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Kings of Summer League: la vittoria di Sacramento e i protagonisti del Torneo di Las Vegas

“Un giorno i Sacramento Kings vinceranno il titolo, e allora ricorderemo questo successo come il punto di partenza”. Si fa forse un po’ prendere dall’entusiasmo Vivek Ranadivé, il miliardario indiano ormai da un anno e mezzo in possesso dei Sacramento Kings, laureatisi nella notte campioni della Summer League di Las Vegas. Per il Larry O’Brien passare la prossima volta (facciamo anche quella dopo ancora, probabilmente), ma intanto per una notte i Kings possono godersi il trofeo più prestigioso dell’off season, che riconosce in qualche modo gli sforzi della dirigenza di ricostruire il team sul talento giovanile. La compagine guidata nell’occasione da Tyrone Corbin (da poco assistente dell’head coach Michael Malone) infatti ha presentato a Las Vegas un roster privo di accentratori o go-to-guy designati ma molto completo ed equilibrato, che ha disputato il torneo con 5 giocatori in doppia cifra media (6 se consideriamo l’atteso rookie Nik Stauskas, che ha chiuso a 9.9 a sera), con un protagonista diverso quasi ad ogni partita, pescato tra i vari Marshon Brooks, Derrick Williams, Ben McLemore e soprattutto Ray McCallum, forse il più continuo e decisivo proprio nella finale contro i Rockets, in cui ha  messo a referto 29 punti, la tripla in corsa a un minuto e mezzo della fine che ha spaccato la gara e l’ovvio trofeo di MVP del torneo. Niente male per uno che avrà certamente maggior spazio anche in stagione dopo l’addio di Isaiah Thomas, e in generale buone indicazioni dai singoli giovincelli di Sacramento, cha magari non vinceranno il titolo che conta (anche senza magari) ma sembrano pronti a dare un aiuto tangibile al team.

Nonostante la sconfitta, buone indicazioni le ha avute anche la runner up, quegli Houston Rockets presentatisi a Sin City con un squadra basata sull’asse play-centro Isaiah Canaan-Donatas Motiejunas, con la partecipazione della positiva guardia Nick Johnson, 42sima scelta dell’ultimo Draft da Arizona che cercherà di guadagnarsi qualche minuto anche in stagione (e non è detto che non ci riesca). Per Canaan vale lo stesso discorso fatto per McCallum: probabile MVP in caso di vittoria (17 di media nelle 8 partite disputate), partito Lin sarà con ogni probabilità il primo cambio di Patrick Beverley e avrà la possibilità di mostrare quanto di buono fatto vedere nei suoi quattro anni a Murray State. Anche Motiejunas sarà chiamato a dare minuti di qualità dopo la partenza dell’altro contrattone sulle spalle dei Rockets, quello di Omer Asik: in Summer League è parso più forte e “duro”, fisicamente e mentalmente, come richiesto dallo staff della squadra, ora ha un mondiale da disputare con la sua Lituania per confermare, probabilmente con avversari di ben altro livello, i miglioramenti mostrati a Las Vegas e dimostrare una volta per tutte di poter avere un posto importante nella Lega.

Da un punto di vista individuale, è stata la Summer League dei figli di papino: impressionante Glen Rice Jr., l’anno scorso addirittura in D-League ma top scorer con 25 punti a sera e un massimo di 36 nel triplo overtime con gli Spurs: come si suol dire, probabilmente “farà la squadra” in quel di Washington. Superato anche un altro Junior che la squadra, appunto, l’ha ampiamente già fatta e si candida a un ruolo importante nei nuovi Knicks di Fisher: stiamo parlando del pargolo di Mr. Crossover Tim Hardaway, il cui erede ne ha scritti quasi 23 a gara a Las Vegas. Sopra i 20 a partita anche i secondi anno CJ McCollum di Portland e Tony Snell di Chicago, ma impressiona di più vedere sul gradino più basso del podio della classifica marcatori la 58sima scelta dell’ultimo Draft Jordan McRae, guardia da Tennessee draftata (ovviamente) dagli Spurs ma girata ai giovani e arrembanti Sixers: 21 di media con ottime percentuali per lui, e chissà che Hinkie oltre a Embiid non si aggiudichi anche lo steal of the draft.

