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Le pagelle della Finale

Andata in archivio la Finale NBA con la vittoria di Miami ed il titolo di MVP a James, è tempo di dare i voti ai principali attori protagonisti delle 7 sfide appena concluse.

I Big Three

Lebron James: 9. Due triple doppie, la stoppata a Tiago Splitter durante il super-parziale di gara-2, l’ottima gara-4 ed una discreta gara-5 nonostante la sconfitta. E ancora, il grande quarto quarto di gara-6 con 16 punti, il canestro del sorpasso decisivo nel supplementare ed una gara-7 da consegnare ai posteri. Il tutto marcando per la maggior parte del tempo Parker o Ginobili. Ha segnato meno che con i Thunder, giocando oggettivamente male in almeno due gare, ma il titolo di MVP corona 24 mesi scintillanti per il numero 6.

Dwyane Wade: 8. In molti si chiedevano se Wade sarebbe stato lo stesso trascinatosi per il campo sino al termine della sfida con Indiana. Flash ha sofferto in diverse partite, ma da gara-4 in poi si sono visti sprazzi del vecchio Dwyane, con la ciliegina della doppia doppia nella sfida più importante. Vitali diversi jumper a bersaglio in gara-7, che hanno fatto rifiatare la squadra in più di un momento difficile. Tutti a Miami si augurano un’estate di pieno riposo per le sue ginocchia martoriate.

Chris Bosh: 6. Il voto è una media tra quanto fatto in difesa e quanto in attacco. Nella propria metà campo CB1 è uno dei segreti di Pulcinella dell’organizzazione difensiva degli Heat. La sua mobilità orizzontale si è rivelata ancora una volta fondamentale, in situazioni di 1vs1 ha tenuto decentemente Duncan in diverse occasioni, importanti due stoppate nel finale di gara-6. In attacco, eccezion fatta per la quarta partita, poche volte si è rivelato un fattore, con la “chicca” dello zero alla casella punti nell’ultima sfida. Suo il rimbalzo in attacco che ha dato il la alla tripla di Allen. La sua situazione è da monitorare, dei tre è l’unico sacrificabile in un’eventuale trade.

Tim Duncan: 8. Eterno, immortale, quasi irreale. Alcune gara da vero dominatore, come il secondo quarto di gara-1 o il primo tempo di gara-6. Condendo il tutto con la consueta doppia doppia di ordinanza. Soprattutto nelle gare esterne la squadra si è aggrappata alla propria colonna, che ha fatto sentire la sua presenza imprescindibile. Mezzo voto in meno per una brutta gara-2 e per il doppio errore sul finire di gara-7, che poteva dare il pareggio a San Antonio. Vederlo per la prima volta esternare le proprie emozioni su di un campo da basket ha fatto capire a tutti quanto fosse importante questo titolo per il caraibico.

Tony Parker: 6+. Stoico. Con il rischio di aggravare un infortunio alla coscia il francesino ha dato tutto quello che aveva per la sua squadra. Il canestro miracoloso di gara-1, che di fatto ha sancito la vittoria degli Spurs, il momento più alto. Poi, qualche lampo nel primo tempo di gara-5, top scorer nella partita successiva, 5 punti cruciali quando sembrava che i Texani potessero espugnare Miami in gara-6. La sfortuna l’ha colto sul più bello, ma Tony da Novembre sarà di nuovo sul parquet a riportare in alto i nero-argento.

Manu Ginobili: 5+. L’argentino ha sofferto molto in queste Finali. Sostanzialmente anonimo per i primi 4 episodi della serie, Manu è sembrato rinascere con la promozione in quintetto in gara-5, con relativo 24+10 (assist). Tuttavia, tornati in Florida, Ginobili si è spento di nuovo. Le 8 perse in gara-6, record carriera, con tanto di sanguinoso libero sbagliato o i vari errori nella “bella”, con alcuni palloni gettati al vento ed una tripla affrettata fuori bersaglio. Da riconoscere che è stato anche uno dei pochi a prendersi le responsabilità nel finale di gara-7, quando la palla scottava di più. Dovrebbe rifirmare con gli Spurs, ma occhio ad eventuali sorprese nelle prossime settimane.

