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Atlanta-Indiana, destini incrociati verso Gara 6

Primo Maggio. Un giorno di scampagnate e gite fuori porta, un giorno in cui prendi a calci lo stress e ti fai cullare dal relax. Bella storia? Già, basta non raccontarla agli Indiana Pacers. Il calendario di Vogel non prevede festività, ma è scandito da sudore e doppie sessioni. Atlanta è una meta dove l’unica indigestione, in caso di sconfitta, potrebbe essere causata dalle critiche. E allora meglio il digiuno, meglio il basso profilo accompagnato dalla concentrazione. Più che “stare” a casa, l’intento di George e soci è quello di “tornare” a casa. Alla Bankers Life FieldHouse. Per giocare Gara 7, e per dare un senso alla stagione più bizzarra di sempre.

Ritrovarsi spalle al muro è una condizione scomoda, ma nella sua antipatia ha il merito di moltiplicare gli stimoli. Indiana è costretta a reagire ora che il margine di errore non c’è più. Il silenzio della vigilia ha addensato la nuvola di tensione che circola nell’aria. Un’immagine su tutte è quella legata al coach, che si è sottratto al terzo grado dei microfoni tenendo segreto il piano partita. Nessuna spifferata, nessun vantaggio ai nemici. L’eliminazione disegnerebbe scenari clamorosi e vedrebbe traballare la panchina di un Vogel fino a ieri intoccabile. Per arginare l’avanzata di Atlanta e scongiurare questa ipotesi, i Pacers dovrebbero rimboccarsi le maniche e colmare due lacune: primo, la difesa sul perimetro; secondo, l’esagerato numero di falli.

In Gara 5 l’esperimento del quintetto basso è durato più o meno un quarto d’ora. Hibbert, Mahinmi e Scola contemporaneamente in panca hanno consegnato a West le chiavi del pitturato, con Copeland, George, Watson e Hill a completare la batteria di zanzare capaci di pungere lontano da canestro. Il feedback, positivo, potrebbe tornare utile anche nel capitolo 6 della saga, Budenholzer permettendo. L’allievo di Pop teme cali di tensione ed eccessi di euforia. L’equilibrio è un filo sottile sul quale resta difficile marciare, soprattutto quando le cose vanno per il verso giusto.  Come dice la canzone, “ci vuole calma e sangue freddo”. Il primo Maggio non basta: per fare festa bisogna aspettare la fine di altri 48 minuti.

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