Jordan McRae in azione a Las Vegas

E gli altri rookies maravillas dell’ultima eccezionale nidiata? Forse per le insistenti voci di mercato, è parso talvolta un po’ altalenante la prima scelta assoluta Andrew Wiggins, che ha chiuso sì a oltre 15 di media ma con alcune gare sottotono e una percentuale dalla lunga assolutamente da migliorare (appena 2/13 totale e 15.4%); ciò nonostante ha comunque mostrato alcuni lampi dell’infinito talento di cui dispone, in particolare nella sfida ormai classica con Jabari Parker e i suoi Bucks e ancor di più con i Rockets, in cui ha palesato una spiccata intelligenza cestistica per i suoi 19 anni sfruttando i mismatch con le piccole guardie avversarie e andando spesso in lunetta invece di sparacchiare da fuori. Più solido il citato amico-rivale Jabari Parker, parso oltre che potenziale eccellente realizzatore anche  rimbalzista più che buono anche per questo livello: le medie dicono rispettivamente 15.6 e 8.2, ma con Golden State ha chiuso addirittura a 20+15, numeri da lungo puro più che da ala. Anche lui però è parso in fase di adattamento, per usare un eufemismo, con la distanza dell’arco NBA: 2-11 e 18% da 3 nel torneo. Da segnalare peraltro nei Bucks la crescita inarrestabile di Giannis Antetokoumpo, vero MVP di squadra a Sin City (17 e quasi 6 rimbalzi in sole 4 partite giocate).

Difficoltà nel tiro pesante (e nel tiro in generale, in questo caso) che non hanno risparmiato nemmeno le coppia d’oro dei Jazz, Trey Burke e Dante Exum,

Per Napier non l’impatto nella Lega che avrebbe sognato

mentre buone indicazioni le ha date Rodney Hood, che pare già un vero e proprio affare alla 23 per i mormoni. Rimandati a settembre Julius Randle e Noah Vonleh, complementari nel rendimento (discreto offensivamente ma poco incisivo sotto i tabelloni il primo, buonissimo a rimbalzo ma molto impreciso al tiro il secondo), molto meglio invece Doug McDermott e Zach Lavine, parsi già pronti per far bene (18 di media, con un high in Crighton style di 31, per il primo, 15.7 e alcuni highlights da cineteca per il prodotto da UCLA); prosegue invece nella sua personale opera di picconamento dei ferri l’ultimo MOP del Torneo NCAA Shabazz Napier, che non fa molto meglio rispetto al primo torneo a Orlando (e non ci voleva moltissimo, per la verità): 18/67 totale per lui in 4 gare in Nevada e 3.5 palle perse a fronte di 2.8 assist. Non molto incoraggiante per gli Heat che fecero di tutto per averlo nel (vano) tentativo di far felice Lebron e farlo tornare a South Beach, ma l’ex U-Conn ha già dimostrato di dare il meglio sotto pressione, e non certo in questi tornei estivi: verdetto quindi rimandato a ottobre. Discrete indicazioni infine per l’oggetto misterioso Bruno Caboclo, che ha chiuso in doppia cifra media (11.4) ma è parso un po’ troppo legato al tiro pesante (26 conclusioni prese su un totale di 43 in 4 gare), quando il suo atletismo potrebbe permettergli qualche incursione in più in area. Pare acerbo per l’NBA, ma almeno in questo torneo ha fatto certamente meglio di Napier ad esempio, quindi anche per lui verdetto rimandato a quando sbarcherà nella Lega (già ottobre?).

Insomma, parecchi spunti in questa 10 giorni di Summer League di Las Vegas (senza dimenticare il primo torneo ridotto di Orlando), alcuni incoraggianti, altri più enigmatici se non addirittura preoccupanti. Ma per quanto possano essere spunti indicativi, la stagione regolare è tutt’altra cosa, e solo lì ci saranno i veri verdetti, per tutti i partecipanti ai tornei. Sarà pure il punto di partenza verso un titolo ben più ambito (anche se, nonostante l’entusiasmo di Mr. Ranadivé, tendiamo a tenerci il beneficio del dubbio), ma la strada vero il Larry O’Brien e la vera gloria nella Lega pare molto più tortuosa.

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