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Editoriali NBA

La 31esima Franchigia

Ore 8 del mattino, parto per andare a studiare in biblioteca con qualche amico, siamo ancora nelle vacanze natalizie e certo gli esami si avvicinano ma chi mi conosce sa che questi orari di sveglia non mi competono, ma c’è una motivazione a tutto ciò, in realtà, devo ancora andare a letto. Non che abbia fatto chissà cosa la scorsa notte, semplicemente non avevo sonno, così guardando Denver Minnesota e tra un pensiero e l’altro si è fatta ora di trovarsi con gli altri, vabbe il sonno può attendere.
Arrivo sotto casa del mio carissimo amico Gianmarco con il quale condivido da anni ogni sorta di passione, tra queste ovviamente quella per la palla a spicchi e quella per il “giornalismo”, non mi dilungherò sull’amicizia fraterna che ci lega ma questa prefazione era d’obbligo visto che sotto casa sua mi sono presentato con un’idea; l’idea di fare un articolo insieme, un articolo molto anticonvenzionale, una storia che viaggia tra realtà e fantasia e punta a dimostrare che non servono contratti plurimilionari per potersi giocare il titolo; allo stesso tempo si cercherà di mettere in risalto la mala gestione dei salari in NBA, buona lettura:

Per avere una franchigia NBA, al giorno d’oggi, servono tre cose: soldi (tanti, forse troppi) e agganci. Ah già, avevamo detto tre cose…beh, la terza sono ulteriori soldi. Per nostra sfortuna le poche scommesse vinte e le ancor più limitate paghette dei nonni unite alla mancata presenza del numero di David Stern nella nostra rubrica, non sono sufficienti per dar vita al nostro progetto. Quindi, partendo dal presupposto che il denaro sarà del tutto fittizio, vogliamo subito mettere in chiaro che, seppur dotate di fervide immaginazioni, le nostre menti non ci permettono neppure in sogno di stanziare un budget con zeri sufficienti per inserire nel nostro roster uno dei cosiddetti “big” della Lega.
Ma non corriamo troppo. Così come ad ogni uomo serve una casa, ad ogni squadra serve una città d’appartenenza. La nostra è sia una scelta di cuore che intelligente. Infatti, da vecchie volpi quali siamo, non ci pensiamo due volte ad escludere, senza guardarci indietro, ogni città presente nella parte occidentale degli States. Non ci piace rischiare, soprattutto con soldi che non c’appartengono, quindi lasciamo l’Ovest alle stelle di Hollywood e a chi se lo può permettere. Decidiamo pertanto di stanziarci ad est, in una terra di grande basket. La rinomata tradizione universitaria dovuta agli straordinari traguardi raggiunti nella storia da Wildcats e Cardinals ci portano a scegliere il Kentucky. Louisville è la città ideale, se non altro per il maggior bacino d’utenza. La già citata passione per la pallacanestro porta anno dopo anno migliaia di fans ad affollare il KFC Yum! Center, così allo stesso modo speriamo che il nostro “Delonte Holland Palace” possa conoscere uguali fasti. Il capoluogo della contea di Jefferson è situato geograficamente in una zona ricca di corsi fluviali da cui scaturiscono numerose cascate. Appare implicito dunque denominare la nostra squadra con l’appellativo di “Waterfalls”.
Ufficiale, il commissioner per eccellenza ha approvato la nostra richiesta. Finalmente la nostra lunga crociata burocratica ha avuto termine, non vi annoieremo raccontandovi le lunghe code e le infinite attese per ottenere tutti i permessi. Un particolare ringraziamento va al sindaco di Louisville, Jerry Abramson, che ha facilitato il nostro compito e si è dimostrato il nostro primo tifoso.
A questo punto mancano solo tredici elementi per completare l’opera: dodici giocatori e un allenatore che possa guidarli al titolo. Le nostre spese per cheerleaders (di altissimo livello, selezionate nei peggiori locali del Kentucky), innumerevoli mascottes ed un numero infinito di caramelle gommose, hanno ridotto il nostro monte ingaggi a soli 27 milioni di dollari per la prima stagione. I Lakers ne spendono più di 100, risultando i veri e propri sceicchi del campionato sportivo contraddistinto dal logo di Jerry West; Nets, Magic, Knicks, 76ers e Heat non sono da meno dei gialloviola, spendendone più di 80 a testa. Persino i “poveri” Rockets sborsano circa 48 milioni per gl’ingaggi di quest’anno. Come fare una squadra da titolo con meno di 30 milioni quindi? Non ne abbiamo la minima idea, ma ci proviamo non avendo ormai più alternative (ci è appena arrivato un tweet da Mark Cuban con i migliori auguri di un rapido fallimento, ragione in più per non arrendersi).
Partiamo quindi dal quintetto.

Guardia: Jrue Holiday, le straordinarie prestazioni in continua crescita e gli ottimi numeri (19 punti a partita, conditi da 9 assist), associati ad una grandissima personalità per un ragazzo classe ’90, hanno fatto si che con il suo contratto di soli 2,7 milioni diventasse il direttore d’orchestra dei nostri Waterfalls.

