di stagione. Nomination anche per l’habitué Jamal Crawford, ancora in grado di essere decisivo nel suo ruolo di sesto uomo, e per Ryan Anderson, ripresosi ottimamente dal terribile infortunio della stagione passata.

Miglior sceneggiatura originale (Rookie of the year)

Con un plebiscito popolare e risultati da editto bulgaro, Andrew Wiggins si appropria nettamente della statuetta di miglior rookie dell’anno. E’ vero, la concorrenza non è stata certo agguerritissima, con gli infortuni gravi di Parker ed Embiid, ma il giovane canadese, dopo una lenta partenza, ha mostrato gradualmente ma costantemente le proprie immense abilità, diventando il destinatario preferito dei passaggi dei propri compagni. Atletismo a pacchi, senso innato, da grande realizzatore, nel fiutare e trovare il canestro, mezzi fisici “discreti”, per una sicura futura stella NBA.

Miglior regia (Coach of the year)

Al suo secondo anno nella Lega, dopo una vita da assistente all’ombra dell’Alamo, Mike Budenholzer è riuscito a plasmare una bellissima e notevolissima creatura. Nonostante gli uomini siano gli stessi rispetto a 12 mesi fa, la trasformazione da anatroccolo a cigno è stata di 360 gradi, con un coach che è riuscito a trasmettere il proprio credo e la propria visione di pallacanestro ad un gruppo che si è mostrato altamente ricettivo. Il candidato battuto di un soffio è Steve Kerr, che da assoluto pivello della panca è, semplicemente, l’allenatore della miglior squadra della Lega, con un record vittorie-sconfitte quasi imbarazzante per un esordiente del pino. Una nomination inoltre per David Blatt, catapultato in una realtà completamente nuova, sulla graticola per mesi ma comunque in grado, finora, di resistere alle mareggiate e di migliorarsi partita dopo partita.

Miglior Film (Migliore squadra)

Il testa a testa tra le due squadre rivelazione di quest’annata continua anche in questa specifica categoria. Ad aggiudicarsi il premio, a nostro avviso, sono gli Atlanta Hawks, autori di una fantastica stagione. Primi ad Est, Gennaio da imbattuti, 19 vittorie in fila, cinque rappresentanti all’All Star Game ed un attacco a tratti inarrestabile. La vera sfida sarà portare il tutto ad un livello successivo, quello della postseason, ma per il momento gli applausi vanno ad una franchigia che, storicamente, ha avuto ben poco di cui gioire sin dal suo arrivo in Georgia. A seguire, i Golden State Warriors, primi ad Ovest ed in quasi tutte le categorie statistiche, tanto offensive quanto difensive. Anche per loro il banco di prova supremo sarà il riuscire a superare le forche caudine dei Playoffs ad Ovest. Una menzione infine per i Memphis Grizzlies, che, a fari spenti e lontani dal glamour, stanno confezionando una stagione di altissimo livello, sempre secondi nella propria Conference ma non lontani dai ben più reclamizzati Warriors.

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