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Editoriali NBA

Wizards – Bulls: quando intensità e fame fanno la differenza

Quando si vuole guardare la serie tra Bulls e Wizards da un punto di vista prettamente tecnico, è difficile non fare caso alla sproporzione di talento tra le due squadre. Pur avendo già fatto le dovute disamine al riguardo in sede di preview della serie, le 4 partite sin qui disputate ci hanno dimostrato come una squadra coriacea ed esperta come i Chicago Bulls, arrivati ai playoff dopo l’ennesima stagione sfortunata, orfani ancora una volta della loro stella, abbia dovuto arrendersi nelle 3 sconfitte finora patite ad una squadra affamata e preparata, disposta a tutto per andare avanti ed emergere come una delle forze della Eastern Conference.

Le premesse della serie, nonostante la presenza sulla panchina dei tori di un genio come Tom Thibodeau, in realtà non sono mai state del tutto a favore della squadra con il miglior seed, cioè Chicago, arrivata al traguardo della qualificazione ai PO sì al 4° posto ma con il fiatone; se poi il genio di cui parlavamo poc’anzi s’intestardisce nell’eseguire i propri dettami tecnici senza un minimo di flessibilità e di fronte si trova una squadra giovane e smaniosa di giocare la postseason dopo anni di digiuno, oltreché (alla luce delle 4 partite in panca del “debuttante” Randy Wittman) meglio allenata di quanto si pensi, il risultato potrà essere senza dubbio diverso da quello pronosticabile.

La verità è che in quattro partite Washington non ha mai dato l’impressione di essere la squadra inferiore ed inesperta, anzi uno dei dati principali che la serie ha fatto emergere è come in questa squadra si abbia una commistione perfetta di debuttanti (John Wall, Bradley Beal, Trevor Booker) e veterani (Nenè, Marcin Gortat, Trevor Ariza), al punto che le due esordienti guardie dei Wizards, pur crescendo di partita in partita qualitativamente parlando, si sono rimesse quasi sempre alla guida dei giocatori con più esperiena di cui uno, Ariza, vincitore peraltro di un titolo NBA.

L’obiettivo di quest’analisi non sarà analizzare dato per dato perché i Wizards sono in vantaggio e i Bulls si trovino disperatamente in difetto, quanto solo quello di fornire delle chiavi di lettura per leggere questo NON clamoroso upset.

Un primo dato è rappresentato dal duello tra Nené, big man brasiliano di Washington, e Joakim Noah, centro dei Bulls e neo-incoronato Defensive Player of The Year, stravinto dal lungo dei Wizards nelle prime due gare della serie, quelle che l’hanno di fatto indirizzata. Non si parla di un duello sotto il profilo dei punti messi a referto, quanto piuttosto della capacità di Nené di azzerare l’impatto di Noah come facilitatore offensivo della sua squadra: se infatti il centro francese era salito alla ribalta negli ultimi due mesi di regular season come assistman di pregio della sua squadra e come giocatore capace di “governare” l’attacco dei Bulls dal post alto, in questo caso ha avuto più difficoltà del previsto visto il buon lavoro di Nenè, bravo ad aggredirlo e togliergli spazio ogni volta che ha ricevuto la palla in high post (cosa che non molti avversari facevano in stagione rendendo più semplici e agevoli le letture del francese) forzandogli quindi cattive decisioni e passaggi. Il risultato è stato un abbassamento vertiginoso del rapporto assist/turnover che, dal 2,71 di Marzo e Aprile, è sceso ad 1,06, il che in parole povere significa che Noah commette sempre un turnover per ogni assist che riesce a sfornare; e se si toglie un facilitatore del genere ad un attacco che già di per sé fa fatica a girare, hai già pescato un jolly dal mazzo. Al contrario Noah, dovendo strenuamente difendere il pitturato come nei dettami di coach Thibodeau, ha concesso molto di più a Nenè che, nelle due prime gare della serie, ha tirato 7/9 nei duelli diretti con il francese, potendo contare su molto più spazio e fungendo da ottimo punto di riferimento offensivo per i suoi.

Altro punto da toccare è senza dubbio la difesa. Nelle 4 gare di questa serie i Bulls hanno concesso in media 102 punti, 10,2 in più rispetto a quelli concessi in stagione regolare e che gli hanno consentito di chiudere come la migliore difesa NBA per punti concessi agli avversari. Lo standard della difesa di Thibodeau, aldilà della sempre ottima difesa sul pick n’roll, si è molto abbassato nella difesa del pitturato del quale i Wizards hanno più volte “abusato”. L’impatto difensivo di Noah è notevolmente calato e siccome stiamo parlando di difesa, Boozer non è neanche da menzionare: unica consolazione di coach Thibo, il “soldato coraggioso” Taj Gibson, autore di prestazioni di rara intensità sotto entrambi i tabelloni e sempre pronto a scendere sul parquet con il coltello tra i denti. In generale Thibodeau si è dimostrato, al contrario del collega avversario, poco propenso ad adattamenti difensivi in corsa, non tenendo conto del fatto di non avere più di fronte gente come i Gerald Wallace e i Reggie Evans dell’anno scorso, ma giocatori come Ariza o Nenè che hanno un feeling più che discreto con il canestro.

