Embiid e «The Process»: “Contro i Raptors ho giocato male”.

Joel Embiid è stato sin qui, senza ombra di dubbio, il miglior rookie della stagione (pur se è un rookie draftato nel 2014). Il centro camerunese ventiduenne, incarnazione vivente del “Process” teorizzato a Philadelphia dalla dirigenza dei Sixers (prima con Sam Hinkie e ora con Bryan e Jerry Colangelo), sta macinando gioco a livelli altissimi (17.6 punti, 7.5 rimbalzi, 2.5 stoppate di media, con un pazzesco 42% da tre punti), pur in soli 23.8 minuti a partita. La scorsa notte, contro i sempre temibili Toronto Raptors (che hanno vinto 123-114), è arrivato il primo vero passaggio a vuoto della sua giovane carriera.

FUORI FASE

Embiid ha chiuso con 9 punti, 3-6 dal campo e 0-2 da tre. È la prima volta che non arriva in doppia cifra di punti da quando è in NBA. Il lungo ha voluto commentare la prestazione deludente, rilasciando queste dichiarazioni a CSN Philly:

Stanotte non ho creduto nel “Process“. È la prima volta che mi succede. Ho giocato molle, non mi sono mosso né in attacco né in difesa. Mi sono accontentato di vivacchiare sul perimetro. Fisicamente non ero al 100%, ma non può essere una scusa. Da qui in avanti ho intenzione di giocare sempre al massimo. Se si tratterà di tuffarsi in mezzo al pubblico per recuperare il pallone, non avrò problemi a farlo. 

La brutta prestazione di Embiid, già miglior giocatore degli enigmatici Sixers (in attesa di Ben Simmons), ha condannato la squadra alla sconfitta. Philly è ultima in classifica in NBA (6-19 di record, a pari merito con gli altrettanto criptici Dallas Mavericks) e ha bisogno di un Embiid sempre al massimo per poter dire la propria contro squadre quasi sempre più forti ed esperte. Il “Process” dei Sixers e di Joel dal Camerun è appena agli inizi, ma, se le cose dovessero stabilizzarsi, la Eastern Conference potrebbe ritrovare presto una franchigia da anni smarrita nelle pieghe della mediocrità.

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Elia Pasini

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