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NBA, Michael Jordan: “Vincere ha il suo prezzo”

I giorni passano e la data d’uscita di “The Last Dance” – 19 aprile – si avvicina freneticamente. Un doveroso grazie va rivolto a chi ha deciso di non far aspettare migliaia di appassionati fino al 2 giugno, originariamente il giorno del rilascio programmato. Per coloro che non ne sono a conoscenza, la serie sopra citata ripercorrerà la cavalcata stratosferica dei Chicago Bulls durante la stagione 1997-1998, conclusasi con il game winner di Jordan sul campo degli Utah Jazz in gara-6 delle Finals.

Jordan, ultimamente, si è concesso a decine di interviste, tra le quali rientra quella per The Athletic. Ai loro microfoni, il 6 volte campione NBA ha svelato un curioso retroscena, ovviamente legato al documentario di cui è protagonista. MJ dice:

“Guarda, vincere ha il suo prezzo. E anche la leadership lo ha. Quindi, ho trascinato le persone quando non volevano essere trascinate. Ho sfidato le persone quando non volevano essere sfidate. E ho guadagnato quel diritto perché tutti i compagni che sono venuti dopo di me non hanno dovuto sopportare quello che ho sopportato io. Una volta che ti sei unito alla squadra, devi essere a uno standard pari al livello cui gioco. E non avrei accettato niente di meno.”

Il leggendario numero 23 continua così:

“Se questo significa andare da ognuno di loro e dargli un calcio nel culo, allora l’ho fatto. Chiedi ai miei compagni. Ti diranno che ‘Michael Jordan non mi ha mai chiesto di fare qualcosa che lui non facesse’. Quando le persone vedranno questo diranno: ‘Beh, Michael non era proprio un bravo ragazzo. Era un tiranno’. No, quello sei tu. Perché non hai mai vinto niente. Io volevo vincere e, volevo anche che loro fossero una parte di questo successo.”

Infine, Jordan conclude:

“Potevano rispondere: ‘Non devo farlo per forza’. Ma dovevano capire che dovevano farlo solo perché lo volevano. Questo era il mio modo di giocare. Questa era la mia mentalità. Se non vuoi giocare in quel modo, allora non puoi giocare con me.”

 

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Pubblicato da
Matteo Gentili

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