Miami Heat Preview: la fine di un’era

LeBron James ha già salutato le spiagge dorate di South Beach da un paio d’anni ormai, ma a Miami, nonostante le Finals NBA fossero state inesorabilmente cancellate dalla lavagnetta degli obiettivi stagionali in spogliatoio, qualcosa era rimasto di quella storica cavalcata: la prima squadra dopo oltre 20 anni a giocare 4 finali consecutive, i Big Three a fare da uomini copertina (e non solo) di un progetto indiscutibilmente vincente.

Erano rimasti gli altri due, che sempre big restavano. E attorno a loro Spoelstra era riuscito a rimettere in piedi un roster efficace e credibile: tanti giovani NBA ready sin dal primo giorno di training camp (vedi il trio Johnson-Richardson-Winslow), una fantastica scoperta nel sottobosco cestistico come Hassan Whiteside e un direttore d’orchestra di primo livello come Goran Dragic.

La scorsa stagione doveva essere rebuilding, invece Miami si è rivelata essere come una delle più interessanti realtà dell’intero panorama NBA: 7 gare per far fuori Charlotte e altre 7 prima di alzare bandiera bianca contro Toronto. Una semifinale di conference persa in Gara 7 è ben più di una stagione di transizione.

Credits to: bleacherreport.com

Quest’anno però, sembra davvero sancire la fine di tutto ciò che è stato.

Bosh, che i playoff la scorsa stagione è stato costretto a guardarli da bordo campo perché il problema ai polmoni si era già palesato, quest’anno è stato definitivamente scaricato. Dopo una querelle durata qualche giorno, l’ex giocatore dei Raptors si era prima detto convinto di tornare in campo, per poi ritrovarsi respinto durante le visite mediche fatte alla vigilia del training camp.

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A quel punto, la rottura: Bosh, convinto di essere idoneo alla pratica sportiva, ha deciso di insistere su quella strada, mentre Pat Riley e la società della Florida hanno preferito definitivamente chiudere il rapporto con il giocatore.

Non l’addio che tifosi e appassionati sognavo, proprio come quello che ha scritto la parola “fine” sull’esperienza agli Heat di Dwyane Wade. Il capitano che dopo 13 anni e soprattutto dopo 3 titoli NBA, è tornato a casa nella sua Chicago, senza sbattere la porta, ma facendo lo stesso un bel po’ di rumore.

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DOVE ERAVAMO RIMASTI…

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Stefano Salerno

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