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Road To Draft

Road to Draft 2016: Jakob Poeltl

L’Austria è più celebre per la musica sinfonica piuttosto che per i propri giocatori di basket, ma con Jakob Poeltl potrebbero saltare alcuni preconcetti.

Chi ha detto che l’NBA non è più un paese per lunghi? Probabilmente prima o poi è capitato a tutti noi che abbiamo ancora davanti agli occhi Shaq che sul parquet ripropone le fantastiche avventure di Gulliver in mezzo ai Lillipuziani mentre ora Howard fatica a farsi rispettare anche dal suo cane, tuttavia sarebbe sbagliato il considerare ad oggi l’essere alto 2.10 m come un’asserzione dell’impossibilità di divenire giocatori NBA di qualche utilità, andando peraltro contro tutto quello che milioni di genitori ci hanno sempre insegnato sul basket, ovvero che se si è alti questo è lo sport perfetto per noi: un’analisi tecnico-tattica un poco lacunosa, certo, ma che ora non dobbiamo nemmeno del tutto ribaltare quando consideriamo uomini di oltre 2 e 10 che puntano ad un ruolo di rilievo nella National Basketball Association. Certo è che il ruolo di centro, cinque o, se siete inguaribili romantici, pivot, è cambiato molto, ma d’altro canto nel basket professionistico i ruoli sono ormai un concetto obsoleto e pressoché inesistente: cos’è un centro o un playmaker, cosa ha a che fare l’altezza con il ruolo che uno vuole ricoprire? Sì può ben dire che la pallacanestro si sia posta questi interrogativi progressisti ben prima che in società scoppiasse il calderone gender e si sia data una risposta ampiamente aperta ad ogni possibilità. Anche la possibilità che un biancone di 2.13 proveniente da un paese più famoso per il cioccolato e la musica classica come l’Austria possa puntare ad una delle prime dieci scelte del prossimo Draft pur non tirando da tre, con un’esplosività contenuta e il tutto senza corrompere i GM delle franchigie con Sacher Torte gratis. Jakob Poeltl è un centro in equilibrio tra il vecchio ed il nuovo e se quest’anno Towns ci ha dimostrato che il futuro della NBA può tornare sopra i 2.10 ed ad avere una dimensione in post, Poeltl, lasciata Utah dopo due anni di college, potrebbe costituire un volto importante della prossima generazione di talenti europei (seppur di educazione americana), che potrebbero spostare nel futuro della lega. Andiamo a vedere perché.

A 2.13 e con un apertura di braccia “solamente” di poco superiore alla sua altezza, Poeltl è certamente un giocatore che si presenta come prevalentemente adibito al lavoro d’area non essendo dotato di un tiro come quello di, ad esempio, Karl Towns, ma allo stesso tempo molti dei suoi punti di forza risiedono in quello che il talento austriaco è in grado di dare fuori dall’area piccola, o quantomeno prima di entrare in essa, con e senza la palla tra le mani. Ciò che ad esempio colpisce molto di Poeltl è la sua intelligenza -ed efficienza- in situazioni di pick’n’roll, su ambo i lati del campo. Aiutiamoci con alcune prove video.

Nella prossima clip, durante il suo primo anno a Utah, lo vediamo difendere in situazione di p’n’r efficacemente contro una guardia come Ron Baker grazie a mobilità di piedi, fisico e senso della posizione difensiva:

Nel secondo video lo vediamo in fase offensiva come bloccante ed infine ricevitore e terminale dell’azione: da notare la maturità con cui dopo il primo blocco il giocatore non si perde nei meandri dell’area avversaria ma porta immediatamente un altro blocco in seguito al quale ruota perfettamente verso l’area ed il canestro, sfruttando i vantaggi fisici che la situazione gli concede.

Uscendo da una situazione di attacco a metà campo scopriamo che un altro dei talenti dell’austriaco risiede nella sua capacità di correre il campo e leggere ottimamente le linee di penetrazione offerte dalla difesa avversaria. In questa azione, sempre dalla partita contro Cal, vediamo come l’ex Utah corra fluidamente per il campo, cosa che riesce a fare piuttosto bene anche palla in mano, e riconosca immediatamente lo spazio lasciato libero dal giocatore caduto ed in ritardo nel recupero difensivo, capacità apparentemente banale ma che ci conferma l’impressione di un giocatore di buon IQ cestistico, cosa non sempre scontata.

