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Editoriali NBA

Raptors on the rise

C’è una squadra che sta facendo corsa di testa nell’Atlantic Division, il raggruppamento che, per usare un generosissimo eufemismo, non sta esprimendo il meglio della National Basketball Association. Se per caso foste stati su Marte negli ultimi due mesi, e siete rimasti alle tanto abusate previsioni autunnali, no, non sono le due squadre di New York che comandano la speciale classifica. Davanti a tutti, a sorpresa, ci sono i Toronto Raptors, le cui quotazioni sono nettamente in ascesa nelle ultime settimane.

Era da 4 anni, Gennaio 2010, che la formazione canadese non si trovava con un record del 50% dopo 30 partite di regular season. La squadra al momento ha un bilancio di 15-15 che sarebbe valido per il quarto posto nella classifica complessiva della Eastern Conference. Come dicevamo poco sopra, tuttavia, la situazione è nettamente migliorata nelle ultime partite dopo un evento che potrebbe essere stato lo spartiacque della stagione dei ragazzi di coach Casey.

Il momento a cui ci riferiamo ha una data ben specifica: 8 Dicembre. In quella giornata, infatti, il front-office di Toronto ha premuto il fatidico grilletto, dando il via ad un’operazione di mercato di primo piano, che è stata poi confermata dalla Lega il giorno successivo. La stella della squadra, Rudy Gay, è stato ceduto ai Sacramento Kings, con Quincy Acy e Aaron Gray a fargli compagnia verso la capitale della California. Ai Raptors sono arrivati Greivis Vasquez, Patrick Patterson, John Salmons e Chuck Hayes, quasi tutti diventati elementi importanti all’interno della rotazione.

Toronto, fino al giorno della trade, sembrava essere nella più classica delle situazioni di limbo NBA: troppo forti per avere uno dei record peggiori ma, al contempo, non così funzionali da poter sperare di entrare nelle otto partecipanti alla postseason. 6-12 il bilancio, dopo 5 sconfitte consecutive, che sembravano aver fatto calare il sipario su, molto eventuali, sogni di gloria.

Quasi inaspettatamente, da allora la squadra ha subito una scarica di adrenalina, vincendo ben 9 partite su 12 incontri disputati. Le uniche sconfitte sono arrivate contro gli Spurs, 2 volte, ed una a Charlotte dopo un tempo supplementare. Nel mezzo, affermazioni di un certo prestigio. Come la vittoria a Los Angeles nel giorno del rientro di Bryant, il successo in overtime sul campo dei Mavericks o quello in casa degli Oklahoma City Thunder. In tale circostanza, i Raptors sono diventati i primi ad espugnare la Chesapeake Energy Arena.

Il 2014 è partito col botto: gli ultimi a cadere sotto gli artigli di Toronto sono stati gli Indiana Pacers, la squadra detentrice del miglior record della Lega. I ragazzi di coach Vogel sono andati sotto nel terzo quarto, un vero e proprio Gronchi rosa in questa stagione, per poi soccombere definitivamente negli ultimi 12 minuti di gioco. A testimonianza che, forse, qualcosa è cambiato al di là del confine statunitense.

Se la fase offensiva è rimasta, più o meno, al livello della passata stagione, è nella propria metà campo che i Raptors hanno compiuto un salto di qualità rispetto all’annata 2012-13, con tanti meriti che vanno a Dwane Casey. La squadra è nona per media punti concessa agli avversari e ottava per quanto concerne il defensive rating, tutti dati in controtendenza rispetto alle abitudini di una formazione non certo abbonata ai Playoffs. Osservando le graduatorie di specialità, si nota come la franchigia canadese sia una delle più prolifiche nel difendere il ferro, concedendo ben poco agli avversari nei pressi della zona pitturata. Ciò è dovuto alla presenza di giocatori dal notevole impatto quali Amir Johnson e Tyler Hansbrough, non a caso tra i primi per quanto concerne il defensive rating individuale. Le statistiche peggiorano, tuttavia, allontanandosi dal canestro. Toronto è quart’ultima nella percentuale concessa da tre punti, affidandosi più alle palle rubate ed alla velocità di mani di gente come Kyle Lowry (1,8 recuperi per partita) che ad un contenimento di stampo tradizionalista.

