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Primo Piano

Bentornato popolo NBA

La stagione NBA sta per iniziare nuovamente e noi le diamo un grandissimo BENVENUTO insieme ai quattro italiani

“Prova, prova. Check, check.”, il teatro è pronto, sold out da giorni, settimane, mesi. Sta per iniziare lo spettacolo, la meraviglia.

La platea mormora, osserva figure di Jerry West in ogni dove. Sono tutti tirati a lucido per la prima.

Nel backstage si sente già il parquet scricchiolare, un rimbombo, l’ultimo pezzo di jay-z che accompagna il fruscio dei coprimaglia, la tensione sudata. Mi volto attorno, sono coperto dal cielo stellato, niente pareti. Mi accompagnano, gomito a gomito, migliaia, milioni di spettatori dagli occhi brillanti.

Riesco a distinguerli: là, sotto quell’edificio abbandonato c’è Zaza Pachulia con i suoi fratelli georgiani. In fondo, dispersi ma compatti, stanno arrivando dal deserto i guerrieri della terra africana. Sono divisi in tribù, i nigeriani guidati da Al Farouq Aminu ed Ezeli, tra i congolesi distinguo Biyombo, sta brandendo un bastone urlando. A lato ci sono i camerunesi con Mbah a Moute e il suo leone da compagnia. Una festa di colori, un arcobaleno a spicchi arancioni.

Vesely e i cechi occupano la collina, poco sotto di loro sono uniti, come poche, pochissime altre volte, tutti i popoli balcanici. Teletovic, Pekovic e Vucevic stanno giocando a horse, bosniaci e montenegrini tengono strette grappe di bassa qualità. Per un attimo il flow rap-pop viene coperto da una samba gioiosa. I brasiliani ballano, c’è chi lo fa su tacchi vertiginosi, chi, come Nenè e Splitter, Barbosa e Varejao, su sneakers da gioco. Il capello del centrone verde-oro viene tirato scherzosamente, Carlos Delfino è in punta di piedi: “fa vedere anche i miei fratelli Anderson!”. Niente risse, niente dissapori. Argentini abbracciati a brasiliani, Scola dà lezioni di post basso ad un giovane di Rio, Ginobili stoppa un bambino mancino di Goiàs.

Guadano un fiumiciattolo Horford e i dominicani; restano fermi, statuari, impassibilmente innamorati, i popoli baltici. Kleiza e Valanciunas alzano verso le stelle una statua di Sabonis. La osserva rispettoso Jerebko, insieme al suo popolo svedese, a tutti i figli dei fiordi. Mi volto ancora ed ecco una zona innevata, bambini che fingono di spezzare il polso tirando palle di neve, Kirilenko, Mozgov e Shved allargano le braccia, spiegano le ali sotto i loro colbacchi. Casspi sta facendo sedere gl’israeliani, con il ditone non dice “questa è casa mia” come Dikembe, si limita a chiedere il silenzio ad un popolo che mai è stato così sereno. Dalla montagna impervia, sullo sfondo, noto una figura altissima che sventola la bandiera iraniana. È Haddadi con la sua gente.

Ma ecco la sirena, le tende si stanno per spalancare, iniziano già ad intravedersi lampi di talento, flash dei fotografi, maxi schermi con i volti giganti dei nostri eroi.

Ho giusto il tempo di dare un occhio alla platea, a tutti quelli che stanno su poltrone comode. Nowitzki, Kaman e i tedeschi che sorseggiano birra. Batum, Mahinmi, Noah, Parker e tutti i francesi che stanno distribuendo baguette farcite. L’España con i due toreri Gasol che matano Calderon, Rubio e tutti i connazionali per portarli ai posti assegnati. Lo charme britannico di Deng e Gordon. Qualche sparuto svizzero, nella mia fila vedo Sefolosha. Davanti, per terra, stanno seduti i canadesi. Nash li tiene d’occhio come un anziano professore, in questo momento redarguisce Bennett che sta prendendo a pugni Olynyk.

Alzo lo sguardo, il cronometro non segna più minuti, solo secondi. Il palco reale batte le mani, da lì scende un bandierone a stelle e strisce. Anche gl’intoccabili sono felici, non resistono più. “Ehi gallo, hai visto che c’è anche Kobe?”. “Ma che te ne frega quando qui ci siamo io, il mago, beli e gigione?”.

10 secondi alla palla a due. Un altro anno, il solo anno. Amore e passione, scivolamenti e inchiodate, sfondamenti subiti e clutch shoots, tecnici e mani in faccia, trash talking e rivalità umane. Vita e palla a spicchi, anzi, vita è palla a spicchi. Per me, per i popoli in questo teatro unico, per te, che sei qui di fianco ai quattro italiani d’oltreoceano, di fianco ad ognuno di noi.

Luigi Datome Andrea Bargnani Marco Belinelli Danilo Gallinari

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