Seguici su

Cleveland Cavaliers

I Cleveland Cavaliers sono in crisi?

Un’analisi pacata e razionale del difficile inizio di stagione dei vice-campioni NBA, passando per le difficoltà difensive alle scelte sbagliate di coach Lue

Ora, però, se siete arrivati fino a qui una domanda dovrebbe sorgervi spontanea, e dovrebbe suonare più o meno così: “ma se i Cavaliers già l’anno scorso facevano così schifo in difesa, come è possibile che abbiano vinto 51 partite e siano arrivati fino alle Finals?”

Se tralasciamo le due risposte più scontate (LeBron James e “perché giocano ad Est”) ecco che quella un po’ meno immediata è anche quella che rappresenta il più interessante tema di discussione di questo inizio di stagione per la franchigia dell’Ohio: l’attacco.

La fase offensiva

Già, perché se è vero che la difesa è sempre stata un problema dei Cavs, specie durante la Regular Season, a questa lacuna si era sempre riuscito a porre rimedio grazie ad un attacco che nella passata stagione faceva registrare la terza efficienza offensiva su 100 possessi dietro solo a Warriors e Rockets (110,9), metteva a segno 110,3 punti di media a partita(quarti), tirava con il 38,4% dalla linea dei tre punti (secondi davanti a Golden State) e con il 47%  dal campo(quinti).

Ecco, questo è il discrimine al momento. Fino all’anno scorso l’attacco era un plus molto più di quanto la difesa non fosse un minus. Nelle prime due settimane di questa stagione, invece, entrambe le fasi stanno facendo sostanzialmente schifo, con l’attacco che registra 104.3 di Offensive Rating(-6.6), segna 105 punti per game(-5.3) e tira con il 33,1% da fuori(-5,3 punti percentuali).

La spiegazione più banale che viene in mente guardando il verticale declino di queste statistiche va tenuta in considerazione e può effettivamente fungere da parziale giustificazione: Kyrie Irving non c’è più e Isaiah Thomas non ha ancora assaggiato il parquet con la nuova divisa. Verissimo. Tuttavia siamo di fronte ad una fetta relativamente piccola del problema, che vede coinvolti invece molti più soggetti, a partire proprio da coach Lue, adesso davvero a concreto rischio esonero.

Tyronn Lue Staff

Lo Staff di Tyronn Lue (fonte NBA.com)

Sull’incapacità sistematica e perenne del coach dei Cavs di riuscire a dare un’identità precisa alla squadra non c’è bisogno di soffermarsi più di tanto. Di nuovo, Kevin O’Connor ha centrato il punto in maniera perfetta riducendo il massimo contributo di coach Lue alla causa offensiva di Cleveland all’instaurazione di un sistema di “give the ball to LeBron and GTFO of the way”. E in effetti tanto è bastato fino a quest’anno. C’è, tuttavia, che questa volta la situazione era leggermente diversa, vista la partenza di Irving e l’arrivo di giocatori come Wade e Rose, attualmente molto difficili da collocare all’interno di un sistema “solido nella sua fragilità” come quello di Cleveland. Serviva non poca abilità per riuscire a districarsi in questa selva di prime donne, vecchie glorie in cerca di un ultimo valzer o in cerca di riscatto e role players da sempre indispensabili all’interno dell’ecosistema offensivo della squadra ma sempre più avanti con l’eta. Ecco, se possibile Lue è riuscito a non azzeccarne nemmeno una (e probabilmente non è ancora finita, stay tuned).

Proprio la gestione del prodotto di Marquette ha rappresentato la dimostrazione perfetta dell’inesperienza del coach dei Cavs che, ritrovatosi fra le mani un futuro Hall of Famer, non ha esitato un istante a buttarlo nella mischia a discapito di qualsiasi ragionevolezza e in barba ad ogni scomodo interrogativo. Tipo: in un backcourt formato da Rose e Wade chi è che dovrebbe difendere? Ma soprattutto, se togli Thompson dallo starting five per inserire Crowder e spostare Love da 5 per avere maggiore pericolosità sul perimetro, per quale balzana ragione metti in panchina J.R Smith, che rappresenta una minaccia enorme sul lato debole, per inserire Wade al fianco di una guardia già tranquillamente battezzabile? E quale dovrebbe essere il ruolo di Wade in questa squadra? Secondo violino a giocare off the ball quando è in campo anche LeBron? E’ davvero tanto difficile accorgersi che i tempi di Miami sono finiti, che Wade è invecchiato, che LeBron ha evoluto il proprio stile di gioco e che la Lega è cambiata? Come dovrebbe sentirsi J. R Smith ad essere sbattuto in panchina per la miglior gloria dell’“amico di LeBron” (l’iperbole è chiaramente voluta, non si gridi alla lesa maestà per favore) dopo tre anni da titolare e tre Finals NBA, per poi venir rispolverato nel momento in cui il nuovo arrivato si è accorto che “it’s very different, different than I’ve ever played”?

