Top 10

I 10 giocatori ad aver vinto nella stessa stagione il titolo di MVP della RS e delle Finals

1. Michael Jordan

Il layup volante di MJ

Ci sono una miriade di statistiche diverse in cui il numero 23 più famoso della storia, primeggia testa e spalle oltre chiunque abbia mai messo anche solo un piede sul campo da basket.

Tra queste c’è proprio il numero di volte in cui è riuscito a vincere il premio di MVP della regular season e delle Finals nella medesima stagione, 4 l’ultima delle quali a 34 anni di età con 12 stagioni di NBA alle spalle.

Un dato che ha dell’incredibile se si pensa che alcuni giocatori, i quali spesso vengono paragonati a His Airness nelle frequenti e abbastanza futili chiacchiere da bar su chi sia il G.O.A.T. (chiacchiere tanto apprezzate oltreoceano), ci sono riusciti un’unica volta nella loro intera carriera, ed altri addirittura mai.

Ciò sicuramente non vuole essere una sentenza inappellabile sulla questione, per cento dati che dicono 23 ce ne sono altrettanti che dicono un’altra cosa (escludendo inoltre di volersi addentrare nella spinosa questione dei gusti personali), ma i numeri in questo precipuo caso sono senza ombra alcuna schierati dalla parte di Jordan ed abbastanza desolanti dalle parti altrui.

Dopo aver detto quanto sopra riportato non si può fare altro che lasciarsi cullare dai ricordi. Ogni singola doppietta conseguita dal 23 non può che far tornare alla mente degli appassionati dell’intero globo, momenti di pallacanestro che sono entrati di diritto nella storia di questo sport, giocate che sono state incise con lo scalpello sulle tavole della legge e consegnate ai posteri.

Quattro annate, ognuna importante e determinante per la carriera di Michael. Due in particolare possono essere considerate le più significative, ovvero quelle che hanno coinciso con l’inizio e con la fine della dinastia Bulls.

Il 90-91 rappresenta il primo titolo da campione del mondo dei Bulls e di Michael, fu un rito di iniziazione fra i grandi, un passaggio obbligato che consentì a Jordan di perdere l’appellativo di realizzatore e di acquisire quello di campione.

Oltre a ciò in quella stagione, e soprattutto in quei playoff, si può intravedere un passaggio di consegne fra le eminenze del gioco: gli anni di gloria (per lo più gli 80) di Johnson e Bird erano ormai giunti alla loro naturale conclusione, terminati, per lasciar spazio all’ascesa del 23 in maglia Bulls.

Era Jordan il più forte, ed essendo il numero 1 diventò di diritto anche il volto universale della lega e del basket, posizione che fino a quel momento avevano occupato gli eterni rivali.

Il titolo e il premio di MVP non furono altro che il timbro finale, la certificazione che il testimone era stato ceduto ed il futuro dell’intera NBA sarebbe risieduto in nuove mani, ottime e capaci.

La giocata indimenticabile delle finals di quell’anno, è senza dubbio il layup che Jordan realizzò allo United Center: un appoggio al tabellone di sinistro, preceduto da un cambio di mano volante.

Guardando i replay Jordan sembra decollare, fluttua fra i corpi immobili dei difensori giallo-viola che osservano la guardia nativa di Brooklyn librarsi come un fringuello verso il canestro, MJ non salta: vola, è uno sky-walker, poesia in alta quota.

Per quanto riguarda il 97-98 la doppietta possiede un gusto completamente diverso, ormai a detta di molti se non di tutti Jordan era il migliore di sempre, non aveva più la necessità di dimostrare al mondo quanto valeva, e probabilmente non aveva più neanche gli stimoli famelici di un tempo.

Ed allora perché un’altra ennesima stagione straordinaria?

Certo se ti chiami MJ vuoi vincere, sei abituato a farlo, ma soprattutto perché l’annata è decisamente particolare: tutti all’interno dello spogliatoio di Chicago infatti sapevano che quello sarebbe stato l’ultimo anno dei  Bulls per come ci eravamo abituati a conoscerli, l’ultima occasione per essere grandi un’ultima indimenticabile volta tutti assieme, l’ultimo ballo come venne ribattezzato da Phil Jackson (sempre un passo avanti a tutti).

Doveva essere una stagione memorabile perché semplicemente la conclusione della storia.