In attacco, la formazione canadese palesa dei limiti abbastanza evidenti, nonostante l’ottima percentuale ai tiri liberi. Il 43,4% complessivo dal campo è uno tra gli ultimi dell’intera Lega, frutto, soprattutto, dei tanti jumper dalla media distanza non andati a bersaglio. Sotto canestro ci si affida alla precisione di Valanciunas, anche lui in crescita, o dello stesso Johnson, capaci di sfruttare le occasioni concesse tanto dalla difesa quanto dagli stessi compagni del backcourt. Con lo Spaulding saldamente fra le mani di Lowry, anche qui tra i primi posti se andiamo a controllare il Player Tracking, non sorprende come i Raptors siano tra gli ultimi per assist, eredità pesante dell’interregno-Gay. Poco movimento di palla, tanti tiri dal palleggio per l’ex stella di Uconn e anche per DeMar Derozan, con la conseguenza di una fase offensiva stagnante in tante occasioni e che ha scollinato oltre quota 100 in meno della metà delle partite giocate. Con la partenza di Rudy, tuttavia, ci si è privati si di un prolifico scorer, ma anche dell’ampio volume di tiri di cui aveva bisogno per raggiungere i fatidici 20 punti ad incontro. Con il solo Derozan designato come terminale offensivo principale da coach Casey, capace tanto di penetrare quanto di prendersi il canonico arresto e tiro, probabilmente Toronto si è dotata dell’acquisto migliore, chiarezza e distribuzione più variegata delle responsabilità. Sta qui, presumibilmente, una delle chiavi per comprendere le recenti vittorie dal giorno dello scambio.

Passando ai singoli, troviamo tutti nomi già letti nelle scorse righe. Miglior marcatore è Derozan a quasi 21 di media, un dato che potrebbe lievitare nelle prossime settimane. A 24 anni è pronto per un ulteriore step, diventando la stella della franchigia canadese. Deve migliorare le percentuali, ancora deficitarie e costellate di fin troppe “zone rosse”, alternando il giusto mix di conclusioni ravvicinate e tiri dalla distanza. Oltre quota 15 e miglior assistman con 7,4 ad incontro, Kyle Lowry è particolarmente efficace, come notiamo dalla grafica, dalla lunga distanza, nonostante sia passibile di miglioramento dalla zona centrale. Il suo nome, tuttavia, è stato fatto oggetto di voci di scambio con insistenza nelle ultime settimane, in particolare con destinazione New York. Sta vivendo la migliore stagione della carriera, è nel pieno della maturità cestistica e fornisce sempre il proprio contributo alla causa. Se dovesse davvero partire, con conseguente promozione in quintetto di Vasquez, le ambizioni dei Raptors subirebbero un duro colpo. In doppia cifra troviamo il frontcourt, Johnson e Valanciunas, gli unici oltre il 50% dal campo. Il lituano, miglior rimbalzista con 8,4 carambole catturate, è la grande speranza della società. Ha già mostrato significativi miglioramenti, tira bene da distanza ravvicinata ma, in una Lega del genere, lo stesso ci sono margini per fare un ulteriore salto di qualità. Infine occhio a Terrence Ross, ex vincitore della gara delle schiacciate. Con l’addio di Gay ha trovato posto in quintetto, è atletico, giovane e potrebbe rivelarsi il tiratore sugli scarichi e dall’angolo, tanto importante nella NBA di oggidì.

Quando vedi, dopo la partita contro i Pacers, che i giocatori dei Raptors indichino Johnson come fattore decisivo del match, si capisce quale atmosfera circoli nello spogliatoio in questo momento. Amir ha chiuso, per la cronaca, con 6 punti e 5 rimbalzi, ma è stato quel contributo in termini di blocchi, energia e sacrificio a venir designato come la quintessenza dell’ennesima vittoria di Toronto. Questi Raptors sembrano, infatti, un gruppo nel vero senso del termine, e non quell’accozzaglia disfunzionale di talento che era tale sino ad un mesetto fa. Il calendario prevede, nelle prossime gare, alcuni impegni molto interessanti, come le trasferte ad Indianapolis e Miami. Ad inizio Febbraio, dopo il consueto road trip ad Ovest, avremo un quadro più completo di questa squadra e di quali prospettive l’attendono, a maggior ragione con l’avvicinarsi della deadline e della possibile partenza di Lowry. In molti storceranno il naso per questo avvio positivo di stagione, con il prossimo Draft tanto abbondante e con, per giunta, un canadese tra i prospetti più interessanti, quell’Andrew Wiggins cui non dispiacerebbe portare i propri talenti all’Air Canada Centre. In una Division così povera, tuttavia, potrebbe essere abbastanza facile l’approdo alla postseason, che manca da ben 6 anni, dai tempi di Coach Mitchell, il primo Bargnani, Bosh superstar e via dicendo. Anche perché, in ultima analisi, l’Atlantic qualcuno la dovrà pur vincere.

Alessandro Scuto

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