Il risultato è presto detto: nelle prime tre partite da starter Wade è semplicemente fuori luogo. Dopo lo spostamento in panchina le cose vanno un po’ meglio, ma le statistiche rimangono comunque relativamente deludenti, e parlano di un giocatore da 22 minuti scarsi (career low) che tira con il 41% dal campo e il 25% da tre, il tutto per 7,7 punti di media. Per J.R Smith le cose vanno anche peggio: 5,5 punti in 26 minuti con il 27% dal campo, il 19% da tre e una difesa che a tratti è sembrata davvero volutamente debole e svogliata (il 115 di Defensive Rating e tutta la partita contro i Knicks parlano in maniera sufficientemente chiara). Se a questi dati aggiungiamo poi anche quelli di Rose nelle uniche quattro partite giocate dall’ex Bulls (15 punti in 28 minuti con il 20% da tre), ecco che ci ritroviamo di fronte il problema principale dei Cavs di questa stagione: senza Irving e fino al rientro di Thomas la pericolosità sul perimetro di Cleveland viene drasticamente ridotta (c’è anche il 25% di Jeff Green e il 28% di Crowder), e questo compromette lo spacing della squadra (e quindi la circolazione di palla), la capacità di aprire le difese avversarie per far attaccare il ferro a LeBron e soprattutto la possibilità di far fruttare i raddoppi sistematici che vedono James come obiettivo.

Tipo così ecco

Anche qui, però, forse è il caso di limitare decisamente gli allarmismi. Primo perché – per quanto sia lecito riporre ben poca fiducia nelle abilità di Lue di gestire schemi, cambi e minutaggio di un gruppo del genere – la stagione è iniziata da due settimane e alla squadra va dato il tempo necessario per trovare un’amalgama. Secondo perché J.R Smith non tirerà per tutta la stagione con il 19% da tre. Terzo perché a Cleveland gioca LeBron James. E quarto perché prima o poi dovrebbe rientrare anche Isaiah Thomas, un giocatore molto più simile ad Irving di quanto non lo sia oggi Rose, che attirerà le attenzioni delle difese avversarie anche a 7 metri dal canestro aumentando notevolmente la pericolosità offensiva.

Tirare le somme

Cleveland è in crisi? Forse, se volete. Forse però è semplicemente sciocco parlarne in questi termini. Perché alla fine, se ci pensate, una coppia che si è appena conosciuta non va in crisi: funziona o non funziona. Se funziona, alla lunga, può avere delle difficoltà e allora si può parlare di “crisi”. Ecco, per la quantità di cambiamenti verificatisi in Ohio, al momento, sarebbe forse meglio pensare ai Cavaliers come ad una storia appena nata piuttosto che come ad una stabile e forte coppia di innamorati. Una storia che potrà funzionare o non funzionare, ma alla quale sicuramente servirà un po’ più di tempo.

Il problema è la difesa? Sì, ma lo è sempre stato, e per adesso è “più un problema” semplicemente perché anche l’attacco non sta girando. E c’è da preoccuparsi? Per l’attacco dipende da come si adatterà Wade al nuovo ruolo di sesto uomo e come rientrerà Isaiah dall’infortunio, ma le potenzialità in fase offensiva sembrano davvero troppe per stare anche solo in apprensione. E per la difesa? Ecco, qui dipende. Perché se J.R Smith, Crowder e Thompson hanno deciso di difendere così tutta la stagione allora sì, c’è da preoccuparsi (su LeBron non ci esprimiamo semplicemente perché ormai osserviamo lo stesso film da anni). Senza almeno uno o due di loro – a seconda delle circostanze – in campo in perfetta condizione e predisposizione diventerebbe impossibile pensare di regalare minuti importanti a giocatori come Korver, Frye o come lo stesso Wade, e questo danneggerebbe moltissimo l’attacco dei Cavs. Quando poi rientrerà anche IT, il quintetto più utilizzato da Lue sarà quasi certamente quello con Thomas-JR-Crowder-LeBron-Love, e ammesso che il folletto di Tacoma non sarà mai un buon difensore e che Kevin Love rimane pur sempre Kevin Love, è chiaro che, finché LeBron non inizierà a giocare davvero, uno sforzo maggiore in fase difensiva servirà da Smith e dal nuovo arrivato da Boston. Diversamente il quintetto sarà difficilmente sostenibile.

E quindi? E quindi prendiamo tutti un bel respiro e diamoci una calmata perché la stagione è appena cominciata. James ha ragione: “a che mese siamo? Ottobre?” 

2 di 2Successivo
Clicca per commentare

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Advertisement
Advertisement
Advertisement

Altri in Cleveland Cavaliers