Le sue ottime mani, un buon uso del piede perno e delle spalle e la capacità di concludere anche di mancina in area piccola gli permettono di essere un giocatore di ottima efficienza offensiva nei pressi del canestro, come ci testimonia anche il suo 69% al tiro vicino al ferro: il numero di movimenti è limitato, ma sono tutti ben eseguiti e ben oliati nel corso dei due anni a Utah. Molto positivo a livello realizzativo è stato poi il lavoro fatto dal ragazzo nel periodo di passaggio dall’anno da freshman a quello da sophomore per quanto concerne l’esecuzione dei tiri liberi: il deandrejordanesco 43% del primo anno si è trasformato in un molto migliore 69% abbondante nella sua seconda stagione, statistica di vitale importanza per un giocatore d’area che però non può puntare sul dominio atletico e fisico di giocatori come Jordan o, all’epoca, O’Neal, che dato il contesto ci perdonerà se lo abbiamo nominato affianco al lungo dei Clippers

A rimbalzo l’ex Utah è poi un ottimo lungo tanto in fase offensiva quanto in quella difensiva con oltre nove rimbalzi a partita su trenta minuti di utilizzo in una squadra che ha sempre giocato su un numero di possessi piuttosto basso. In pitturato infatti, come in fase realizzativa, Poeltl ha buoni istinti, ottimo senso della posizione e mani rapide che, unite ad una buona fisicità, gli permettono di essere trai primi rimbalzisti del prossimo Draft.

Bene anche la capacità di servire i compagni dal post: i due assist a partita forse non vi faranno saltare sulla sedia, ma è ottimo nel trovare giocatori sul perimetro e questa è una dote da tenere in buona considerazione in ottica NBA.

Per quanto riguarda i punti di domanda relativi all’austriaco alcuni li abbiamo già citati, ma tra i principali di certo troviamo una versatilità ancora piuttosto limitata dall’assenza di un tiro che di fatto non ha praticamente mai cercato (parliamo di quattro jumper su un totale di circa 350 conclusioni) e che quindi al momento lo relegano ad un ruolo di centro “classico” che come già detto in apertura non è il ruolo più di moda in NBA: Poeltl cercherà forse di invertire la rotta, ma va anche detto che non ci troviamo di fronte ad un giocatore epocale (sono pochini d’altro canto), quindi le difficoltà potrebbero esserci, sebbene i Mason Plumlee di questo mondo facciano in questo senso ben sperare. Sicuramente data la natura del giocatore ed il fisico attuale c’è un po’ di lavoro in palestra da fare, ed immaginiamo sarà fatto, dopodiché bisognerà valutare quanto l’intensità e la capacità di tenere la posizione in difesa sui lunghi avversari più fisici sia ora deficitaria per un tonnellaggio nella media (sempre per il tipo di essere umano che stiamo trattando) o se invece i problemi siano più di natura mentale e tecnica, il che potrebbe creare qualche problema in più. Esplosività (da non confondere con l’atletismo tout-court) e lunghezza delle braccia non sono particolari punti di forza e questo inficia un po’ la capacità di stoppare gli avversari ed in generale la sua versatilità difensiva che finisce col dover poggiare quasi esclusivamente sui buoni piedi ed il senso della posizione, ma con un attenzione che sembra ogni tanto andare e venire. Offensivamente desta qualche dubbio la sua passione per l’abbassare il pallone prima di attaccare il canestro, prestando il fianco a farsi rubare la palla, e la sua capacità di gestire situazioni di raddoppio aggressivo, come possiamo vedere anche da questo video

Considerati pro, contro e situazione generale del Draft Poeltl può ben considerarsi una delle prime dieci scelte del prossimo 23 giugno e potrebbe rivelarsi anche un’ottima presa per chi potrà concedersi i suoi servigi (ben retribuiti): centimetri, senso della posizione, efficienza in post e a rimbalzo sono aspetti che si possiedono prima di entrare trai professionisti o che altrimenti è dura ottenere più avanti ed il viennese li possiede tutti ed in buona misura, mentre tra i “punti deboli” ce ne sono molti che possono essere risolti in un arco di tempo medio-breve, sempre considerato che comunque parliamo di un giocatore con una propria specificità che in questo caso non è certo quella del lungo perimetrale che punisce con il jumper. La produzione di Poeltl dipenderà molto, almeno all’inizio, dai tiri che la sua nuova squadra costruirà per lui in post e forse data la sua natura c’è da sperare di finire in una squadra di livello medio-basso che sappia da subito, o quasi, dargli un ruolo dalla panchina con un buon minutaggio e coinvolgimento nel processo offensivo.

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