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Editoriali NBA

Perdere e perderemo

La storia non sempre viene scritta solo dai vincenti. Esistono casi in cui chi si trova dalla parte sbagliata riesce a rivendicare un posto negli annali e nei ricordi. Uno di essi, abbastanza rari invero, si sta consumando davanti ai nostri occhi proprio in questi giorni. Come la maggior parte degli appassionati NBA saprà, i Philadelphia 76ers hanno raggiunto la prima e poco ambita posizione per quanto riguarda le sconfitte consecutive nella storia della Lega.

26 is the number of the beast, parafrasando un vecchio album degli Iron Maiden. Tale è il numero di partite in fila in cui i ragazzi di coach Brett Brown hanno assaporato il sapore decisamente amaro di una battuta d’arresto. Prima di sconfiggere sonoramente i Detroit Pistons, l’ultima vittoria di Philly risaliva al 29 Gennaio scorso, con l’affermazione per un misero punticino sui Boston Celtics. Solo il buzzer-beater di Evan Turner al Garden ha impedito che la striscia dei record diventasse ben più consistente, dato che erano arrivate altre 3L nelle partite precedenti.

I Sixers hanno confezionato due mesi esatti di calendario senza riuscire a portare a casa la W. E dire che, a metà Novembre, il record era al 50%, frutto anche di un insperato 3-0 per iniziare la regular season. Con l’arrivo dell’anno nuovo Philadelphia ha decisamente cambiato passo, sacrificandosi sull’altare del futuro Draft 2014 ed accendendo idealmente un cero al tanking, che ha come prima regola il non dover parlare mai del tanking stesso, un po’ come il Fight Club.

L’ulteriore scossa è stata data durante la deadline, con la cessione di Turner e Lavoy Allen ai Pacers in cambio di Danny Granger, mai sceso peraltro in campo al Wells Fargo Center. Se a questa trade aggiungiamo la cessione di Hawes a Cleveland, i soliti infortuni, il mancato utilizzo di Nerlens Noel ed una flessione del rookie Carter-Williams, riusciamo a scoprire la ricetta non così tanto segreta di questa losing streak d’antologia.

Nelle ultime 26 partite i punteggi sono stati raramente in equilibrio. Philadelphia ha dimostrato la simpatica tendenza a subire 100 e passa punti quasi come fossero il pedaggio al casello autostradale, fermandosi spesso e volentieri attorno ai 90 segnati. L’occasione forse più grande per sbloccarsi è arrivata contro i soliti sospetti, i New York Knicks, vittoriosi di un solo punto lo scorso 21 Marzo.

Nella storia della NBA non sono mai mancate gli esempi alla Longobarda di Oronzo Canà, famosa protagonista di un film negli anni Ottanta. Non sono state poche le squadre che, all’ordine del “Perdere e perderemo”, hanno inanellato magre e brutte figure una dietro l’altra, con la testa proiettata alla lottery di fine Maggio.

A quota 26 battute d’arresto consecutive si trova un’altra formazione recente, diretta emanazione di una delle franchigie storicamente meno prolifiche della Lega. Nel 2010-11 infatti, orfani di un certo LeBron James, i Cleveland Cavaliers rimasero all’asciutto dal 20 Dicembre all’11 Febbraio, prima di prevalere all’overtime sui Los Angeles Clippers. Con molti dei reduci delle cavalcate nei Playoffs degli anni precedenti, i Cavs erano pure loro partiti bene, prima di sfaldarsi senza possibilità di repliche. Già subito prima del citato 20 Dicembre avevano perso 10 gare su 11 e, se non fosse stato per una vittoria al supplementare contro i Knicks, la striscia da record avrebbe potuto toccare quota 37. L’Everest. Come premio, al termine dell’infausta annata, ecco la prima scelta al Draft, che si sarebbe tramutata in Kyle Irving, attuale leader della squadra.

Sentite già la mancanza di Cleveland? Niente paura, dato che la terza posizione della classifica spetta nuovamente a loro, grazie alle 24 sconfitte patite a cavallo delle stagioni 1981-82 e 1982-83. Il 19 Marzo dell’anno in cui vincemmo i Mondiali di Spagna, i Cavs, che avevano appena esonerato il proprio allenatore, un certo Chuck Daly, incominciarono una serie di battute d’arresto che si sarebbe interrotta solo il 10 Novembre successivo, sconfiggendo in overtime i Golden State Warriors. Erano gli anni di Ted Stepien, il celeberrimo owner che regalava prime scelte e licenziava allenatori su allenatori, una sorta di Gaucci/Zamparini ante litteram. Sotto il suo controllo, la squadra diventò la barzelletta della Lega, ed è sintomatico che tale primato gli sia stato sottratto per prima da un’altra versione dei Cleveland Cavs.

A quota 23 troviamo tre franchigie. In primis i Vancouver Grizzlies versione 1995-96. Da vero expansion team, la formazione canadese stentò sin dai propri primi vagiti, inaugurando un decennio di record non proprio esaltanti. Guidati in campo da Greg Anthony e da un Byron Scott ben avviato sul viale del tramonto, da metà Febbraio sino ad inizio Aprile furono solo sconfitte. Tra l’altro, all’inizio della medesima regular season, i ragazzi di coach Winters riuscirono a perdere anche 19 partite di fila, confezionando così ben due strisce negative da primato all’interno della stessa annata da incubo. A giugno, come parziale risarcimento, sarebbe arrivato dal Draft Shareef Abdur-Rahim.

