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Editoriali NBA

Tristan Thompson, l’efficacia prima di tutto

Sono passati circa due anni e mezzo da quel fatidico 23 Giugno 2011 quando, al Prudential Center di Newark, le speranze di una franchigia, di una città e di un intero Stato sono state riversate su un’unica scelta. Speranze di gloria. Speranze di ricostruzione. Speranze, perché no, di rivalsa. Rivalsa verso quel Re che li aveva illusi, innalzandoli fino alla conquista quasi totale dell’Impero salvo poi abdicare alla prima impietosa sconfitta, preferendo i caldi e calmi mari del Sud.

In quell’afosa notte di prima estate tutti i tifosi dei Cavs accolsero il nuovo Prescelto con entusiasmo ed una nota di amaro scetticismo. Era la serata di Kyrie, freshman da Duke che, pur avendo disputato soltanto 11 incontri (causa infortunio) nella sua unica stagione al College, aveva già avuto modo di incantare l’intera nazione grazie alle sue funamboliche doti di ball-handler e di fine realizzatore. I flash, gli oneri e gli onori di quel Draft furono tutti rivolti all’appena citato Irving, che aveva catalizzato su di sé l’attenzione di tutti i tifosi dell’Ohio e non solo; tuttavia la prima scelta assoluta non fu l’unica consumata quella sera dai Cavalieri. Con il quarto gettone la franchigia della città degli pneumatici decise di puntare su un ragazzotto proveniente da Texas Longhorns: Tristan Thompson.

Canadese di origine jamaicana, Tristan, è giunto a Cleveland in sordina, coperto dal roboante suono mediatico portato da Irving che, nel bene e nel male, gli ha tolto parte di quella pressione alla quale, normalmente, una quarta scelta al draft è obbligata a rispondere.

Giocatore senza troppi fronzoli, Thompson fa della fisicità su entrambe le metà campo la sua arma principale; dall’alto dei suoi 2 metri e 6 per 102 kili, risulta essere la tipica power forward di sostanza che non si esime dal farsi spazio sgomitando. L’ottimo tempismo a rimbalzo, la semplicità ed il gran lavoro sporco svolto sono le maggiori doti dell’ex Longhorns che, raramente, vedrete avventurarsi in complesse giocate che esulano dal suo bagaglio tecnico.

L’impatto sulla Lega di Thompson è stato buono fin dal primo anno, nel quale ha collezionato discreti numeri, nonostante un disastroso record di squadra (appena sopra il 30%). La seconda stagione ha visto un notevole incremento di tutte le statistiche individuali e la conquista definitiva di un ruolo chiave nel quintetto Cavs. In quest’inizio di Regular Season l’apporto di TT è stato ancora più evidente ed importante, attualmente l’ala forte canadese è uno dei soli dieci giocatori ad essere in doppia doppia di media, grazie ai suo 11,1 punti e 10,2 rimbalzi a serata (un solo giocatore può vantare DD di punti più assist, Chris Paul, gli altri nove rimbalzi più punti). Tristan si colloca ottavo nella classifica totale dei rimbalzisti della lega, mentre scala fino al sesto posto se si vanno a considerare unicamente i palloni strappati sotto il ferro nella metà campo offensiva (3,7 rimbalzi in attacco a partita).

Grazie ad una maggiore ed approfondita analisi sui rimbalzi emerge che Thompson si impossessa del 60,6% dei palloni che cadono nella sua zona di azione; inoltre può vantare il 43,2% di rimbalzi catturati tra quelli che gli vengono contestati da altri giocatori, percentuale maggiore rispetto a tutti i giocatori che lo precedono nella classifica dei rimbalzisti (escluso Anthony Davis).

Una straordinaria prestazione del numero 13 ha regalato alla franchigia dell’Ohio la vittoria casalinga contro i Nuggets la scorsa notte; i numeri di Thompson nella gara sono stati eccezionale: 17 punti, 3 stoppate e la bellezza di 21 rimbalzi, di cui 9 offensivi strappati sotto le plance, che gli sono valsi il personalissimo career high in questa specifica casella. Un’idea ancora più chiara del rendimento e dell’importanza del canadese sulle sorti dei suoi Cavs si può avere analizzando le cifre nelle vittorie e nelle sconfitte: quando Cleveland perde Thompson tira con appena il 35,6% dal campo, cattura 8,8 rimbalzi, “somministra” 0,3 stoppate a partita e segna 8,8 punti. Nelle vittorie i numeri cambiano in maniera drastica, la percentuale dal campo sale al 52,2%, i rimbalzi diventano 12,8, le stoppate 1,2 ed i punti di media 15,8. Il confronto è impietoso ma per capire ancora meglio quanto questo giocatore sia essenziale per le sorti della squadra dell’Ohio possiamo aggiungere che è il secondo giocatore del roster per “vittorie prodotte”, alle spalle di Varejao, ed il suo rendimento proiettato sui 48 minuti sarebbe di 16,3 punti e 14,9 rimbalzi, numeri di assoluto rispetto.

Analizzando la shotchart appare lampante la monodimensionalità offensiva di questo giocatore che nel 66,67% dei casi ha optato per comode conclusioni al ferro o nelle immediate vicinanze, consapevole della propria forza fisica e di un piazzato dalla media non ancora totalmente affidabile, nonostante buoni progressi. Il lavoro svolto su meccanica e precisione al tiro è tuttavia notevole rispetto agli esordi in NBA, basti pensare che nella sua prima stagione raccoglieva un misero 55,2% dalla linea della carità, cresciuto fino al 60,8% della passata stagione per arrivare al dignitosissimo 74,7% di quest’annata.

Thompson è sicuramente un giocatore dagli ampi margini di miglioramento e pur non avendo le attitudini da superstar può ritagliarsi un ruolo sempre più importante in una lega dove, si dice, non ci sia più spazio per lunghi vecchio stampo.

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