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NBA, Jeremy Lin su Stephen Curry: “Ho sempre sostenuto che sarebbe diventato uno dei migliori”

Probabilmente, in pochi si ricorderanno che Stephen Curry e Jeremy Lin furono compagni di squadra nei Golden State Warriors. Tuttavia, Lin disputò la sua stagione da rookie nel 2010-2011 proprio in quel di San Francisco, mentre Curry era al suo anno da sophomore. Il giocatore di origini taiwanesi ha ricordato alcuni episodi relativi al quattro volte campione NBA.

Va ricordato che gli Warriors dell’epoca era distanti anni luce dalla squadra che ha dominato la NBA durante le ultime stagioni. L’allenatore era Keith Smarth, il quale non era un amante del gioco da tre punti, diventato poi marchio di fabbrica della squadra. A questo proposito, ecco come si è espresso Lin:

“Ho disputato con Steph la mia stagione da rookie. Il coach dell’epoca non credeva molto nelle sue potenzialità, spesso gli urlava contro durante gli allenamenti e lo lasciava quasi sempre in panchina nel quarto quarto. Tuttavia, anche se queste scelte avrebbero potuto scoraggiarlo, Steph ha sempre creduto nel suo talento senza mai arrendersi.”

L’ex giocatore ha poi proseguito:

“Durante gli allenamenti non vacillava mai, nonostante le urla del coach. Era convinto dei suoi mezzi, sembrava che volesse dire al mondo intero: ‘Ehi, non c’è alcun tiro che io non possa realizzare, diventerò uno dei migliori giocatori di sempre’. Alla fine ha avuto ragione. Ho sempre sostenuto che potesse diventare un grande della pallacanestro, ma non fino a questo punto. La sua è stata una rivoluzione.

Inoltre, è riuscito a limitare le sue debolezze. Durante gli allenamenti, attaccavo sempre su Steph, in quanto il suo fisico non era ancora sviluppato per la NBA. Ora, invece, è diventato anche un abile difensore e discreto rimbalzista. Per di più, perde anche molti meno palloni rispetto al passato.”

Dopo la sua stagione da rookie, Lin venne ceduto ai New York Knicks dove diede il via alla cosiddetta Linsanity. Sarebbe stato interessante vederlo all’opera di coach Steve Kerr, il quale avrebbe sicuramente esaltato il suo gioco offensivo.

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Pubblicato da
Matteo Franzoni

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