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Road to Draft 2015: Jahlil Okafor

INTRODUZIONE – TORNA LA RUBRICA ROAD TO DRAFT

Sì, si può ammettere senza eccessiva paura di essere smentiti: la Draft Class 2014, che doveva essere tra le migliori di ogni epoca, in questi primi mesi di carriera professionistica sta un po’ deludendo le aspettative, peraltro talmente gonfiate da risultare utopistiche e mai completamente realizzabili. Addirittura, tra infortuni anche gravi, scarso utilizzo e in generale impatto non semplicissimo nella Lega, a lungo non è stato inverosimile un Rookie of the Year clamoroso come Bojan Bogdanovic o Nikola Mirotic, prima che Andrew Wiggins prendesse un minimo le misure e ipotecasse il ROY d’inverno e forse anche quello finale. Draft Class sopravvalutata? Ci sentiamo di rispondere ancora di no, o che comunque sia veramente troppo presto per giudicare un gruppo composto in larga parte da 19enni con una sola stagione di college alle spalle: per fare solo un esempio recente ed emblematico, anche Anthony Davis non ebbe un impatto devastante tra i pro nonostante le premesse e una stagione a Kentucky in cui aveva vinto tutto, finendo per non aggiudicarsi nemmeno il già citato ROY (andato a Damian Lillard, un senior, guarda caso). Eppure due stagioni dopo, a 21 anni, Davis è un All Star dal rendimento irreale anche per una superstar NBA.
Perché questi ragazzi vanno giudicati a una, due, anche tre stagioni dal loro ingresso nella Lega, soprattutto se arrivano molto giovani e acerbi, e lo stesso sarà per la Draft Class 2014. Ma allo stesso tempo è giusto imparare a conoscerne le caratteristiche fin dai loro primissimi vagiti, e forse anche prima, durante la gestazione in quel grande ventre che è il College Basket o i campionati internazionali. Perché è lì che iniziano a formarsi i futuri Anthony Davis, a prescindere da un ingresso nella Lega più o meno trionfale.
Nonostante un’annata che si preannuncia fisiologicamente meno profonda della precedente, dopo il successo della rubrica Road to Draft 2014 NBA Religion torna quindi a presentarvi i 30 migliori prospetti di questo 2015. Perché magari non ci saranno le enormi aspettative di un anno fa, ma se Phila ha scelto di buttare un altro anno in attesa delle palline della Lottery, e franchigie del blasone di Knicks e Celtics hanno optato per qualche mese di umiliazioni per lo stesso obiettivo, magari qualche motivo ci sarà. Uno in particolare, secondo parecchi addetti ai lavori, che non può dunque che essere il protagonista della nostra puntata inaugurale di Road to Draft 2015: from Duke University, Jahlil Okafor.