Gli attori non protagonisti

Mario Chalmers: 6+. Croce e delizia dei tifosi di Miami. Un ectoplasma nelle gare di San Antonio, uomo importante nelle sfide casalinghe. E’ stato uno degli artefici del super-parziale di gara-2, ne ha messi 20 nella cruciale gara-6, per aggiungerne poi 14 nell’ultima sfida. Una sua tripla di tabella sulla sirena ha dato il vantaggio agli Heat in vista dell’ultimo quarto, dando un minimo di inerzia ai ragazzi di coach Spoelstra. Tante volte confusionario, palle perse banali, a volte fin troppo sicuro di se, ma una cosa è certa: ha due grandi attributi e la personalità non gli manca affatto.

Ray Allen: 7,5. La maggior parte del voto deriva dallo Swarovski di gara-6, un tiro che è entrato di diritto nella storia delle Finali NBA. Senza la sua tripla a quest’ora si starebbe organizzando una parata sul Riverwalk dalle parti di San Antonio. In doppia cifra in diverse occasioni, anche nella sconfitta di gara-5 è stato l’ultimo ad arrendersi dei suoi. Lo zero di gara-7 è decisamente passato in sordina. He Got Game era stato acquisito proprio per queste occasioni e non ha tradito.

Shane Battier: 6. Il voto è una media tra lo zero assoluto delle prime partite ed il 10 e lode di gara-7. Senza le sue sei triple ogni discorso sugli Heat campioni sarebbe caduto nel vuoto, con ogni probabilità. Ha perso il posto nella rotazione contro Indiana, da persona e giocatore intelligente, quali indubbiamente è, non si è lamentato né ha cercato scuse. Ha aspettato il suo momento e si è fatto trovare al posto giusto nel momento giusto. Sempre prezioso.

Kawhi Leonard: 7,5. In rampa di lancio definitiva, il prodotto di San Diego State ha mostrato le sue grandi abilità, proprio sul palcoscenico più importante. Rimbalzista semplicemente devastante, con la sua difesa ha limitato molto James, soprattutto nelle prime 4 partite. Ha sbagliato un libero importante in gara-6 e la bomba del sorpasso nei minuti finali dell’ultima sfida, ma la sua pagella è ampiamente positiva. Il futuro della franchigia passa attraverso le sue lunghe braccia.

Danny Green: 7,5. Straordinario per 5 partite, dove sembrava lanciatissimo verso un improbabile titolo di MVP. Ha stabilito il record di triple complessive in una serie finale, migliorando il primato detenuto da Allen. Le sue bombe hanno fatto molto male alla difesa avversaria, convertite tra l’altro con percentuali elevate. E’ rientrato sulla Terra nelle ultime due sfide, sapientemente contenuto da Wade e soci. Una brutta gara-7, con percentuali alla John Starks, non può cancellare quanto di buono fatto vedere, anche in difesa.

Gary Neal: 6+. Una furia in gara-3, anche lui poi rientrato tra i ranghi. In più di un’occasione le sue triple senza senso, allo scadere dei 24”, hanno tagliato le gambe agli avversari. Come Green ha subito la pressione difensiva di Miami nelle ultime gare, non riuscendo a dare quel contributo di cui San Antonio aveva bisogno per ribaltare i momenti positivi degli Heat.

Gli allenatori

Erik Spoelstra: 8,5. Il filippino è cresciuto enormemente da quando gestisce le sorti di Miami. Ha inseguito per 3 gare, trovando però sempre le contromisure adeguate. Ha mostrato di saper cambiar pelle e di non aver timore a panchinare illustri veterani, gente come Haslem o lo stesso Battier. Negli ultimi possessi di gara-7 si è affidato più agli isolamenti che a giochi costruiti, ma data la particolarità della situazione non gliene si può fare una colpa. Può ancora crescere ulteriormente, soprattutto nella fase offensiva.

Gregg Popovich: 8-. L’allenatore di San Antonio per almeno 5 partite è sembrato in grado di imbrigliare James e compagni, proprio come nel 2007. Ha fatto gara di testa per la maggior parte della serie, non lo hanno aiutato le precarie condizioni fisiche di Parker e la scarsa vena di Ginobili. Gli si può imputare qualche errore di troppo nei finali delle ultime due partite, che sono costate il quinto titolo di franchigia. Non ha convinto in pieno la scelta di panchinare Duncan nel possesso decisivo dei regolamentari di gara-6, culminato col rimbalzo offensivo di Bosh e la tripla di Allen. Molto sportivi i sorrisi e le strette di mano finali, a suggellare un rispetto reciproco tra le due squadre che è stato molto evidente nelle sette sfide che le hanno viste contrapposte.

Alessandro Scuto

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