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Non Solo Nba

Hi! My Name Is…

La classe di freshmen del 2014 non è stata sotto l’occhio dei media quanto quella del 2013, con i vari Parker, Wiggins e Randle che erano già noti ben prima del loro debutto nel basket organizzato: Jahlil Okafor, Stanley Johnson e soci sono nomi che probabilmente non dicono nulla a molti, ma ciò non rende i nuovi arrivi di questa stagione meno interessanti e preziosi per chi ha potuto ottenere i loro servigi, anzi. Andiamo ad incontrarli, scoprendo come potrebbero tornare utili ai propri atenei e dando un occhio (prettamente curioso) ai mixtape che si trovano su internet, quel magico mondo in cui anche Eduardo Najera può sembrare la nuova speranza bianca.

Blue Blood

Dopo essersi assicurata Jabari Parker la scorsa stagione, Duke si riconferma squadra da battere nella sfida al recruiting di questo ultimo biennio, portando a casa la miglior classe di freshmen della nazione: a guidare il gruppo c’è ovviamente Jahlil Okafor centro dai piedi fatati e dalla tecnica sopraffina, considerando anche i 19 anni ancora da compiere. Nato e cresciuto a Chicago, Okafor ha condotto Whitney Young ad un titolo statale e i team USA U-17 e U-19 a due coppe del mondo (77% dal campo nell’ultima campagna), mettendosi in mostra con tutta la sua intelligenza cestistica anche quando raddoppiato o triplicato, cosa che avveniva quotidianamente a livello liceale. Non è un caso che venga considerato all’unanimità la prossima prima scelta al Draft.

Il suo mixtape non fa che mostrarci quello che già sapevamo: sebbene i paragoni con Tim Duncan siano ovviamente fuori luogo a questo punto della sua carriera, Jahlil mostra movimenti spalle a canestro ed un tocco nei pressi del ferro decisamente non comuni, che sopperiscono ad un’esplosività non impressionante. Non ci stupiremmo nel vederlo tirare con buone percentuali da oltre l’arco nel giro di 4-5 anni. Una cosa è certa: a Duke potrebbero aver trovato il primo big man valido dai tempi di Shelden Williams (potete ridere).

Con l’offerta di due al prezzo di uno a Okafor si è unito in concomitanza Tyus Jones, già in squadra con Jahlil in alcune vincenti versioni di Team USA e playmaker nel vero senso della parola, gran passatore e ottimo tiratore che però, visto anche un fisico non particolarmente imponente, potrebbe rimanere alla corte di Coach K per più di un anno, uno dei motivi per cui le nuove leve di questa stagione potrebbero, di fatto, risultare più utili agli atenei rispetto ad alcuni nomi altisonanti dello scorso anno: i deludenti percorsi di Duke e Kansas nella campagna 2013-2014 sono in questo senso esplicativi.

Altri due giocatori di valore che aiuteranno i Blue Devils nella prossima stagione sono Justise Winslow e Grayson Allen, col secondo destinato probabilmente a sostenere la causa per tutti e 4 gli anni disponibili.

Winslow (link) sembra essere il classico giocatore che potrebbe andare in qualsiasi college, ma non a Duke (o Winsconsin): ala afroamericana particolarmente fisica ed atletica e con un tiro rivedibile, si allontana dai canoni dei Kyle Singler di questo mondo. Assomiglia al classico caso “great or bust”, ma il buco a livello di ali dei Blue Devils gli lascerà probabilmente spazio per molti minuti di gioco e per crearsi una dimensione anche fuori dall’area. Potenziale da top 10 al prossimo Draft, da qui ad esserlo è un altro paio di maniche.

A ristabilire le quote per i giocatori “da Duke” non ci è voluto poi molto e Grayson Allen è il giocatore perfetto per concentrare su di sé tutto l’odio delle tifoserie avversarie per le prossime 4 stagioni: bianco, faccia da schiaffi e atteggiamento da bulletto delle gare di spelling, il buon Greyson con una media punti superiore ai 15 potrebbe momentaneamente coprire l’incolmabile vuoto lasciato nel cuore degli haters ormai anni fa da J.J. Redick, risultando il complemento perfetto per la squadra più odiata d’America. Giocatore di cui tutto il college basket ha bisogno come l’aria.