Guardia: continuiamo con la linea verde. Ogni franchigia che si rispetti ha bisogno di una superstar, del classico go to guy a cui dare la palla che scotta, con tanti punti nelle mani. La nostra scelta cade quindi sul miglior rookie della scorsa stagione, Kyrie Irving. I 5,5 milioni, dovuti allo stipendio ancora da neofita della lega, appaiono dunque irrisori se paragonati al valore del giocatore. 23 punti a partita, soprattutto se fatti da chi ha appena vent’anni, giustificano l’esborso.

Ala: OJ Mayo. Stiamo su un quintetto undersized, arrogante e con tanti punti nelle mani. La fantastica percentuale da dietro l’arco (46%) del nativo di Huntington in quest’inizio di stagione, ha dell’irreale. Con due ottimi passatori e penetratori come le nostre due giovani guardie, OJ sembrerebbe essere l’uomo ideale per tramutare in punti gli scarichi dei compagni sugli aiuti. Inoltre l’attitudine difensiva e i soli 4 milioni di contratto lo rendono un’ottima presa.

Ala: I nostri esterni non garantiscono un buon contributo sotto le plance. Devono essere affiancati dunque da due lunghi che possano garantire un grande numero di rimbalzi. Scegliamo pertanto Kenneth Faried, il cui salario è di soli 1,3 milioni. Il suo straordinario atletismo e la sua innata dote di sradicare qualsiasi pallone passi nei pressi del ferro (doppia doppia di media garantita), lo rendono la perfetta incarnazione di power forward.

Centro: in questa posizione abbiamo bisogno di solidità e certezze, per compensare la sregolatezza degli altri quattro. Nikola Pekovic risponde perfettamente alle nostre esigenze. I numeri sono buoni, e la retribuzione è di 4,6 milioni. Perfetto. La scelta ideale come centro sarebbe stata Ibaka che al momento prende poco più di 2 milioni, tuttavia visto il rinnovo che lo porterà la prossima stagione a intascarne 12 abbiamo preferito evitare (tutti i giocatori scelti sono stati valutati in base ad incrementi di stipendio non eccessivi per l’anno prossimo).

Una volta fatto il quintetto serve solo completare il roster con una panchina di buon livello, in grado di non far rimpiangere i titolari, farli rifiatare e dare alternative importanti in caso di infortuni, gli Dei del basket ci assistano, e/o problemi di falli.
Panchina:

JR Smith, 2,8 milioni, sesto uomo ideale, in grado di ricoprire più ruoli e con tantissimi punti nelle mani.

Pablo Prigioni, 475 mila dollari, uomo di esperienza che risulta essenziale in una squadra giovane come la nostra, per dettare i tempi, controllare il ritmo, illuminare con le sue doti di passatore e far riposare gli esterni del quintetto.

Chandler Parsons, 900 mila dollari, buon tiratore perimetrale, può ricoprire il ruolo sia di ala grande che di ala piccola e fa il suo a rimbalzo.

Larry Sanders, 1,9 milioni, più che una riserva qui si parla di un’alternativa, intimidatore d’area per eccellenza, in notevole crescita rispetto alle passate stagioni, ci offre la possibilità di intercambiarlo con Pekovic, gestendo al meglio il minutaggio di entrambi.

Matt Barnes, 850 mila dollari, lasciando da parte l’estetica, la sua decennale esperienza nella lega più famosa al mondo tornerà utile, è comunque un discreto tiratore e un buon difensore, non avrà un grandissimo minutaggio ma saprà farsi valere.

Chase Budinger, 950 mila dollari, dotato di un grande atletismo è senza dubbio un ottimo rincalzo, soprattutto se comprato come decimo/undicesimo/dodicesimo uomo della rosa.

Draymond Green, 850 mila dollari, la squadra è già molto giovane ma avrere un rookie era d’obbligo. L’ex giocatore di Michigan State ha sicuramente del potenziale, anche lui classe ’90, è un buonissimo giocatore in prospettiva e potrà darci soddisfazioni.

Il roster è ora completo, il monte salari del primo anno (con qualche arrotondamento per eccesso) ammonta a circa 27 milioni, Kobe a Los Angeles quest’anno prende 27’849’000 $ (che sia un caso aver speso meno del solo Bryant per fare la nostra squadra?). Siamo veramente quasi alla fine del nostro progetto, manca una sola cosa…l’allenatore.

La nostra scelta cade su Doug Collins, attuale head coach dei 76ers. La sua carriera non sarà costellata di successi e contornata da anelli ma, visto l’ottimo lavoro fatto nella città dell’amore fraterno negli ultimi due anni con una squadra molto giovane, crediamo sia l’uomo giusto per compattare i nostri fanciulli, farli giocare bene insieme e magari farci sognare .

Ci siamo è tutto ultimato, finalmente si inizia, prima partita stagionale a Lousville contro gli Atlanta Hawks. “Delonte Holland Palace” completamente esaurito, i biglietti sono letteralmente andati a ruba e risultano introvabili ormai da giorni, il coro “Waterfalls, Waterfalls” si alza al cielo. Dan Crawford si avvicina al centro del campo e alza la prima palla a due nella storia di questa franchigia e…..

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