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Editoriali NBA

Analisi Nba: i motivi del miglioramento di Anthony Davis

 Rispetto alla passata stagione, i New Orleans Pelicans ne han cambiate di cose. Innanzitutto il proprietario, con conseguente restyling di divise, colori delle maglie e soprattutto denominazione societaria, divenuta appunto Pelicans; poi nel roster, che ha aggiunto pezzi importanti come Jrue Holiday e Tyreke Evans, per provare a migliorare gli andamenti delle ultime, deludenti stagioni. A non essere cambiata invece è la star riconosciuta della squadra, quell’Anthony Davis chiamato con la prima scelta assoluta più di un anno or sono. Anche se, a vederla bene, in questo primo scorcio di stagione è cambiato parecchio anche lui: oltre ad avere un monociglio meno folto (il quale, comunque, rimane rigorosamente mono), il ragazzo ha incrementato enormemente il proprio rendimento, che nella stagione da rookie era stato, se non deludente, per lo meno al di sotto delle attese, seppur piuttosto elevate. Nonostante un avvio non semplicissimo della sua squadra, il MOP (equivalente collegiale dell’MVP) delle Final Four 2012 ha infatti migliorato tutte le sue voci statistiche, passando dai 13,5 punti, 8,2 rimbalzi e 1,8 stoppate in quasi 29 minuti d’impiego nella sua stagione d’esordio ai quasi 22 punti, 11,2 rimbalzi, 3,1 stoppate e pure 2,1 recuperi in oltre 36 minuti. Numeri notevoli e pienamente degni di una prima scelta assoluta, ma è soprattutto l’incremento ad essere significativo, tanto da renderlo già ora un serio candidato al Most Improved.

 

Questi miglioramenti sono tanto più importanti alla luce del fatto che il suo impiego non è aumentato esponenzialmente (solo 7 minuti in più di media), come spesso accade ai futuri MIP, esplosi quando hanno trovato spazio. E non si può spiegare col solo lavoro estivo. Come mostrato brillantemente dall’analista Ian Levy, a rendere Davis un’arma impropria è stata una vera e propria modifica strutturale del gioco e del sistema dei Pelicans rispetto alla passata stagione, a proposito di cambiamenti sostanziali. Proviamo quindi a riassumerne i punti fondamentali.

Innanzitutto, giova ricordare che Anthony Davis ha avuto uno sviluppo tecnico e fisico particolare: da ragazzino, prima di crescere considerevolmente, giocava stabilmente da esterno, sul perimetro, e questo gli ha donato una mobilità e un gioco fronte a canestro fuori dal comune per un big man NBA. E’ tuttora un centro che attacca meglio da fuori area e in situazione dinamica che non spalle a canestro con la difesa schierata; e così coach Monty Williams ha aumentato considerevolmente le situazioni di transizione con lui in campo, talvolta generate proprio dai tanti recuperi e stoppate del suo lungo, che poi è molto più atletico dei pariruolo a correre in campo aperto per una marea di punti facili (addirittura il 24% della sua produzione offensiva arriva da situazioni di contropiede, percentuale raddoppiata rispetto al 12,8 della passata stagione). Inoltre i tiri veloci creano rimbalzi dinamici, ed è difficilissimo per la difesa tagliar fuori un Davis in movimento, che infatti è ai vertici della Lega per quanto riguarda i rimbalzi offensivi (4,3, quarto al momento di scrivere), spesso convertiti in comodi layup. Il video sottostante mostra alcuni esempi delle situazioni descritte:

Sarebbe però riduttivo pensare a Davis solamente come un animale da contropiede. Pur non disponendo di grandissimi movimenti spalle a canestro, il sistema dei Pelicans è riuscito in questo avvio di stagione a sfruttarne la mobilità anche contro la difesa schierata. Il gioco della franchigia del Louisiana si basa su continui pick’n roll e tagli, con il movimento di tutti i giocatori in campo, e coach Williams ha creato in particolare una serie di situazioni in cui le caratteristiche della sua stella possono essere sfruttate al meglio. La prima è proprio il pick’n roll in situazione dinamica, in cui Davis è molto bravo a rollare velocemente dopo aver portato il blocco, sfruttando poi la sua notevole intelligenza cestistica (quest’ultima non certo una novità) per fare la giusta lettura ed eventualmente riaprire sul perimetro se la difesa collassa. Nel primo video, il giovane lungo vede lo spazio e attacca subito in velocità concludendo di mano mancina, mentre nel secondo per l’appunto riapre per una tripla piedi per terra di Eric Gordon:


La prima scelta assoluta del Draft 2012 è anche molto bravo a muoversi dietro la difesa, e in particolare a sfruttare la linea di fondo, non di rado agevolato da appositi blocchi dei compagni: come si vede dall’ultimo video sottostante, Davis molto spesso parte dal lato debole, talvolta tagliando semplicemente per ricevere vicino al ferro, ma il più delle volte utilizzando il blocco portato dalla guardia che ha appena tagliato, il quale gli permette così di uscire in situazione di vantaggio sul lato forte. Da posizione ravvicinata poi col suo atletismo e le sue braccia infinite è semplice concludere a canestro:

Questo tipo di gioco permette al lungo al secondo anno di ricevere in situazione dinamica nei pressi del ferro anche contro la difesa schierata, senza doversi costruire un tiro da solo: non a caso, escludendo i contropiedi, tutti i suoi canestri finora segnati in area sono stati assistiti (e in questo la presenza di buoni trattatori della palla come Holiday, Evans e Gordon aiuta parecchio). Il sistema dunque è riuscito finora a sfruttare al meglio le caratteristiche di Davis, il quale dal canto suo ha fatto progressi anche a distanza maggiore dal ferro, con un tiro dalla media che ha sempre avuto in faretra ma che oggi prende più spesso e manda anche a bersaglio con più frequenza (circa il 40% contro il 29 dello scorso anno). Pur non essendo ancora infallibile, il tiro è un miglioramento cruciale: un jumper ancor più preciso potrebbe rendere il suo gioco in post up dal gomito difficilmente arginabile, potendo contare sull’uno contro uno fronte a canestro, sul tiro stesso o anche sulle già citate doti di passatore in uscita. Al momento sono ipotesi o poco più, ma nemmeno così remote se si pensa agli enormi passi avanti già compiuti da questo ragazzo nato nel 1993, con più punti a partita che anni. Insomma, se anche l’avvio della squadra non è stato finora molto positivo, in Louisiana possono comunque dormire sonni più che tranquilli, sognando già le annate che verranno, all’insegna di un monociglio forse esteticamente rivedibile ma tremendamente efficace.

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