- #
- 8
- Nome
- Kemba Walker
- Nazionalità
- Stati Uniti
- Posizione
- PM
- Altezza
- 185 cm
- Peso
- 84 kg
- Squadra corrente
- New York
- Compleanno
- 08/05/1990
- Anni
- 34
La storia di Kemba Walker
“Vengo da New York, per questo mi trovo qui. È la ragione per la quale sono questa persona e lavoro in tal modo. Se nutro una simile passione per il gioco lo devo alla mia provenienza. Essere di New York mi ha reso tosto, impavido. Il me stesso sul campo è senz’altro diverso dal me stesso al di fuori.”
[tratto da “Kemba’s choice” di Johnathan Abrams – Bleacher Report Mag 14.01.2019]
8 maggio 1990: il secondo turno dei Playoff ha preso il via da poche ore e il nome di Michael Jordan, sulla bocca di tutti, riecheggia in ogni dove. Paul, al secolo Kenya Walker – un passato da point guard nel contesto non troppo competitivo di Antigua –, è reduce da diverse notti insonni al fianco della moglie Andrea, in dolce attesa del terzogenito. Difficile pensare che abbia negli occhi la prestazione d’ordinaria amministrazione con cui MJ ha annichilito i Philadelphia 76ers; ciononostante si lascia andare in un moto di entusiasmo, accogliendo il nascituro con tono di sentenza smorzato soltanto dallo sguardo affettuoso:
“Sarà il prossimo Michael Jordan.”
Date le origini caraibiche dei genitori non stupisce che sin dall’infanzia il piccolo Kemba mostri una grande propensione per il ballo, passione che coltiva con costanza pari alla pallacanestro almeno sino alla high-school. Dall’età di quattro anni s’intrufola spesso nella lavanderia lungo University Avenue, nel Bronx, attira su di sé l’attenzione degli astanti e comincia a danzare a ritmo di musica reggae, guadagnandosi pure qualche monetina. Col tempo affina le proprie capacità prendendo parte a lezioni di jazz moderno e hip-hop e la sua troupe, dal nome Future Flavor, arriva addirittura a esibirsi in almeno tre diverse circostanze sul prestigioso palco dell’Apollo Theater di Harlem per Amateur Night.
Il talento cestistico di Kemba si forgia invece sull’asfalto di campetti che oggi portano il suo nome, come nel caso del playground a Sack Wern Houses, nel sobborgo popolare Soundview dove è cresciuto. Alla Intermediate School 174, istituto cattolico del quartiere, deve fare sin da subito i conti con diversi soprannomi pesanti – “la luce, la verità e il distruttore” – affibbiatigli da coach Karl Nickerson.
I tempi sono presto maturi per il passaggio alla vicina Rice high-school, primo grande snodo della promettente carriera di Kemba. A favorire il tutto è proprio una breve telefonata tra Nickerson e il collega Moe Hicks. Gli assistenti fidati di quest’ultimo mandati sulle piste del ragazzo non hanno dubbi: è lui la point-guard del futuro.
In un primo momento gli ostacoli di natura economica sembrano frenare le formalità. I genitori di Kemba, non in grado di sostenere le spese, fanno ricorso all’apposito programma newyorchese Students Sponsors’ Partner che da oltre tre decenni sostiene il percorso formativo di ragazzi cresciuti in famiglie a basso reddito. La mediazione di uno dei finanziatori, tale Arthur Black, permette di abbassare il costo della retta mensile a circa $100 dollari, garantendo così a Walker l’accesso a un livello d’istruzione superiore. Consapevole dei notevoli sacrifici alle spalle, Kemba si distingue qui come studente modello, sempre in prima fila e pronto a dissertare, con uguale proprietà, di economia o della produzione letteraria del genio di George Orwell. I risultati sul parquet, parimenti soddisfacenti, rischiano di passare inizialmente in secondo piano. Prima che il nome di Kemba, così schivo e riservato, apparisse nella sezione sportiva del quotidiano locale, si narra addirittura che parte del corpo docente ignorasse la predisposizione del ragazzo per la pallacanestro.
