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Road to Draft 2014: Zach LaVine

Chiunque segua anche solo saltuariamente il basket NCAA sa che i Bruins di UCLA (acronimo di University of California, Los Angeles) sono una delle formazioni di maggior tradizione e prestigio dell’intera nazione. Tra gli anni ’60 e ’70 erano addirittura i padroni quasi incontrastati del torneo, capaci di vincere ben 10 titoli in 12 anni, sette dei quali consecutivi, guidati del leggendario John Wooden in panchina, il quale a sua volta poteva disporre, in rapida successione, di dominatori assoluti del parquet come la guardia Gail Goodrich e soprattutto i centri Lew Alcindor (passato alla storia come Kareem Abdul-Jabbar) e Bill Walton. Questa tradizione di lunghi dominanti ha trovato solo di recente il suo ultimo erede in un californiano doc come Kevin Love, il quale però non è riuscito a riportare il trofeo nello stato natìo (dopo quell’irripetibile decennio di cui sopra, il titolo manca dal 1995), sconfitto in semifinale nelle Final Four del 2008 dai Memphis Tigers di colui che non a caso diverrà il più giovane MVP NBA della storia, quel Derrick Rose al tempo ancora sano e sostanzialmente immarcabile. E dire che anche quell’edizione dei Bruins poteva contare su un cosiddetto “play del terzo millenio” come lo stesso D-Rose, una point guard cioè fisicamente prestante, atletica, in grado di attaccare il ferro e mettere punti prima che assist a referto. Quel playmaker era anch’esso un futuro All Star NBA, rispondendo al nome di Russell Westbrook, il quale oggi viene spesso rievocato a Westwood vedendo certi voli di un freshman che, in quanto ad atletismo, ha poco da invidiargli: stiamo parlando di Zach LaVine, il protagonista di questo secondo episodio della nostra rubrica Road to Draft 2014.

 

ZACH LAVINE

Two-oh-six. La colonia del codice d’area metropolitana più famoso della NBA, quello cioè di Seattle, Washington, potrebbe presto arricchirsi di un nuovo componente. Zach LaVine infatti è un prodotto della Bothell High School, che sorge nell’omonima cittadina nell’area della città che fino a pochi anni fa

ospitava i Sonics. Al liceo domina comodamente con mezzi atletici fuori da ogni grazia di Dio per questo livello dilettantistico, ma viene considerato ancora piuttosto acerbo, fisicamente e tecnicamente, per finire nei grandi radar nazionali, oscurato anche dall’abbondanza di talento della sua annata (esatto, i soliti Wiggins, Parker, Randle e compagnia bella). Ciò nonostante, le basi su cui lavorare e i margini di miglioramento sono notevoli, e molti college tagliati fuori dalla corsa ai maggiori big di cui sopra una borsa gliela offrono: tra la locale Washington, Memphis e anche la Louisville di Pitino futura campione NCAA, a spuntarla sono i Bruins di UCLA, in cui va a rinforzare un roster piuttosto interessante (c’è anche il sophomore Kyle Anderson, altro prospetto da primo giro). Agli ordini del nuovo coach Steve Alford inizia partendo dalla panchina, diventando però ben presto fondamentale nel cambiare il ritmo delle partite dei Bruins proprio col suo ingresso dal pino, in cui porta energia e atletismo. Esordisce con 14 punti in 25 minuti nella gara inaugurale vinta con Drexel, poi nonostante i minutaggi mai eccessivi (solo con Utah e Stanford alcuni giorni fa ha toccato i 30 minuti sul parquet) gioca anche alcune partite niente male (21 con 7-9 con Nevada, 19 con 8-12 con Arizona State), anche se stecca alcune partite cruciali (i due big match con Duke e Arizona, e anche l’ultima con California). Al momento viaggia a 12 punti, quasi 3 rimbalzi, 2 assist e un recupero in appena 25 minuti di impiego, con un ottimo 52% dal campo e 46% da 3 punti.