Al contrario Wittman si è dimostrato disposto a rischiare tutto in difesa quando ha dovuto, come ha dimostrato lo spostamento di marcatura di Ariza su Augustin in Gara-2 che ha avuto il risultato di annullare quello che era il miglior marcatore degli avversari, nonché l’unica fonte vera di punti in un attacco tremendamente e costantemente in empasse; o gli adattamenti difensivi di Gara-4 dopo l’esplosione di Dunleavy nel match precedente: se infatti in gara-3 Dunleavy ha fatto un po’ quello che ha voluto in uscita dai blocchi di Boozer, con Beal che faceva un fatica enorme a corrergli dietro, nella partita successiva, Wittman ha fatto la sua contromossa anticipando costantemente l’uscita di Dunleavy dal blocco grazie al difensore più esterno, facendo slittare quello interno sul giocatore bloccante, nella fattispecie Boozer. In pratica Dunleavy non ha mai avuto né spazio né tempo per tirare, trovandosi uno tra Beal e Booker quasi sempre addosso. Dato da non sottovalutare è anche l’enorme pressione che Wall ha messo ad Hinrich durante tutto l’arco della serie: la PG dei Bulls, che già di per sé è di letture lentissime, è stato in tremenda difficoltà nell’affrontare il giocatore dei Wizards che ha avuto modo più volte di rubargli il pallone o di forzargli un passaggio sbagliato.

A completare il quadro è la differenza di qualità tra i due attacchi, neanche lontanamente paragonabili, non solo per una questione di produzione offensiva, ma anche e soprattutto per talento. I Bulls hanno ottimi difensori che non sanno fare gli attaccanti (Noah, Butler) e buoni attaccanti che non sanno difendere o non ci pensano neanche per sbaglio (Boozer, Augustin): il risultato è che la produzione offensiva è medio-bassa quando questi ultimi sono in campo, ma se si inceppano il gioco si sposta dall’altra parte del campo difatti in superiorità numerica per gli avversari. Un Mike Dunleavy, preso come role player all’inizio dell’anno, può esplodere per una partita e garantire quella vittoria, ma non può dare un certo tipo di costanza durante l’arco di una serie, specie se gli avversari trovano l’accorgimento giusto per limitarlo, come in gara-4. E ancora per un’ulteriore esemplificazione: la produzione offensiva delle due guardie titolari in Gara-4 è stata 6-22 con 2-9 da 3 (entrambe le triple di Jimmy Butler che ha realizzato 5 dei 22 tentativi).  È un dato di fatto che i Wizards, pur pressandolo quando porta il pallone, lasciano ad Hinrich spesso e volentieri il tiro perché il playmaker dei Bulls non costituisce una grande minaccia, con una percentuale al tiro inferiore al 40%, che si abbassa al 21% quando ci spostiamo dietro l’arco.

Offensivamente invece i Wizards, non solo producono tanto dalle palle perse degli avversari (29 punti per 16 turnover nell’ultima partita per fare un’esempio), ma non hanno bisogno di affidarsi ad un solo giocatore perché possono variare a piacimento le fonti di punti, potendo disporre di bocche da fuoco senza dubbio più affidabili rispetto ai Bulls (in testa Beal, Ariza e Nenè, con l’ottimo Andre Miller in panchina, pronto a spiegarci cosa significa clutch ogni volta che serve). In particolare Beal e Ariza sono cresciuti via via con il passare della serie diventando i realizzatori di punta del proprio attacco, mentre Wall, pur non incidendo più di tanto sotto il profilo delle percentuali offensive, è stato determinante per dettare i ritmi dell’attacco dei Wizards, cercando sempre di trovare l’uomo giusto per due punti comodi e non lesinando a mostrarci quando ha potuto perché tutte le difese NBA temono il contropiede di Washington.

In conclusione, non solo il talento, ma anche la fame e una notevole differenza d’intensità hanno indirizzato la serie meritatamente dalla parte dei maghi, maghi che stasera si troveranno l’opportunità di chiudere una serie da loro giocata una partita alla volta, senza mai farsi scoraggiare dalla differenza di esperienza e dal blasone degli avversari. Per contro i Bulls non possono fare altro che, ancora una volta, compensare il talento che gli manca con la grinta e il cuore che in loro abbonda, cercando di tenere alta la bandiera dell’orgoglio e facendo tutto il possibile per provare ad allungare la serie.

Appuntamento dunque a stanotte, alle 2.00 ore italiane per il quinto episodio della serie tra Wizards e Chicago Bulls, di nuovo dallo United Center di Chicago, per quello che può essere l’ultimo episodio di una serie già indirizzata. #Stay Tuned!

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