Dopo un anno di liceo passato a fungere da riserva di Edgar Sosa – futuro collegiale a Louisville nonché volto noto del nostro campionato con le maglie di Biella prima e Caserta poi –, Walker scala prepotentemente le gerarchie e si assicura un posto in quintetto. In cabina di regia, guida la squadra alla conquista di un titolo cittadino e tre titoli divisionali nella Catholic High Schools Athletic Association (CHSAA). Nel 2007, durante la stagione da junior, Kemba si mette in mostra grazie alla notevole prestazione difensiva sfoderata contro Derrick Rose e la sua Simeon high school in occasione dell’evento Nike Super Six patrocinato dalla casa dello swoosh e organizzato al Madison Square Garden. Rose, costretto a forzare, chiuderà con 9-19 al tiro e sette errori su altrettanti tentativi da tre punti, uscendo sconfitto 53-51. Nella stessa stagione Walker ricopre il ruolo di leader con la maglia dei New York Gauchos, programma di punta del circuito giovanile AAU. Il turning point è senza dubbio il successo maturato da MVP nella finale del torneo Cactus Classic contro Belmont Shore. La compagine avversaria schiera in campo tra gli altri anche Brandon Jennings, che sarà protagonista di diversi incroci determinanti per il futuro professionale di entrambi.
L’annata da senior mandata in archivio a 18,2 punti, e 5,3 assist di media vale a Walker un posto nell’ East roster del McDonald’s All-American Game 2008. Vittoria a parte – 107-102 il finale ndr. – l’esibizione all’allora Bradley Center di Milwaukee viene ricordata soprattutto per la straordinaria tomahawk dunk con cui Walker vanifica il tentativo disperato di rientro in difesa da parte di Jrue Holiday. Ancor oggi, come confermato dallo stesso Walker, questa è la sua unica schiacciata all’attivo contro l’avversario diretto. In uscita dal liceo il nome di Walker, prospetto cinque stelle secondo il sito specializzato Rivals.com, figura tra i primi quindici della nazione.
I tempi del College
Kemba culla il sogno UConn sin dall’estate 2006 e non ne fa gran mistero nei frequenti dialoghi con Emanuel “Book” Richardson, suo allenatore ai Gauchos. Le risposte poco convinte del coach, che dubita sinceramente del suo potenziale, lo motivano a spingersi oltre e a migliorare. Tuttavia, l’approdo a Storr è meno scontato di quanto possa sembrare ed è legato ai molteplici tentennamenti da parte di un indeciso Brandon Jennings, obiettivo primario del recruiting degli Huskies.
Jennings, che finirà per scegliere l’avventura oltreoceano con la maglia della Virtus Roma, snobba infatti UConn in ben due occasioni, dapprima siglando una lettera di intenti a USC e poi, una volta tornato sui suoi passi, preferendo Arizona alla corte serrata di coach Calhoun.
L’ateneo ripiega dunque su Walker e il ragazzo non tarda a ripagare la fiducia accordatagli. L’inserimento nel corso della stagione da freshman è graduale. Walker si ritaglia un ruolo da sesto uomo di rotazione e, in uscita dalla panchina, viene impiegato per oltre 25’ a sera.
Dopo aver chiuso la stagione regolare con un record di 15-3 nella Big East, gli Huskies arrivano al torneo NCAA con grandi ambizioni forti della prima testa di serie ottenuta nel tabellone della West Region. Grazie ai 23 punti mandati a referto da Walker alle Élite 8, nel match contro Missouri, la squadra raggiunge le Final Four di Detroit per la prima volta dopo il titolo vinto nel 2004 e viene eliminata in semifinale dai Michigan State Spartans di Draymond Green.
Inserito nell’All-Rookie team della Conference, Walker parte sempre titolare durante la stagione da sophmore e continua la propria ascesa. Coach Calhoun gli affida le chiavi del roster, ma la squadra chiude un’annata sottotono con una prematura eliminazione al primo turno del torneo della Big East per mano di St. John’s. Invitati a prendere parte al meno blasonato NIT, gli Huskies si congederanno dalla manifestazione cedendo il passo a Virginia Tech al secondo turno.
Come già accaduto ai tempi della high school, è il terzo anno a fare la differenza nel percorso di crescita di Kemba. La stagione regolare chiusa con un record al 50% (9-9) non lascia presagire l’eccezionale show messo in piedi da Walker a partire dal torneo di Conference. Il nativo del Bronx, galvanizzato una volta di più dal palcoscenico del Madison Square Garden, rompe gli indugi e marchia a fuoco da MVP le cinque vittorie in altrettanti giorni che valgono a UConn il titolo della Big East atteso da oltre un lustro. Sotto i suoi colpi di “Cardiac Kemba” cadono, nell’ordine, De Paul, Georgetown, Pittsburgh Syracuse – al supplementare – e Louisville. Walker viaggia a oltre 26 punti di media e fa registrare il record di punti combinati nella storia della competizione a quota 130. È solo l’antefatto di una favola che prosegue per tutto il torneo NCAA: al secondo turno, contro Bucknell, Kemba sfiora la tripla doppia (18 punti, 12 assist, 8 rimbalzi) e gioca sui suoi standard mandando a referto un paio di trentelli– 33 e 36 punti rispettivamente – contro Cincinnati e San Diego State nelle due partite successive. Superato in extremis l’ostacolo Arizona, si spalancano davanti a UConn le porte della seconda Final Four in tre anni. La rocambolesca vittoria su Kentucky in semifinale non fa altro che certificare per gli Huskies la condizione di autentica squadra in missione. Giunti all’ultimo atto della stagione con un ruolino di marcia di 10 vittorie in fila, Kemba e compagni mandano a tappeto anche Butler e tagliano da vincitori le retine del Reliant Stadium di Houston.