Spostandoci di una manciata di miglia troviamo gli arci-rivali di North Carolina che, nuovamente sconfitta sul fronte recruiting, ha trovato però un buon gruppo di giocatori talentuosi e che potrebbero stare alla core di coach Williams per qualche stagione: Joel Berry è una piccola ma atletica point guard che di fatto è l’ (ottima) assicurazione per il back court del futuro dei Tar Heels, col primo anno o due che serviranno per farlo crescere dietro a Marcus Paige, una delle poche note positive della scorsa stagione per i successori di Michael Jordan. Le due punte di diamante tra i nuovi uomini in celeste sono però le ali Theo Pinson e Justin Jackson.

Video dai toni epici di una battaglia omerica per il buon Theo, sebbene sia dato fin troppo spazio alle sue schiacciate, anche aiutate dal contesto, piuttosto che, ad esempio, alle sue ottime doti di passatore. Va comunque a lui il premio di miglior espressione post-dunk: un misto tra LeBron James e l’ispettore Clouseau. Potrebbe sembrare la nuova venuta di Michael Jordan da questi pochi minuti (God bless mixtapes), ma la realtà è ovviamente un’altra: un fisico da costruire, tiro e ball handling da migliorare lo fanno sembrare il classico work in progress destinato a crescere con gli anni, probabilmente per la gioia del proprio programma.

Più sobrietà per la presentazione di Justin Jackson (link), giocatore dotato di buone misure per la sua posizione di ala piccola e di ottima tecnica, tanto nei passaggi e nei fondamentali nei pressi del ferro, quanto nel tiro da fuori, mostrando un arsenale offensivo tra i migliori di questa classe. Messosi già in mostra condividendo il trofeo di MVP del McDonald’s All American Game con Okafor, Jackson è un giocatore potenzialmente dominante al college, dove andrà a coprire il vuoto (non incolmabile) lasciato da McAdoo (quello scarso), andando a formare uno dei frontcourt più interessanti della nazione con J.P. Tokoto e Brice Johnson: qualora dovessero restare tutti e tre anche nella stagione 2015-2016 North Carolina potrebbe tornare a pensare in grande.

Rock, Chalk, Freshmen.

Quasi impossibile fare di meglio dell’anno scorso a livello di recruiting per Kansas che si aggiudicò Wiggins ed Embiid (oltre a wayne Selden, restato per l’anno da sophomore), andando a formare una coppia dal talento a dir poco strabordante. Tuttavia infortuni ed inesperienza pagarono pochi dividendi a marzo, lasciando poi un vuoto con la partenza del magnifico duo per i lidi NBA. Ecco allora che Bill Self e i suoi cercano subito di colmare questa vacuità con due dei migliori giovani talenti d’America, Kelly Oubre e Cliff Alexander.

Oubre sembra essere una versione “light” (ma solo a livello di aspettative) e mancina di Andrew Wiggins: lungo e atletico, mostra ottimi istinti anche per il passaggio, deve però migliorare a livello di tiro (dove va a sprazzi) e mostra una certa tendenza ad attaccare solo con la mano forte. Un vantaggio rispetto a Wiggins però lo avrà, ovvero la minore pressione e attenzione che riceverà quando metterà piede in campo, dettaglio che potrebbe fare una differenza non irrilevante.