 

CARATTERISTICHE TECNICHE

Se chiedete a qualsiasi addetto ai lavori che tipo di giocatore sia Zach LaVine, vi risponderà inevitabilmente qualcosa del tipo “mah, così su due piedi… hai presente Russell Westbrook? Ecco, una cosa del genere”. A prima vista i play attuale e passato dei Bruins sono veramente molto simili, ma a ben vedere tra i due permane qualche differenza, che va al di la del look quantomeno eccentrico del numero 0 dei Thunder. Da un punto di vista tecnico, LaVine è un playmaker estremamente atletico, rapido e perennemente in movimento: le molle che la Natura gli ha donato al posto delle normali gambe gli permettono di mettere agevolmente pressione sulla palla, recuperarla con le sue mani veloci e le braccia infinite (è già un buon difensore, ma queste doti potrebbero potenzialmente renderlo un ottimo mastino difensivo anche al piano superiore) e involarsi in un amen in contropiede a schiacciare. Anche a difesa schierata non disdegna di andare al ferro, potendo contare su un’ottima struttura fisica. Fin qua, descrizione che calzerebbe a pennello anche a Russell; ma le differenze sono sostanziali, a partire dal ruolo. LaVine infatti è cresciuto circa 12 centimetri negli ultimi 3 anni (e sembra sia ancora in fase di crescita), arrivando a scollinare il metro e 95, altezza che gli consente ormai di giocare indifferentemente entrambe le posizioni di guardia. Lo spot di 2 gli riesce bene anche in virtù di un tiro in costante crescita: considerato non un grande tiratore all’arrivo al college, sta stupendo con eccellenti percentuali, anche dalla lunga (addirittura 46%), frutto sicuramente di un miglioramento tecnico (è un gran lavoratore). Insomma, una play-guardia esplosiva con buone doti difensive, ovviamente devastante in campo aperto ma in grado anche di far male contro la difesa schierata.

Nonostante queste buone premesse, ovviamente LaVine deve ancora migliorare in molti aspetti. Il suo palleggio e le sue scelte di gioco, specie nel gioco a metà campo, non sono ancora ottimali per giocare da regista tra i professionisti. Inoltre, ai miglioramenti in tiro è conseguito un certo accontentarsi del jumper stesso in molte situazioni, invece di attaccare maggiormente il ferro come i suoi mezzi atletici gli consentirebbero di fare. Le sue scelte di tiro non sono dunque sempre felicissime, anche perché non riesce sempre a battere l’uomo come potrebbe e al momento inoltre non sa sempre concludere al meglio in mezzo al traffico. Anche da un punto di vista mentale ci si aspettano miglioramenti, visto che al momento non dimostra una forte personalità, tende sovente a sparire dalla partita e non sembra poter essere il leader che il ruolo che ricopre, ad alti livelli, richiederebbe che fosse.

 

PROSPETTIVE NBA

In poche parole, insomma, nonostante alcune ottime partite e i numeri di tutto rispetto che sta tenendo, LaVine sembra ancora piuttosto acerbo per il livello NBA. Ma il suo potenziale, complice la già citata etica del lavoro, attuata peraltro su basi più che buone, è ritenuto elevatissimo; basti pensare che fino all’ultimo anno di high school non era nemmeno molto conosciuto a livello nazionale, migliorando fino a entrare stabilmente nelle classifiche dei migliori prospetti nell’ultimo anno e mezzo. Percorso identico, guarda caso, a quello attuato da Westbrook, sbarcato a UCLA senza squilli di tromba, e sicuramente non con prospettive da lottery pick, e chiamato due stagioni dopo con la quarta scelta assoluta, e non certo per errore. Appare complicato che Zach, che in alcuni Mock Draft è dato ancora piuttosto indietro, possa risalire a tal punto per giugno, specie in un Draft come si sa abbondantissimo come questo; al momento è dato intorno alla seconda metà della lottery, all’incirca dalla 10 alla 15. Previsione peraltro suscettibile di molte variazioni: proprio in questo periodo sembra che alcuni giocatori dati tra le primissime scelte possano decidere infine di rimanere al college (su tutti appaiono auspicabili Joel Embiid e pure Jabari Parker, due sicuramente da top 5), avvantaggiando dunque una possibile “risalita” di LaVine. Il quale comunque potrebbe egli stesso decidere di non lasciare subito UCLA, considerata proprio l’abbondanza del Draft (l’anno prossimo, in teoria, potrebbe finire molto più in alto) e il suo gioco non ancora del tutto maturo. Se dovesse dichiararsi, potrebbe fare particolarmente gola ai Lakers, alla disperata ricerca di un playmaker di livello e di prospettiva nonostante le buone prove di Kendall Marshall, che da tempo, complice la vicinanza geografica, si sono segnati il suo nome (nonostante ora, con il record in continuo declino, potrebbero aspirare addirittura a Marcus Smart o a Dante Exum, peraltro primo giocatore a dichiararsi ufficialmente eleggibile e di cui si parla benissimo). Sempre che Zach non decida infine di rimanere ancora a qualche chilometro dallo Staples, per provare un altro assalto a quel titolo sfuggito anche a Russell qualche anno fa, e che non torna a Westwood ormai da troppo tempo.

 

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