JAHLIL OKAFOR

Fino a poco tempo fa, il cognome Okafor negli ambienti NBA faceva saltare alla mente solamente quell’Emeka il cui promettente avvio di carriera a Charlotte è stato guastato, ahilui, dai continui infortuni che oramai lo tengono lontano dal parquet da due anni. Quando però l’ex Connecticut, seconda scelta assoluta nel 2004 dietro a Dwight Howard, quei parquet li calcava ancora, parecchi addetti ai lavori già iniziavano ad associare quel cognome non a lui, ma a un lontano cuginetto di nome Jahlil, che già dalla primissima adolescenza sembrava destinato a surclassarlo, a prescindere dagli infortuni.
Il ragazzino di origine nigeriana ma nato a Chicago il 15 dicembre del 1995, dopo un’infanzia non semplicissima caratterizzata dalla continua spola Illinois-Oklahoma (dove viveva la madre, deceduta per un collasso respiratorio quando il figlio aveva 9 anni), non appena trovò un minimo di stabilità con il padre Chukwudi e la zia Chinyere mostrò infatti che a basket ci sapeva giocare, e non solo perché era da sempre il più alto in campo. Fin da freshman alla Whitney Young High School di Chicago ebbe modo di incrociare l’elite di una Windy City cestisticamente spumeggiante, compreso quell’Anthony Davis di cui sopra e quel Jabari Parker considerato il miglior prospetto liceale dell’Illinois, ma non di molto davanti a Jahlil. Stupisce meno quindi che solo nel 2013 la sua Whitney Young abbia vinto il campionato statale, mentre nel 2014 perse in un’epica finale conclusa dopo 4 overtime contro Curie High guidata da Cliff Alexander (di cui vi parleremo nelle prossime puntate di questa stessa rubrica); andrà meglio in quanto a premi individuali (Mr. Basketball dell’Illinois, co-MVP sia al McDonald’s All American che al Jordan Classic, Player of the Year nazionale nel 2014) e con la nazionale (oro nel 2012 con gli under 17 e solo un anno dopo anche con gli under 19, a 17 anni). Coach Mike Krzyzewski, anch’egli nativo di Chicago, per il secondo anno consecutivo si è portato a casa il gioiellino locale e l’impatto di Okafor in maglia Blue Devils è stato se possibile ancora migliore di quello di Jabari una stagione fa: basti dire che nelle prime tre gare universitarie ha tirato qualcosa come 25/30 dal campo, e attualmente viaggia a 19 punti e oltre 9 rimbalzi con quasi il 67% al tiro in una Duke che, con lui, Justise Winslow e Tyus Jones, solo di recente ha perso le prime gare stagionali.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Fedele ai propri geni africani (opportunamente accentuati da genitori entrambi cestisti in gioventù), Jahlil Okafor è un ragazzone di 2 metri e 11 per oltre 120 chili, che gioca ovviamente da centro, ma che porta tranquillamente a spasso quel fisicone per il campo con un’agilità insospettabile. Coordinato, rapido negli spazi stretti, il cugino di Emeka non ha problemi ad alzare il ritmo e attaccare in contropiede o a farsi trovare pronto sugli scarichi, ma è a difesa schierata che mostra la sua caratteristica migliore: una tecnica vicino a canestro a dir poco sorprendente per un 19enne da poco uscito dal liceo. Finte, ganci, passi d’incrocio, ma soprattutto uno spin move su entrambi i lati molto rapido e difficilmente arginabile, unito a un tocco educatissimo, lo rendono già ora un giocatore d’area letale, anche perché non teme i contatti, che non solo regge tranquillamente grazie a una parte superiore del corpo molto forte, ma addirittura ricerca, al fine guadagnare falli. Quasi inarrestabile nei pressi del ferro, dove riesce a concludere facilmente anche grazie alle braccia infinite (oltre 2 metri e 20 di apertura alare), non disdegna nemmeno la ricezione fuori dal pitturato, da dove è in grado di fronteggiare il canestro e mettere palla per terra con un più che discreto ball handling considerata la stazza, magari per avvicinarsi alla prediletta posizione di post; giocatore e ragazzo intelligente, che sa leggere il gioco e la difesa, dotato di ottimi istinti offensivi, in un panorama in cui sempre più i giovani lunghi arrivano nella Lega tecnicamente molto acerbi Okafor pare poter essere una piacevole eccezione, potendo abbinare forza fisica e rapidità a movimenti già buonissimi: non a caso l’onnipresente Adrian Wojnarowski ha riportato come un dirigente NBA l’abbia definito “il centro liceale con più fondamentali (il termine inglese usato è “most skilled”) che abbia mai visto”.
Ottima base tecnica quindi, completata però da una grande applicazione, in particolare sotto i tabelloni: Jahlil è anche un eccellente rimbalzista su entrambe le metà campo, in grado di abbinare senso della posizione alla solita grande rapidità e fisicità, che gli permettono di essere sempre pericolosissimo a rimbalzo offensivo, anche in mezzo al traffico. Ma ciò che più fa luccicare gli occhi agli scout che da anni lo seguono incessantemente sono i cosidetti “intangibles”, i quali, come si sa, non si insegnano: giocatore come detto intelligente, maturo e già tecnicamente molto avanti per la sua età, non sembra avere un potenziale infinito ma pare il più classico degli “NBA ready” in grado di avere un impatto immediato tra i pro, nonché un futuro da star.
Ma se gli intangibles non si allenano, sarà difficile migliorare anche il difetto più evidente del prodotto di Duke: un atletismo e un’esplosività molto inferiore alla media NBA, che contro avversari più grossi come quelli che incontrerà di qui a pochi mesi potrebbe costituire un problema, soprattutto nel concludere vicino a canestro, oltre a renderlo già ora un intimidatore non certo temibile in difesa. Proprio nella fase difensiva invece potrà e dovrà lavorare con profitto, soprattutto sulla difesa sul pick ‘n roll, apparsa fin qui spesso confusionaria, e in generale sugli scivolamenti laterali, la cui lentezza e meccanicità lo costringono spesso a faticare ad arginare anche alcuni pariruolo dal perimetro, rendendolo vulnerabile soprattutto se portato fuori area.
Anche in attacco non è tutto rose e fiori: se in area è come detto giocatore già completo e sempre pericoloso, i problemi arrivano allontanandosi dal pitturato, vista l’assenza al momento di un jumper dalla media affidabile, che si ripercuote anche sull’esecuzione dalla lunetta, da cui tira con percentuali al momento troppo basse (58% in stagione); il problema sembra essere in una tecnica di tiro piuttosto lenta e meccanica su cui dovrà lavorare, considerato che la sensibilità non fa certo difetto. Persino la decantata intelligenza cestistica si dimostra ancora acerba (meno male verrebbe da dire, almeno da questo si vede che ha effettivamente 19 anni…) in alcune situazioni, specialmente nei frequenti raddoppi che subisce, in cui fatica a leggere la situazione e a trovare un buon passaggio in uscita, finendo o per perdere il pallone o a forzare la conclusione anche contro il raddoppio.

