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Editoriali NBA

I rilevatori Sport VU e le nuove statistiche avanzate!

10 giorni di Regular Season e tutto è già tornato come prima. Come al solito. Le occhiaie sono ricomparse sui volti di molti, le giornate scandite dalle solite diatribe legate alle prestazioni e ai risultati della notte (“Ma Philadelphia e Charlotte l’hanno capito il significato del verbo tankare?”). Sembrerebbe tutto immutato, invariato. Si certo, Howard a Houston, i “Big Five” (o Six, o Seven, fate voi..) a Brooklyn, Doc Rivers coach dei Clippers. Ma la vera novità, la più grande degli ultimi anni, è quella di cui nessuno (o quasi) parla e che sta “sconvolgendo” la possibilità di comprendere e valutare il gioco.

Sport VU è un sistema, composto da sei telecamere piazzate sui soffitti delle 29 arene NBA, che permette di tracciare il percorso, la velocità e la posizione di tutto ciò che si muove sui 28 metri di campo. Tutto. 25 frame al secondo che non lasciano margine d’errore. Un’enorme banca dati di cui disporre per fare valutazioni, per scovare tendenze, ma soprattutto un nuovo modo per “definire” nel più dettagliato modo possibile ciò che di utile o di dannoso viene fatto sul parquet nell’arco dei 48 minuti.

La “schematizzazione” che viene fatta del campo è come quella riportata nell’immagine sottostante. Il giocatore diventa un “pallino” con tanto di numero distintivo (per gli amanti di FootBall Manager riporterà alla mente la schermata di simulazione delle partite di qualche anno fa), del quale si possono misurare il numero di tocchi del pallone, le zone di campo occupate, i chilometri percorsi e la velocità media (clicca qui per il video che mostra come appare la definizione del gioco).

La portata dei cambiamenti legati a questo sistema sono soltanto in piccola parte verificabili già da oggi. Difatti i dati che le sei telecamere hanno iniziato a raccogliere dallo scorso 29 ottobre hanno dato vita a nuove categorie statistiche che sempre meglio ci permettono (e permetteranno) di comprendere e valutare il gioco. Velocità e distanza, tocchi/possesso, passaggi, efficienza al tiro. Questi solo alcuni dei nuovi misuratori di cui analisti, allenatori o semplici appassionati possono disporre.

Sarebbero tutti da approfondire nel dettaglio (e se magari ci sarà tempo/modo/interesse si potrebbe anche pensare di farlo in futuro), ma per motivi di “spazio” volevo focalizzare l’attenzione soltanto su uno di essi (un esempio che spero renda bene l’idea). In inglese viene definito “Rebounding Opportunities”, facilmente traducibile come possibilità di rimbalzo. Esso “allarga” il semplice concetto di rimbalzo e ne viviseziona le parti.

Chi è il miglior rimbalzista NBA? La domanda fino a ieri aveva una risposta univoca. Quello che ne prende di più. E via giù con l’elenco dei vari Howard, Hibbert, Vucevic o Evans. Secondo questo “vecchio” modo di vedere le cose, la classifica ad oggi è questa:

Kevin Love e Dwight Howard sono al primo posto. Stesso numero di partite, stesso numero di rimbalzi. L’analisi classica si sarebbe fermata qui, non avrebbe fatto distinzione tra i due, li avrebbe incoronati entrambi vincitori.

Le novità introdotte dall’avere a disposizione anche altri dati oltre alla terza colonna (cerchietto rosso) invece ci consente di approfondire di più il concetto. Le rilevazioni successive misurano rispettivamente le possibilità di rimbalzo in ogni partita (cerchietto blu) e la percentuali di rimbalzi catturati rispetto alle volte che si è avuta la possibilità di prenderlo (cerchietto giallo).

Stop. Stop. Stop. Lo so, il discorso si complica e sembra uno sciogli lingua. Ma è molto più semplice di quel che appare. In sostanza potendo mappare costantemente la posizione dei giocatori in campo è stato introdotto un nuovo concetto che tiene conto di quante volte si sta sotto il ferro e quindi di quante volte si ha la possibilità di prendere la palla dopo l’errore avversario. Il ragionamento in soldoni è: “hai preso 10 rimbalzi, ma quante volte eri nei pressi del canestro? 15? Allora sei stato davvero bravissimo. 50? Beh, bravo si, ma un po’ meno rispetto a prima..” 

Il semplice fatto di aver preso un tot di rimbalzi non fa di te un grande rimbalzista, ma la percentuale di quanti tu ne abbia presi rispetto alle volte che eri lì vicino è molto più valida come definizione. Piccola parentesi: quando un giocatore ha la possibilità di prendere un rimbalzo? Per “convenzione” si è presa come distanza quella di 3,5 piedi (106 centimetri circa) dal punto in cui la palla arriva dopo aver toccato il ferro.

Ovviamente anche questa statistica va contestualizzata. Se difatti si incolonnano i dati tenendo conto di tale percentuale al primo posto (ex equo con molti altri) c’è il nostro Gigi Datome (forte, bravo e in gamba quanto volete, ma di certo non il miglior rimbalzista NBA). Essa di fatti non può prescindere comunque dal considerare che un centro “vive” sotto le plance, quindi ha più possibilità di prendere rimbalzi e di conseguenza la sua percentuale scenderà di molto. Il Datome di turno, che si ritrova sotto canestro una volta ogni 10 possessi, gioco forza ha percentuali più alte.

E quindi alla fine, dopo tutta questa “pippa” (so che ormai pochissimi temerari si saranno spinti a leggere l’articolo fin qui) ci vuoi dire che non funziona? Che i dati non servono?

No, certo che servono. Ma bisogna tener conto di quelle ultime tre categorie cerchiate in giallo, blu e rosso (per vedere meglio cliccate sull’immagine, in maniera tale da riportarla a dimensioni “naturali”). Esse contano il numero di rimbalzi contestati e incontestati catturati (giallo e blu) e la percentuale di quelli incontestati sul numero totale. Cosa si intende per contestato? Semplicemente un rimbalzo preso quando ci sia almeno un avversario a meno di 3,5 piedi dal punto in cui lo si cattura.

In definitiva, ritorniamo al punto: chi è il miglior rimbalzista NBA? Se consideriamo i primi due, Howard e Love, il primo ha una percentuale più alta di rimbalzi rispetto alle chances di prenderli (70% contro 63,5%), mentre il secondo ha un numero di rimbalzi contestati catturati più rilevante (6 contro 3,6) con conseguente percentuale più elevata (41% contro 24,7%).

Ma alla fine, il più bravo chi è? Beh, io vi ho fornito i dati (parziali ovviamente, visto che sono state giocate soltanto 5 partite). Decidetelo voi!

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