Cliff Alexander è invece un ala grande (fisicamente)/centro(per stile di gioco) che non possiede i centimetri (a livello di altezza, ma ha braccia infinite) e soprattutto la pulizia tecnica di Embiid, ma presenta una solidità fisica ed un carattere non indifferenti. Chicagoano come il numero 1 di questa classe di freshmen, Alexander si è ovviamente più volte scontrato proprio con Okafor, il tutto senza sfigurare: nella storia del basket liceale della Windy City è entrata di diritto la sfida della sua Curie High contro la Whitney Young di Okafor, con Alexander a guidare i suoi con 20 punti e 12 rimbalzi in una gara vinta al quarto overtime. Nonostante un gioco fuori dal pitturato ancora da sviluppare il suo futuro, come quello di Oubre, pare essere quello di una delle prime 5 scelte al prossimo Draft.

Da non dimenticare l’addizione di Sviatoslav Mykhailiuk, guardia/ala ucraina, tra i prospetti più interessanti provenienti dal vecchio continente, dotato di ottimo trattamento di palla, visione di gioco ed un enorme potenziale. Il fatto che non compirà 19 anni fino al 2016 dona questo gioiellino a Self per almeno due stagioni in quel di Kansas, un colpo non indifferente per il programma.

Quei bravi ragazzi

Quest’anno è stato un raro caso in cui John Calipari non è riuscito a portare a casa la classe di freshmen numero uno della nazione, ma la sua Kentucky è comunque vicinissima seconda a Duke e i motivi per sorridere non mancano di certo: in seguito alla sorprendente corsa che ha portato i Wildcats fino alla finale nazionale lo scorso aprile, coach Cal ha infatti perso i soli Julius Randle e James Young, vedendo ritornare per il secondo anno Marcus Lee, Dakari Johnson e i gemelli Harrison, fatto più unico che raro per il re degli one and done. A questo importante gruppo di sophomore, col ritorno anche di Willie Cauley-Stein per l’anno da junior, ai Wildcats si va ad aggiungere una classe di freshmen di altissimo livello: Tyler Ulis e Devin Booker sono i cambi naturali dei gemelli Harrison, pronti verosimilmente a prendere il loro posto la prossima stagione, tuttavia Booker in particolare potrebbe guadagnarsi presto minuti importanti grazie al proprio fisico, alla propria intelligenza cestistica e alla prolificità offensiva che lo caratterizza, rendendolo la possibile sorpresa di questo gruppo di giocatori al primo anno.

E’ però a livello di frontcourt che Calipari potrebbe avere tra le mani qualcosa di mai visto prima: all’ottimo Cauley-Stein (potenziale da lottery già lo scorso giugno) e ad un Dakari Johnson che potrebbe divenire dominante se sgrezzato a dovere si andranno ad unire infatti Trey Lyles e Karl Towns.

Partiamo proprio da quest’ultimo: centro della Repubblica Dominicana, nazionale allenata da Calipari, è stato un prospetto a lungo sottovalutato, ma dal potenziale a dir poco impressionante. Con rara coordinazione e tiro da fuori non comune per un ragazzo di oltre 2.10, Towns si è messo in mostra anche contro Anthony Davis in una partita amichevole contro Team USA: qualora dovesse aiutare la causa dei suoi facendo anche la metà di quanto che fece il centro dei Pelicans nel suo anno a Kentucky, per i Wildcats il secondo titolo in pochi anni sarebbe molto vicino. Intanto è partito bene chiudendo il tour estivo alle Bahamas di UK come secondo miglior realizzatore della squadra.

Trey Lyles, a cui va il nostro premio per il mixtape più noioso, è un’ala fisica che mostra anche ottime doti tecniche, tuttavia la sua lentezza, un atletismo nella media, un rilascio dai tempi prolungati e un frontcourt già ricchissimo sembrano essere il mix giusto per far sì che coach Cal possa vedere nuovamente uno dei suoi tanti talenti tornare per il secondo anno, cosa che immaginiamo non lo rattristerà. Detto ciò l’eventuale partenza in panchina di un prospetto come Lyles, che però potrebbe guadagnare sempre più minuti grazie alla propria competenza tecnica, mostra la profondità quasi illegale di questi Wildcats, che ci sembrano più pronti al titolo di quanto non lo fossero un anno fa.

