Curiosità

NBA, Danny Green: un “animale” a sangue freddo

‘Carpe diem’ è il miglior aforisma dei serpenti. Attendere immobili la preda che ignara si avvicina per poi colpirla mortalmente è proprio la tecnica con la quale questi rettili si cibano per sopravvivere. E’ metaforicamente ciò che ha fatto Danny Green, il cecchino dei Toronto Raptors. Star lì fermo, in un angolo dietro l’arco attendendo l’assist vincente di Leonard, Lowry e Siakam per dare una sferzata definitiva al match.

D’altronde Green è legato fortemente ai serpenti. La sua è una vera e propria passione per i boidi in particolare. Tutto inizia quando il piccolo Danny è costretto a trascorrere giornate intere dalla nonna a Long Island poiché il padre doveva assicurarsi il sostentamento della famiglia con innumerevoli lavori faticosi.

“La casa di mia nonna era un vero e proprio zoo.”

Dai cani ai gatti, a qualsiasi tipo di uccello o di pesce, non mancava proprio nulla. Ma tutto ciò era troppo comune. Animali “fin troppo” domestici che non potevano sedurre completamente l’animo del 14 di Toronto.

La persona che segnò l’inizio dell’ossessione di Danny fu lo zio Berry. Il fratello del padre introdusse il nipote nel mondo dei rettili. Tra gli innumerevoli boa che lo zio deteneva, spiccava la presenza di un pitone birmano di quasi 4 metri di lunghezza.

Fu un colpo di fulmine per l’ex giocatore dei San Antonio Spurs. Passava ore ad osservare gli strani animali dello zio. E non avrebbe perso, per nulla al mondo, il momento dei pasti:

“Da bambino è stata la cosa più incredibile, più bella di sempre. Non credo mi sia capitata mai un’emozione del genere. Era davvero affascinante vederli mangiare mentre pensavo ‘Oh, sta mangiando un coniglio’.”

Sempre più frequentemente Danny, a differenza dei fratelli, preferiva andare dallo zio piuttosto che a casa della nonna e la sua passione cresceva esponenzialmente.

Questa culminò quando, durante gli studi all’Università della North Carolina, i coinquilini lo spinsero ad acquistarne uno. E fu così che Green si procurò un serpente. Voleva un maschio e chiamò il piccolo boa colombiano: Jack. Dopo qualche giorno però dal veterinario scoprì che in realtà, il suo nuovo compagno strisciante era una femmina e da Jack divenne Jade.

Il boa è diventato ormai parte integrante della vita di Green, lo cura minuziosamente e dopo aver appreso tutti i segreti sulla razza del boide ha instaurato un rapporto simbiotico con esso. Basti pensare che durante il trasferimento in Ontario dal Texas chiamò una compagnia apposita per trasportare il “cucciolo” di quasi due metri e mezzo da San Antonio a Buffalo prima, città al confine con il Canada, e a Toronto poi.

La guardia di North Babylon ha assicurato tutti sui falsi miti che accompagnano la figura dei serpenti:

“I morsi accadono soprattutto quando sono piccoli per dimostrarti che sanno difendersi. A quell’età hanno denti insignificanti e anche se dovesse uscire un po’ di sangue è un comune taglietto. I boa non sono velenosi e un loro morso non mi ha mai impedito di giocare. Non è un rapporto come quello che potresti avere con un cane ma è fantastico, soprattutto quando sono piccoli e li tieni in una mano. Davvero rilassante.”

Curioso anche il retroscena legato ai suoi compagni di squadra:

“La maggior parte dei miei compagni di squadra ha paura dei serpenti e non vuole venire a casa mia. Temono che Jade possa mangiarli. Solo Ibaka l’ha conosciuta.”

Beh di certo, avere a che fare con animali così particolari richiede un’elevata sicurezza ed una considerevole calma. Le 6 triple messe a segno in Gara 3 di queste Finals 2019 sono una dimostrazione in tal senso. Da vero rettile, Danny Green, ha mostrato tutta la sua dose di ‘sangue freddo’.

 

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Pubblicato da
Carmine Borgia

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