Due stagioni dopo ci pensarono i Denver Nuggets ad eguagliare le gesta di Vancouver. Con un roster dalla pochezza disarmante, paragonabile a quello dei Sixers odierni, le Pepite del Midwest persero 23 gare, intervallate da due vittorie sui soliti noti, i Los Angeles Clippers. Nella stessa annata arrivarono altre due strisce negative in doppia cifra, prima di chiudere con un entusiasmante 11-71, uno dei peggiori bilanci di sempre. Non arrivò neppure la consolazione con le palline della Lottery. Terza chiamata spesa per Raef Lafrentz, perso tra infortuni e cessioni dopo un discreto avvio di carriera.

A completare il terzetto d’autore, ecco gli Charlotte Bobcats 2011-12. Nell’anno del lockout, sotto coach Paul Silas, la squadra proprietà di un certo Michael Jordan perse tutte le ultime 23 partite della stagione, prima di riassaporare la vittoria nell’opener contro Indiana dell’autunno seguente. Con sole 7 affermazioni i Bobcats fecero registrare la peggior percentuale di successi della storia, un misero 10,6%, peggio anche dei leggendari Sixers del 1973. Per Charlotte nemmeno la fortuna di vincere la corsa per Anthony Davis: seconda chiamata e selezione di Kidd-Gilchrist, buonissimo difensore ma certo non ai livelli del più conosciuto monociglio della Lega.

Da soli a quota 21 i Detroit Pistons, che persero le ultime 14 gare della stagione 1979-80 e le prime 7 di quella seguente. Eppure, da quelli ceneri, sarebbe sorta le leggenda dei Bad Boys, che avrebbe messo a ferro e fuoco la NBA nella seconda metà degli anni’80. Già nel Draft 1981 sarebbe arrivato un certo Isiah Thomas, protagonista del successivo decennio di trionfi.

Con 20 sconfitte di fila i New York Knicks a cavallo tra le annate 1984-85 e ’85-86 (riuscendosi ad assicurarsi, tramite Draft, un certo Patrick Ewing), i Dallas Mavericks ’93-94 (dalla Lottery ecco arrivare Jason Kidd), i vecchi cuori dei Los Angeles Clippers, tra il ’93-94 e l’inizio della seguente regular season, ed i già citati Philadelphia 76ers delle 9 vittorie nel 1972-73, annata al cui termine, con la prima chiamata, scelsero Doug Collins.

Se i Clippers fanno davvero la parte del leone in tale classifica, con altre due strisce di 19 sconfitte e due di 17, citiamo anche un nome glorioso, quello dei Boston Celtics. Nella regular season 2006-07, allenati da Doc Rivers, i bianco-verdi persero 18 gare filate, prima di battere i Milwaukee Bucks a Febbraio. E se il Draft non fu particolarmente amico, il management compì notevoli operazioni estive di mercato. Il risultato? Meno di 12 mesi dopo la franchigia del Massachusetts festeggiava il titolo NBA.

Chiudiamo infine con uno sguardo ai Playoffs. Il record in questo caso appartiene ai New York Knicks, che nell’arco di 11 anni (2001-2012), hanno perso 13 gare consecutive. La striscia iniziò al Primo Turno contro i Raptors di Vince Carter, per concludersi, alla stessa altezza, contro i Miami Heat due stagioni or sono. Nel mezzo alcuni sweep e tante primavere passate a casa.

Dietro la squadra della Grande Mela troviamo i Memphis Grizzlies con 12. Le prime tre stagioni in cui venne centrata la storica qualificazione ai Playoffs, arrivarono altrettanti sweep subiti, prima di sbloccarsi contro i San Antonio Spurs nel famoso Primo Turno del 2011. In classifica, troviamo successivamente a quota 11 i Baltimore Bullets nella seconda metà degli anni’60 ed i Denver Nuggets a cavallo tra gli Ottanta ed i Novanta. In doppia cifra anche i Trail Blazers di inizio millennio, i New Jersey Nets pre-Drazen Petrovic ed i Kansas City/Sacramento Kings, che dovettero attendere ben 15 anni (1981-96) prima di riassaporare la vittoria nella postseason.

Quale il futuro per i Sixers di questa stagione? Aver avuto la meglio su Detroit ha garantito alla squadra di non avere il primo posto in solitaria in questa poco gradita classifica. Phila, con ogni probabilità, chiuderà con uno degli ultimi due record, in coabitazione con i Milwaukee Bucks. La speranza e la parola passano di fatto alla prossima Lottery, confidando nella profondità del Draft prossimo venturo. E se Noel ritornerà discretamente dal serio infortunio e Carter-Williams dovesse riuscire a migliorarsi, con le giuste aggiunte i 76ers nel giro di un paio di anni potrebbero tornare a recitare un ruolo di primo piano all’interno della Eastern Conference.

Alessandro Scuto

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