Dunque per rispettare tale proposito, Jordan per prima cosa durante la regular season si riprese prepotentemente lo scettro di MVP della lega (per la sesta ed ultima volta), riconoscimento che l’anno prima era andato a Karl Malone, fatto che suscitò non pochi malumori nel 23. Poi durante i Playoff si dimostrò essere ancora una volta, semplicemente, più forte di tutti e tutto.

Più forte dei malumori generati da una società che aveva dichiarato pubblicamente di voler smantellare la squadra.

Più forte dell’eccentricità di Rodman, dei suoi viaggi a Las Vegas durante le Finals che lo portarono ad un soffio dalla squalifica, e delle sue sparate alle stampa.

(Per onore di cronaca, Rodman alle finali, e in particolar modo nell’ultimo quarto della decisiva gara 6 riscrisse il manuale del buon difensore in post basso, cancellando di fatto per lunghi tratti Malone; diamo a Cesare quel che è di Cesare)

Più forte dell’infortunio al piede di Pippen, dei suoi dolori alla schiena che gli fecero giocare ad intermittenza le finals, ed infine anche delle sue continue minacce di voler essere scambiato perché insoddisfatto (giustamente) del suo contratto.

Più forte, di nuovo, del duo acqua e sapone Stockton & Malone, oltre che degli interi Utah Jazz (durate la serie, Sloan fece ruotare 4 difensori diversi su di lui per cercare di limitarlo: Shandon Anderson, Bryon Russell, Howard Eisley, Jeff Hornaceck).

Ancora una volta semplicemente il più forte di tutti, ancora una volta semplicemente Michael Jeffrey Jordan.

La giocata delle Finals di quell’anno, è ovviamente il suo tiro allo scadere di gara 6: è un tiro scoccato dalle mani di un uomo che non c’entra con gli altri, è al di sopra degli altri, e l’azione intera è una rappresentazione perfetta di tutto ciò.

Per descriverla riporteremo semplicemente le parole della telecronaca condotta in diretta dal duo delle meraviglie.

Tranquillo:

“La ruba Jordan, e se la prende direttamente dalle mani di Malone, ultimi quindici secondi, -1 Chicago, il palleggio per Michael Jordan che ha spazio, tutti lo aspettano, potrebbe essere l’ultima azione della sua carriera NBA, arresto, tiro, JORDANNN!!! MICHAEL JEFFREY JORDAN!!!”

Buffa:

“Signori che giocata, ancora una volta gli concedono una penetrazione senza nessuno dietro, poi è andato lui a prendersi il pallone e ha segnato siglando il 4 a 0 di parziale, MJ!!!, 5.2 da giocare, adesso uscirà Kerr per Harper, e i Bulls sono a 5 secondi dal repeat del threepeat”

Tranquillo:

“Palla strappata dalle mani di Malone, e poi con tutto il mondo che lo stava guardando, con un miliardo di occhi che lo guarda fra quelli che sono qui e quelli in TV, mette il canestro che può essere decisivo, soprannaturale!!!”

Buffa:

“Con il giro a U, forse il movimento più difficile da controllare, depistato sul crossover l’avversario, e nel canestro dove l’anno scorso, nel nausea game, ha segnato il tiro da 3 punti, qui ne mette due di una certa rilevanza”

Tutto il resto è noia…

Stagione 1990-1991: 32 punti, 6 rimbalzi, 6 assist, 3 rubate, 1 stoppata, 54% dal campo (per partita) 1° a est record 61-21

Playoff 1991: 31,1 punti, 6,5 rimbalzi, 8,5 assist, 2,5 rubate, 1,5 stoppate, 52% dal campo (per partita)

Stagione 1991-1992: 30 punti, 6,5 rimbalzi, 6 assist, 2 rubate, 1 stoppata, 52% dal campo (per partita) 1° a est record 67-15

Playoff 1992: 35 punti, 6 rimbalzi, 6 assist, 2 rubate, 50% dal campo (per partita)

Stagione 1995-1996: 30,5 punti, 6,5 rimbalzi, 4,5 assist, 2 rubate, 49% dal campo (per partita) 1° a est record 72-10

Playoff 1996: 31 punti, 5 rimbalzi, 4 assist, 2 rubate, 46% dal campo (per partita)

Stagione 1997-1998: 29 punti, 6 rimbalzi, 4 assist, 2 rubate, 46% dal campo (per partita) 1° a est record 62-20

Playoff 1998: 32,5 punti, 5 rimbalzi, 3,5 assist, 1,5 rubate, 46% dal campo (per partita) ( a 34 anni)

“The shot” il tiro più emblematico nella storia del Basket

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Pubblicato da
Daniele Bona

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