PROSPETTIVE NBA

Se nella passata stagione prima dell’infortunio occorso a Joel Embiid la corsa al primo nome chiamato da Silver era diventata appannaggio di tre candidati (lo stesso Embiid e i soliti Wiggins e Parker), in questo 2015 al momento sembrano pochi i dubbi sul fatto che un Okafor ritoccherà il record di famiglia di scelta al Draft. Come peraltro si diceva anche di Emeka, alla fine superato al fotofinish da Howard, Jahlil Okafor è un giocatore su cui ricostruire una franchigia con più probabilità di sceglierlo che vittorie in stagione, e non è un segreto che in particolare dalle parti della Grande Mela i santini accesi per vederlo in maglia Knicks siano sempre più numerosi; tra le tankeggiatrici seriali solamente i Sixers al momento potrebbero avere riserve nel fare il suo nome, considerate le ultime due prime scelte spese per due big man di ottimo potenziale come Noel e Embiid, mentre qualsiasi altra squadra al momento nei bassifondi della Lega ripartirebbe più che volentieri da un giocatore del genere. Perché se a 19 anni hai già appioppati addosso paragoni di un peso specifico fin troppo elevato (qualcuno ha parlato addirittura di Olajuwon e Duncan…) un motivo ci sarà, nonostante più prudentemente le caratteristiche (stazza fisica, gioco vicino a canestro, presenza a rimbalzo, atletismo non eccelso) lo portano a far pensare ad un Al Jefferson, ma potenzialmente ben più determinante: in fondo, Big Al chiuse a 42 punti e 18 rimbalzi di media l’ultimo anno di high school senza avere neanche lontanamente dei movimenti offensivi paragonabili a quelli del più giovane degli Okafor…

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