Miracle Worker

Premi al nostro giocatore preferito, al mixtape migliore, alla storia più bella e all’idolo delle folle tutti per Stanley Johnson, giocatore costruitosi con le proprie mani su spinta e sostegno della madre (ex giocatrice) e ragazzo dalla competitività spiccata. Dotato di un ottimo fisico e di rara versatilità (spesso portatore di palla a Mater Dei), è il miglior giocatore della West Coast di questa classe, 4 volte campione dello stato della California con la sua high school, con cui ha chiuso le ultime due stagioni mettendo a registro un discreto record di 70-0.

D’altra parte quanti altri freshmen hanno un documentario a loro dedicato prima ancora di arrivare al college? Solo il nostro Stanley. Qui potete vedere la sua storia:

Rimbalzista e difensore di alto livello, lavoratore indefesso, si rivede in lui qualcosa di Ron Artest, compreso un tiro perfezionabile (sul quale però lavora incessantemente), ma con una testa che sembra decisamente più inquadrata.

Arizona, che se lo è aggiudicato, ricomincia la propria corsa al titolo con un giocatore che quantomeno dal punto di vista caratteriale potrà contribuire maggiormente rispetto ad Aaron “Poker Face” Gordon. Il destino sembra consegnarlo ad una delle prime 10 (stando larghi) scelte del prossimo draft, ma Johnson ha già dimostrato una buona attitudine (eufemismo) alla vittoria ed un anno potrebbe anche bastare per lasciare un ricordo indelebile.

Myles Away

Conoscono bene la lontananza loro malgrado SMU e il proprio coach, il leggendario Larry Brown, che si sono lasciati sfuggire di mano due veri e propri pezzi da novanta: se a far notizia è stato il già reclutato Emmanuel Mudiay, miglior guardia della classe, che ha deciso di non rispettare l’impegno preso per andare a guadagnare giocando come professionista in Cina, così da poter sostentare la propria famiglia, è anche vero che alcuni segnali che questa non sarebbe stata la offseason dei Mustangs erano già arrivati quando Myles Turner, secondo giocatore della nazione per ESPN, ha deciso di non andare alla corte di coach Brown, ma da Rick Barnes e i suoi Texas Longhorns. Turner è un centro di 2.10 con una struttura fisica sicuramente esile, ma dotato di mani educatissime.

Il video non mostra niente di particolare finché si limita a schiacciate o stoppate su ragazzini del liceo, ma il discorso si fa più interessante nel momento in cui vediamo il ragazzo tirare agilmente da oltre l’arco: se ancora non appare fluidissimo nei movimenti palla in mano e sotto le plance i suoi centimetri uniti a quel tiro dalla media-lunga distanza, senza contare intelligenza cestistica e visione di gioco, ci fanno capire quanto possa essere un giocatore da tenere d’occhio anche perché coach Barnes tra i possibili difetti non ha certo quello di non saper preparare i propri talenti per l’NBA (Durant, Aldridge, Thompson etc). Da valutare a livello di integrità fisica (passati problemi al ginocchio), formerà sicuramente un intrigante duo di lunghi con Cameron Ridley, nativo di Houston come lui.

California Love

Non poche difficoltà ha passato UCLA negli ultimi anni, tra un titolo che ormai manca da troppi anni (in astinenza dal 1995) e diverse classi di freshmen esaltate oltremodo e poi poco efficienti al momento dei fatti, basti pensare all’eccessiva attenzione posta su Shabazz Muhammad, giocatore sicuramente di talento, ma ricordato in California più per i problemi di reclutamento che per altro.  Tuttavia coach Steve Alford sembra aver portato aria nuova per i Bruins e cercherà di invertire definitivamente la tendenza anche con l’aiuto di Kevon Looney.

Video che non dà certo una mano, dato che è un susseguirsi di un uomo tra i bambini, ma alcuni pregi del ragazzo sono innegabili: fisico da pro, range di tiro ed un certo agonismo che lasciano ben sperare Alford e soci. Il pericolo è che sia un ragazzo incastrato tra i due ruoli di ala e che la maledizione di UCLA si possa abbattere anche su di lui.

