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Editoriali NBA

Pazzo per la Madness! Impressioni sparse da un nuovo appassionato di NCAA..

Premessa d’obbligo: non sono un esperto di College Basket, anzi. Sono un neofita, un seguace dell’ultim’ora, per questo spero mi perdonerete anticipatamente per tutti quegli “errori” o simili che voi, conoscitori molto più validi, troverete in questo commento che ho deciso di scrivere dopo aver visto alcune partite del “pazzo” fine settimana appena trascorso.

La prima impressione è banale e nota a tutti gli amanti di questo meraviglioso sport ogni volta che riescono ad allargare il proprio “orizzonte cestistico”: “Ma come ho fatto a perdermi fino ad oggi questo spettacolo???”. Palazzetti stracolmi, ragazzi talentuosi ed atletici guidati da veri e propri guru del basket, partite giocate quasi sempre fino alla fine. E’ la March Madness (della quale il sito sta parlando in maniera approfondita già da qualche giorno), torneo conclusivo della stagione collegiale, al quale partecipano le migliori rappresentative universitarie selezionate nella vastità del panorama cestistico statunitense. In parole povere, tutto (o quasi) ciò che tra qualche anno diventerà NBA passa da questi parquet, gioca questi match dal fascino e dalla piacevolezza che li rendono secondi davvero a pochi.

Quest’anno avevo già guardicchiato qualche partita nei mesi passati, avvicinandomi a quello che, sentito raccontare dalla viva voce di veri conoscitori di questa “lega” (scusate la bestemmia, essendo il college basket qualcosa di più alto, di molto più sofisticato e intrigante di un semplice campionato!), appariva come una lunga cavalcata fatta di sorprese, piacevoli scoperte e cocenti delusioni.

Se star dietro a centinaia di rappresentative collegiali che ogni giorno si sfidano per settimane sembra un’impresa ardua e difficilmente praticabile, consiglio di iniziare come ho fatto io dall’atto conclusivo, dal rush finale. La comprensione dell’NCAA è molto più semplice: torneo a 64 squadre ad eliminazione diretta, articolato con la definizione di teste di serie in base ai risultati ottenuti durante la stagione.

E’ in sostanza la vetrina e il palcoscenico che tutti i ragazzi del college aspettano, per la quale sudano durante le lunghe sessioni d’allenamento di mesi e mesi. Alla fine si ritrovano a dover mettere in mostra tutti i risultati raggiungi in soli 40 minuti (se si va avanti ovviamente il numero dei minuti aumenta), senza poter fare appello a nessuna seconda chance. E’ questo uno degli aspetti più affascinanti del torneo, che ne determina anche la congenita imprevedibilità. Si può essere strafavoriti prima dell’alzata della prima palla a due, ma i fattori che possono “interferire” sono talmente tanti (ricordiamoci sempre che si sta parlando di ragazzi di 20 anni, che quindi hanno dalla loro tutta l’inesperienza e l’ingenuità che quell’età porta in dote) che non sempre i risultati attesi poi trovano conferma alla fine della contesa.

Aggiungete a tutto questo il fatto che le squadre, essendo espressione diretta di allenatori che in larga parte sono ancora dei “maestri” del gioco, propongono atteggiamenti tattici molto chiari e di più semplice comprensione (ma non per questo meno interessanti). La presenza in squadra di un centro dominante diventa decisiva (per quel che ho visto questo weekend ad esempio Indiana e Duke costruiscono buona parte del proprio gioco sfruttando una logica di dentro/fuori, cavalcando giocatori di livello come Zeller e Plumlee), ma allo stesso tempo disporre di una point guard con tanti punti nelle mani può davvero risultare decisiva (citazione d’obbligo per un “eroico” Wyatt, autentico trascinatore di Temple, sconfitto dai sopracitati Hoosiers soltanto nel finale).

Ho seguito con interesse la sfida tra Illinois e Colorado, conclusasi con la vittoria dei primi nonostante in 13 minuti di secondo tempo avessero messo a referto soltanto 2 punti, riportando in partita gli avversari piombati anche a -18 nelle battute finali della prima frazione, soltanto uno dei numerosi esempi che potrei fare di match caratterizzati da importanti parziali che alternativamente vanno a favore di una delle contendenti, un balletto che incanta e che rende ancora più piacevole e semplice seguire ed appassionarsi al torneo.

A tutto questo (se ancora non sono stato abbastanza convincente) aggiungeteci anche la carica storica che tutte le università portano con sè. Dalla rivalità tra North Carolina e Duke al dominio anni 60 di UCLA, la tradizione rende se possibile ancora più attesi e carichi di aspettativa queste esaltanti sfide (non cito oltre anche perchè, essendo “nuovo”, potrei facilmente incappare in errore, ma credetemi, le storie son davvero tante tante tante..).

Tutto ciò per dirvi che giovedì pomeriggio alle 17 si riparte con le sweet 16, altro lungo weekend che porterà alla definizione delle partecipanti alla Final Four della prossima settimana. Il canale è ESPN America (ancora per poco visibile per chi ha l’abbonamento Sky) o comunque sono facilmente reperibili in streaming su internet. Chiamate qualche amico, preparate la birretta e i pop corn e mettetevi comodi. Credetemi, alla fine diventerete “pazzi” anche voi per queste partite!

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