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Editoriali NBA

Boston, 6-0 senza Rondo! Merito di un nuovo sistema di gioco o “demerito” di avversari troppo abbordabili?

All’inizio della scorsa settimana, all’interno di un lungo articolo di approfondimento sui Celtics scritto a quattro mani, ci siamo interrogati su come Boston avrebbe reagito alla notizia del grave infortunio di Rondo, che lo avrebbe costretto a restar fuori fino al termine della stagione. In realtà quel giorno (lunedì scorso) si aveva a disposizione “soltanto” la prova messa in mostra sul parquet contro gli Heat, partita vinta all’overtime grazie all’orgoglio dei veterani Garnett e Pierce, quest’ultimo autore di una tripla doppia decisiva nell’indirizzare la sfida in favore della squadra del Massachusetts.

Che quella potesse essere la prima di una striscia di 6 vittorie consecutive però non lo avrei mai detto, almeno prima di leggere il calendario degli incontri che la squadra di Boston avrebbe dovuto affrontare. In realtà, se analizziamo un po’ questo filotto consecutivo di successi, ci rendiamo facilmente conto che il calendario è stato fin troppo generoso con una squadra che si è ritrovata all’improvviso orfana del suo All Star più giovane.

4 dei 5 impegni consecutivi alla vittoria di Miami sono stati disputati tra le mura amiche e 4 delle 5 squadre affrontate hanno un record inferiore al 50%. Questo però, non vuole e non deve sminuire l’effetto scossa che sembra esserci stato all’interno dello spogliatoio di coach Rivers. Vincere le partite in NBA non è mai semplice e soprattutto è difficile farlo mettendo assieme numeri così convincenti. Andiamo a visualizzarne qualcuno.

Prima di tutto, la shot chart con le percentuali messe insieme nelle ultime 5. A differenza di come si sarebbe potuto pensare, senza Rondo, aperte quindi le “gabbie” dove erano stati tenuti rinchiusi i vari Green, Terry e Barbosa, si poteva immaginare una sorta di “bombardamento” da 3 da parte di quei giocatori che erano stati tenuti finora ai margini della rotazione. Ed invece, inversione di tendenza. Il tiro da 3 è si migliorato rispetto alla media stagionale (passando dal 33.5% al 35.4%), ma non è di certo questo che ha permesso a Boston di fare un balzo in avanti così deciso in quanto ad efficienza offensiva. I Celtics sono passati dal 46,2% dal campo al 50,9% riportato nella figura. In sostanza è la qualità delle conclusioni prese a ridosso del ferro che fa la differenza (non a caso la zona interamente verde sta ad indicare il fatto che in ognuna di quelle parti di campo Boston tira con una percentuale superiore al 5% rispetto alla media NBA). Grazie a questa “nuova” organizzazione offensiva, i biancoverdi hanno messo a referto una media di 103,4 punti a partita contro i 96 scarsi con Rondo sul parquet. Questo è dovuto al fatto che, nonostante il playmaker biancoverde sia uno a cui piace correre, in realtà con lui in campo la squadra tende a rallentare, ad abbassare il numero di possessi, a giocare a metà campo, schierando sul parquet giocatori che non amano particolarmente spingere transizione e contropiede. La mancanza all’interno delle rotazioni del giocatore di Kentucky ha costretto Doc Rivers a sperimentare quintetti inediti, prevedendo la contemporanea presenza in campo del trio Green-Terry-Barbosa, tutt’altro che restio a mettere il piede sull’acceleratore e a cercare conclusioni veloci.

Ma il dato che più mi sorprende è il fatto che, a parità di palle perse (14.6), il numero degli assist sia aumentato (da 23.2 a 24.2). Di certo dovuto al fatto che facendo più punti si realizzano più canestri e quindi maggiore è l’opportunità di fare un assist, ma pensare che una squadra che all’improvviso perde il primo in quanto ad assist distribuiti a partita dell’intera Lega possa continuare a viaggiare su numeri paragonabili a quelli precedenti sembra essere davvero un nonsenso statistico e di gioco.

In realtà la domanda sorge spontanea: chi ha preso il posto di uomo assist all’interno del roster in assenza di Rondo? Non considero ovviamente i sopracitati Barbosa, Green e Terry che grande aiuto stanno dando alla causa, ma che avendo visto salire in maniera esponenziale il loro minutaggio e le responsabilità a loro affidate, non si prestano a paragoni statistici di rilievo.

Quelli che invece sembrano aver cambiato realmente marcia sono i due veterani. “The captain and the truth”, Paul Pierce, salito dai 3,9 di media a partita ai 6,2 delle ultime 6 apparizioni, mantenendo costante attorno ai 18 punti il suo apporto anche sotto il profilo realizzativo. “Big Ticket”, Kevin Garnett, che ha aumentato di 3 punti, 1 assist e 1 rimbalzo di media le sue già ottime statistiche, giocando anche difensivamente come siamo abituati vederlo fare da Marzo inoltrato in poi, quando la palla scotta e i possessi difensivi pesano molto di più. In sostanza i Celtics è come se fossero entrati in modalità Playoff con qualche settimana d’anticipo sulla tabella di marcia che, considerando l’età dei due migliori interpreti della squadra, potrebbe rivelarsi controproducente tra qualche mese.

Inoltre questo sembra essere anche il colpo di coda con cui i due campioni biancoverdi stanno rispondendo alle insistenti voci di trade che coinvolgono i loro nomi, all’interno di un progetto di “rinnovamento” della franchigia che porterebbe la società a sacrificarli oggi, quando ancora hanno un importante valore sul mercato, prima che arrivino a definitiva conclusione delle loro carriere. Dall’altro lato però loro stanno dimostrando che, nonostante il tassametro corre per tutti, sono ancora pronti a dire la loro con una maglia che non sembrano avere intenzione di lasciare troppo presto.

Danny Ainge è avvisato, i due assoluti fenomeni dei Celtics in fondo potrebbero rivelarsi come quei vini pregiati che più invecchiano e più son buoni.

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