Viva Las Vegas

UNLV non sarà più quella di Larry Johnson, Stacey Augmon e coach Tarkanian, ma a Vegas hanno fatto un buon lavoro di reclutamento, portando a casa un terzetto che potrebbe riportare il programma tra i primi della nazione: i Rebels si sono infatti aggiudicati la guardia realizzatrice Rashad Vaughn, ragazzo dotato di eccellente fisico (da questo punto di vista la migliore guardia del lotto) e di buon atletismo , dimostrando anche buona attitudine difensiva al liceo, nonché l’ala Dwayne Morgan, giocatore per ora sotto traccia ma dall’ottimo potenziale anche grazie ad un tiro molto affidabile. Il “Fans’ Fanvourite” rimane però Goodluck Okonoboh (già in pole per il premio di miglior nome dell’anno), centro cresciuto a Tilton HS come Nerlens Noel, con il quale condivide anche una simile capigliatura. Oltre a ciò è però un giocatore dotato di braccia lunghissime e grande esplosività e non dubitiamo che potrà regalare quantomeno molti highlights in coppia con Vaughn.

Il Mucchio Selvaggio

Se non vi sono bastati questi nomi abbiamo ancora D’Angelo Russell, guardia mancina dotata di ottimo tiro e capace di giocare anche da playmaker (accasatosi a Ohio State); Chris McCullough (Syracuse), ala grande esplosiva che potrebbe far girare le teste di molti scout NBA; la combo guard Isaiah Whitehead (Seton Hall), ragazzo nato e cresciuto a “Crookyln better known as Brooklyn” e che proprio della sua città natale possiede il tipico primo passo, lo step back, l’agilità e il jump shot dal palleggio (e da qualsiasi distanza), roba che profuma di New York tanto quanto i grattacieli e i taxi gialli.

E’ sempre un piacere vedere qualcuno capace di giocare il mid range game, crearsi il tiro, bruciare il marcatore con il proprio primo passo e concludere un azione in area col fallo e la faccia cattiva.

Rimanendo tra le guardie troviamo anche James Blackmon Jr. (Indiana), forse il miglior realizzatore dell’intero gruppo e Brandone Francis (Florida) giunto direttamente dalla Repubblica Dominicana per realizzare il suo sogno.

Sempre a Florida troviamo l’ala piccola Devin Robinson, giocatore che ha visto le proprie quotazioni salire enormemente nell’ultimo anno, e il play undersized Chris Chiozza che andrà a proseguire la tradizione dei vari Kenny Boynton, Scottie Wilbekin e dello stesso Kasey Hill, di cui sarà uno dei possibili cambi.

Per ultimi, ma non in ordine di importanza, ricordiamo Isaac Copeland, ala grande di Raleigh (North Carolina) che alle università della sua zona ha preferito il fascino di Georgetown; Domantas Sabonis (Gonzaga) figlio d’arte che andrà a crescere sotto l’ala protettrice di Mark Few, uno che di prospetti internazionali ne capisce parecchio, e infine un altro ragazzo del vecchio continente ovvero Dusan Ristic, centro serbo cresciuto nella Stella Rossa di Belgrado che con le sue ottime doti tecniche potrà dare una mano nel arricchire ulteriormente l’ottimo frontcourt di Arizona.

L’arrivo di centinaia di nuovi talenti fino ad oggi mai messi alla prova con costanza contro giocatori del loro stesso livello è sempre uno degli aspetti più affascinanti del college basket, dove giocatori “normali” possono trovare i loro momenti di massima gloria e le stelle il loro trampolino di lancio verso il basket professionistico. Se questi e molti altri ragazzi saranno decisivi per le proprie squadre o se li rivedremo in qualche finale NBA lo dirà solo il tempo, di certo non ci lasceremo sfuggire la possibilità di poterli vedere giocare, crescere, gioire, sbagliare.

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