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Via alla febbre del sabato sera. Atlanta e Indiana si giocano tutto: vietato sbagliare

Indiana Pacers: squadra dal rendimento altalenante, in possesso di enorme potenziale ma emotivamente instabile. Il vocabolario della NBA non ricorre a mezzucci per inquadrare lo status di una delle franchigie più enigmatiche del basket moderno. I problemi venuti a galla in questa serie di playoffs sono la punta di un iceberg formatosi a febbraio, all’indomani della sfilata All-Star di New Orleans. Vai con l’elenco:

A) ATTACCO CHE BALBETTA

B) HIBBERT RAPITO DAGLI ALIENI

C) MAGAGNE IN SPOGLIATOIO

D) CATTIVA GESTIONE DEL SANTONE

Tutte falle stigmatizzate dal verdetto di Gara 3. Chapeau agli Hawks, capaci di dimostrarsi superiori non sulla carta ma sul campo. Atlanta ha trovato la quadratura del cerchio, ha un’identità, gioca a immagine e somiglianza del suo coach. Budenholzer ha ordinato: “Sfruttiamo il tiro da tre. Muoviamo la palla e facciamoli uscire. Se creiamo un buon tiro prendiamolo, altrimenti pazienza e quando c’è il varco buttiamoci a canestro. Meglio se con Teague, considerata la sua rapidità”. Un copione elementare ma coerente. A Indiana invece si viaggia senza mappa. La staticità regna sovrana, gli schemi ne risentono e la via d’uscita è la solità: carta bianca al 24. George inventa finchè può, ma da umano in carne ed ossa può ritrovarsi vittima della trappola dei falli. Ai Pacers manca un piano B, mancano quelle due-tre opzioni in grado di garantire imprevedibilità.

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Ora che pure l’idea di affidarsi al centro è andata a farsi benedire, il buco è diventato una voragine. Hibbert pagherebbe di tasca sua per rintracciare i cattivi di Space Jam che gli hanno rubato il talento. Prendiamola a ridere. Tiriamo su di morale un Vogel depresso dalla pochezza del suo lungo, impreciso al tiro, lento nei movimenti e persino inefficace a rimbalzo. Un fardello così può essere sopportato massimo un quarto d’ora a partita, poi scatta l’intolleranza. Il disappunto è legato alla mancanza di alternative. Mahinmi? Sì, ma con tutto il rispetto non stiamo parlando della fotocopia di Olajuwon. Bynum? E’ infortunato. Fa capolino, ma in giacca e cravatta. L’uomo della provvidenza ci sarebbe. Ha tanto gel e sventola la bandiera argentina. Si chiama Luis Scola.

17 punti in Gara 3 accontentandosi degli spiccioli. E’ l’ultimo messaggio d’amore inviato a Don Frank, che però non lo vede. Non lo concepisce lì in mezzo a saltare per la palla a due, non lo concepisce correre quando sul tabellone c’è ancora scritto 0-0. La cattiva gestione sta qui, nella paura di cambiare. Indiana ha toccato il fondo e sta annusando la puzza di fallimento. Perseverare negli errori, adesso, avrebbe un che di masochista. In vista di Gara 4 Vogel dovrebbe rivedere le sue gerarchie, mettendo in stand-by il giamaicano per gettare nella mischia West e Scola. I Pacers hanno bisogno di certezze e non possono permettersi il lusso di scommettere.

Maledette malelingue. I giornali, si sa, campano di veleno, sputandone a salve anche quando la notizia è un sospetto e non un fatto compiuto. Veniamo al dunque: Evan Turner e Lance Stephenson sarebbero entrati in rotta di collisione alla vigilia di Gara 1. Uno scambio di opinioni tutt’altro che pacifico, una litigata condita da manate e spintoni. Organi interni alla squadra si sono affrettati a smentire, ma la spifferata resta. E maligna. Questa seccatura potrebbe mettere i bastoni tra le ruote, incendiando un clima già rovente di suo. Le chiacchiere su possibili esoneri e su posti traballanti lasciano il tempo che trovano, ma di certo Indy è circondata da un brusìo che somiglia molto al rumore dei nemici.

Chi gode della massima tranquillità è Budenholzer. La Philips Arena sarà una bolgia per Gara 4 e il contributo dei protagonisti fa ben sperare. Detto degli uomini copertina Millsap e Teague, un plauso lo meritano gli sparring-partner Carroll e Korver per il loro contributo offensivo. Preziosi come la second unit, portatrice di punti pesanti giovedì notte con Scott e Lou Williams. Staremo a vedere. Il 3-1 attende i fanatici della Georgia, il 2-2 strizza l’occhio ai fedelissimi di Indianapolis. In attesa del film, la febbre del sabato sera è già cominciata.

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