Walker chiude i tre anni di college da miglior giocatore del torneo, con una laurea in sociologia a curriculum e un titolo NCAA in bacheca; il tutto impreziosito dal Bob Cousy Award, premio conferito alla miglior point-guard della nazione.
Carriera in NBA
Fedele alla grande passione per la musica, due giorni prima del Draft NBA che sta per cambiare la sua vita, Kemba rilascia la propria compilation prodotta in collaborazione con DJ Skeet. La lista di 23 canzoni farà da colonna sonora alla sua stagione.
Il 23 giugno 2011, gli allora Charlotte Bobcats del neo-proprietario Michael Jordan spendono su di lui la nona chiamata assoluta, scegliendolo davanti a quel Jimmer Fredette che solo pochi mesi prima aveva strappato a Walker il premio di miglior giocatore del college basket.
Record alla mano, la stagione da rookie – accorciata a 66 gare per via del lockout, è la peggiore di sempre per percentuale di vittorie (7-59, pari al 10,6%), ma il giocatore in maglia #1 ha modo di farsi notare a seguito dell’infortunio occorso a DJ Augustin, titolare nel ruolo di point-guard. A cavallo tra gennaio e febbraio, Kemba colleziona 17 partenze in quintetto consecutive e il 28 gennaio 2012, alla ventunesima partita NBA della carriera, manda a referto la prima, storica tripla doppia (20 punti, 10 rimbalzi e 11 assist). A metà febbraio prende parte al Rising Star Game che apre l’All-Star Weekend di Orlando nel roster di Team Shaq (presenza anche nel 2013. A fine anno viene inoltre inserito nell’All-Rookie Team NBA.
Sin dall’opening night del suo secondo anno NBA, Walker prende le redini della squadra e nella partita inaugurale, contro i Pacers scrive ‘trenta’ alla voce punti nel tabellino personale, un career high che ritoccherà on un paio di occasioni nel corso della stessa stagione. Il 14 novembre 2013 l’ex UConn affonda i Timberwolves padroni di casa con un buzzer beater vincente che rispolvera le sue doti tanto celebrate. L’annata va in archivio con 21 vittorie all’attivo a fronte di 61 sconfitte e nell’offseason la dirigenza impone un primo deciso cambio di rotta affidando l’incarico di allenatore a Steve Clifford.
Tra il 20 gennaio e il primo febbraio 2014, un’assenza forzata di sette partite obbliga Walker a porre fine alla striscia di 190 presenze consecutive dall’esordio NBA.
La squadra torna finalmente ad avere un record positivo (43-39) e si guadagna con buon margine la settima testa di serie nel tabellone Playoff. Il ritorno nella postseason dal 2009-10 offre uno scontro impari con i Miami Heat dei Big Three, la squadra campione NBA in carica. Gli Heat chiudono agevolmente la pratica in quattro gare con uno scarto medio sempre superiore alla doppia cifra.
L’anno successivo la franchigia manca il pass per i Playoff e mostra una significativa flessione a livello di record (33-49). A conferma del feeling con gli esordi stagionali, il 29 ottobre 2014 Walker guida i suoi a una pazzesca vittoria in rimonta da -24 sui Milwaukee Bucks segnando prima il canestro per forzare il supplementare e poi il game winner definitivo. Poche ore più tardi viene ufficializzato il rinnovo quadriennale da $48 milioni di dollari complessivi con Charlotte, nel frattempo tornata alla denominazione Hornets. La stagione di Walker è segnata nella sua fase centrale dai problemi al menisco che costringono la point guard ai box per circa venti partite.
Dopo un anno di transizione, la franchigia torna ai piani alti nel 2015-16. Il 18 gennaio, al giro di boa della stagione regolare, nella vittoria in doppio overtime sui Jazz, Walker si iscrive al club dei giocatori capaci di segnare 50 punti in NBA (52 alla sirena finale).
Charlotte chiude al sesto posto nella Eastern Conference, esattamente con lo stesso record vittorie sconfitte di Celtics, Hawks e Heat. (48-34). Al primo turno Playoff il tabellone regala un remake della sfida di due anni prima, proprio contro Miami. Complice l’addio di LeBron James, però, l’avversario è più alla portata e la serie rimane in bilico sino a gara 7. Kemba segna 37 punti in gara 6 per provare a chiudere i conti, ma la loosing effort è solo l’ultimo acuto prima dell’uscita di scena in Gara 7.
