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NBA, festa e lacrime per Bones Hyland sul campo di Philadelphia

I Denver Nuggets hanno sbancato il Wells Fargo Center, casa dei Philadelphia 76ers, portandosi a quarantuno vittorie stagionali. Tra i protagonisti della serata, oltre al solito Jokic, si è distinto Bones Hyland. La giovanissima point guard ha concluso la gara con 21 punti, 4 rimbalzi e 2 assist, attestandosi come il secondo miglior marcatore dei suoi. Una bella prestazione di fronte a centinaia di intimi tifosi da lui invitati per l’occasione.

Una partita speciale

Bones Hyland è originario di Wilmington, Delaware, che dista poche decine di chilometri dall’arena dei 76ers. Questa è stata di fatto la sua prima gara “in casa” e come tale doveva essere festeggiata a dovere. Il numero 3 dei Nuggets ha invitato tra le 600 e le 700 persone a sostenerlo, tra cui i pompieri e i primi soccorritori che gli salvarono la vita da un incendio nel 2018. Nella casa di Wilmington andata a fuoco persero la vita sua nonna e suo cugino di 11 mesi. Lui, invece, si ruppe il tendine rotuleo cercando di fuggire, motivo per cui i medici gli dissero che non avrebbe mai potuto giocare di nuovo a basket. Quattro anni dopo, Bones Hyland gioca ancora e la scorsa notte ha onorato al meglio tutti i suoi tifosi.

Le parole del post-gara

Il classe duemila si è espresso con queste parole a fine partita:

“Soltanto fare uno spettacolo qui, è un sogno che si avvera per me. Ho sempre detto di essere il ragazzo che vuole mostrare al prossimo di questa città [Wilmington, nrd] che questo può essere lui nella mia posizione. Crescendo non ho mai avuto qualcuno che potesse mostrarmi questo, quindi voglio essere io quella guida per i giovani e continuare a guidarli.”

Hyland è scoppiato in lacrime quando è stato incalzato sull’importanza personale di quei soccorritori che gli salvarono la vita. Poi ha raccontato il significato dei suoi tatuaggi:

“Ho sempre detto che ogni tatuaggio sul mio corpo è qualcosa per cui gioco. Sulla mia spalla sinistra ci sono mio cugino e mia nonna. Gioco per loro ogni volta. Li guardo mentre gioco. Faccio una croce sul petto, solo per ringraziare di essere ancora qui e di giocare ancora a basket quando i dottori mi dissero ‘no’ quattro anni fa.”

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Pubblicato da
Matteo Gentili

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