L’aver riassaporato l’atmosfera Playoff aiuta Kemba a ripartire con rinnovata convinzione in vista della stagione 2016-17. Il promettente inizio nella prima manciata di incontri – 4-1, miglior partenza di franchigia dal 2000 – è solo un’illusione e gli Hornets mancano il 50% di vittorie utile a entrare in zona Playoff.
Nonostante risultati di squadra non all’altezza, nel corso dell’anno Walker alza l’asticella delle proprie prestazioni, finendo per conquistare una meritata prima convocazione tra le riserve della Eastern Conference all’All-Star Game 2017 di New Orleans. Lo spunto più interessante dalla stagione 2017-18, chiusa sulla falsariga della precedente con un 36-46 valido per il decimo posto a Est, arriva proprio dal #15, chiamato a legittimare uno status ormai raggiunto. Nel mese di febbraio, il commissioner Adam Silver ne riconosce i meriti e lo sceglie per sostituire l’infortunato Kristaps Porzingis nel roster di Team LeBron in vista dell’All-Star Game di Los Angeles. Walker chiude l’annata in bellezza issandosi in vetta alla classifica ogni epoca per punti segnati in maglia Hornets davanti a Dell Curry.
La stagione 2018-19, come ogni contract year che si rispetti, dà al giocatore una motivazione extra e Walker mette subito in chiaro le proprie intenzioni conquistando il premio di giocatore del mese della Eastern Conference tra ottobre e novembre. Nel corso della regular season Walker fa segnare carrer-high in tutte le principali categorie statistiche, e stabilisce il nuovo record di franchigia segnando 60 punti contro Phialdelphia. La terza apparizione all’All-Star Game, stavolta da titolare nella sua Charlotte, è solo la naturale conseguenza di una stagione assai solida a livello personale. La rincorsa disperata per un posto al sole tra le prime otto sfuma purtroppo al fotofinish e la mancata qualificazione ai Playoff potrebbe aver posto fine al rapporto tra Kemba e gli Hornets.
Titoli e riconoscimenti di Kemba Walker
NBA
- 3× NBA All-Star (2017, 2018, 2019)
- 2× NBA Sportsmanship Award (2017, 2018)
College
- NCAA champion (2011)
- Bob Cousy Award (2011)
- Lute Olson Award (2011)
- NCAA Final Four Most Outstanding Player (2011)
- Consensus first team All-American (2011)
- Big East Tournament MVP (2011)
- NCAA Final Four All-Tournament Team (2011)
- Maui Invitational Tournament MVP (2011)
- All-Big East First Team (2011)
- All-Big East Third Team (2010)
- All-Big East All-Rookie Team (2009)
Il contratto attuale di Kemba Walker
Kemba Walker ha firmato un contratto da 140 milioni di dollari in 4 anni.
Anno | Squadra | Età | Salario |
2019-20 | Boston Celtics | 29 | $32,742,000 |
2020-21 | Boston Celtics | 30 | $34,379,100 |
2021-22 | Boston Celtics | 31 | $36,016,200 |
2022-23 | Boston Celtics | 32 | $37,653,300* |
2024 | Boston Celtics | 33 | UFA |
*player option
NBA
Stagione | Team | G | PPG | APG | RPG | SPG | BPG |
---|---|---|---|---|---|---|---|
2011/2012 | Charlotte | 66 | 12.1 | 4.4 | 3.5 | 0.9 | 0.3 |
2012/2013 | Charlotte | 82 | 17.7 | 5.7 | 3.5 | 2.0 | 0.4 |
2013/2014 | Charlotte | 73 | 17.7 | 6.1 | 4.2 | 1.2 | 0.4 |
2014/2015 | Charlotte | 62 | 17.3 | 5.1 | 3.5 | 1.4 | 0.5 |
2015/2016 | Charlotte | 81 | 20.9 | 5.2 | 4.4 | 1.6 | 0.5 |
2016/2017 | Charlotte | 79 | 23.2 | 5.5 | 3.9 | 1.1 | 0.3 |
2017/2018 | Charlotte | 80 | 22.1 | 5.6 | 3.1 | 1.1 | 0.3 |
2018/2019 | Charlotte | 82 | 25.6 | 5.9 | 4.4 | 1.2 | 0.4 |
2019/2020 | Boston | 56 | 20.4 | 4.8 | 3.9 | 0.9 | 0.5 |
2020/2021 | Boston | 43 | 19.3 | 4.9 | 4.0 | 1.1 | 0.3 |
2021/2022 | New York | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |