Primo Piano

NBA Rookie Ladder 2024 – Episodio Finale – Et voilà

11. Amen Thompson (=)

Non è bastato a Houston il filotto di vittorie (11 consecutivi) nel finale di stagione per agganciare il treno Playoff. L’amarezza per l’obiettivo sfumato rischia di nascondere, agli occhi dei risultatisti, il contributo assai significativo di Amen Thompson, visti gli infortuni concomitanti di Segun e Whitmore. Chiude primo tra le matricole per palle rubate a partita (1.3) e terzo per % al tiro concessa agli avversari (45.3% min. 400 possessi difensivi)

12. Trayce Jackson-Davis (↑ 8)

Sorpresona di questa classe Draft, il gioiellino di Golden State – pescato alla 57ª scelta – è sbucato quasi dal nulla, prendendosi il posto da titolare a suon di ottime prestazioni. Ha chiuso la sua prima stagione con 7.9 punti, 5.0 rimbalzi, 1.1 stoppate e il 70.2% dal campo. Rimbalzi, fisicità e difesa del ferro: sarà lui il Draymond Green del futuro?

Nel frattempo ci gustiamo la sua schiacciatona su Victor Wembanyama – sicuramente una delle migliori giocate della stagione.

 

 

13. Gradey Dick (↑ 6)

Tra marzo e aprile ha raccolto 16 delle 17 presenze stagionali nello starting five dei Raptors, con oltre 30’ di media sul parquet. Ha aggiornato il career high per punti segnati alla terzultima apparizione (24 vs Nets). Chiude settimo tra i rookie per percentuale di realizzazione da oltre l’arco (36.5), toccando il 40% nella seconda parte di regular season. La risalita nella parte alta della classifica è un attestato di fiducia. Per lui e per i Raptors. Them, The North.

14. Jordan Hawkins (↓ 2)

Di poco dentro la nostra top 15, il giovane tiratore dei Pelicans ha chiuso una stagione con molti alti e bassi, relegato negli ultimi posti della rotazione di Willie Green. Le mani ci sono, la meccanica anche – per un 36% abbondante da tre – ma ovviamente l’(in)esperienza è quella che è. Nelle ultime partite di regular season, importantissime per assicurarsi un posto ai Playoff, non ha praticamente mai giocato, e probabilmente sarà così anche nel corso del primo turno.
Che dire… ci sarà bisogno di tempo per comprendere a fondo le sue capacità e il suo cosiddetto ceiling. La prossima stagione ci dirà già molto di più su un ragazzo che in stagione ha ricevuto complimenti anche da Paul George, che lo ha paragonato senza mezzi termini a Ray Allen.

 

15. Toumani Camara (↑ 2)

Aveva saltato appena tre gare in tutta l’annata d’esordio prima del problema alle costole che l’ha costretto ai box nelle ultime due settimane di stagione. Il cruccio di non essere riuscito a disputare tutte le 82 partite in calendario lo perseguita a tal punto che non sente di aver completato appieno il primo anno. Risponde così a chi gli chiede se nei suoi piani ci sia la Summer League: “Farò quello che mi chiederanno di fare, a rigore non potrei essere ancora considerato un giocatore al secondo anno.”  A Portland ha più di un estimatore, tanto che la squadra l’ha premiato con il Maurice Lucas Award. Noi lo premiamo con la metà classifica della nostra Ladder in questa puntata conclusiva.

16. Bilal Coulibaly (=)

Ad inizio stagione ci eravamo sbilanciati su di lui, dichiarando che col passare delle settimane avrebbe scalato diverse posizioni, ma siamo stati smentiti. Intendiamoci: il talento c’è tutto e le potenzialità rimangono, ma la stagione non è stata di alto livello. Difficile, poi, fare meglio in un contesto così arido come quello di Washington, che ha terminato la stagione in fondo alla Eastern Conference assieme a Detroit.

Un mini Giannis Antetokounmpo o un mini Mikal Bridges? La differenza non è poca… ci vorrà tempo per veder sbocciare finalmente il talento di Bilal, magari in un contesto più appropriato.
Per ora le statistiche ci dicono che è già uno dei migliori difensori sul perimetro della lega grazie alla sua versatilità (1.1 rubate e 1.0 stoppate per 75 possessi), ma deve migliorare molto in attacco nel playmaking e in penetrazione. Meno da tre dove è già un tiratore affidabile: 39.3% dall’angolo.

 

 

17. Derek Lively II (↓ 2)

Un big-man vecchio stampo in una NBA di alieni. Atletismo, forza fisica, schiacciate e rimbalzi, tutto quello che a Dallas è mancato negli ultimi due anni. Aveva iniziato molto bene la stagione, coprendo le lacune difensive e offensive dei Mavericks. Dalla trade deadline, e il conseguente arrivo di Daniel Gafford, ha trovato molto meno spazio nelle rotazioni di Kidd.
Così come Chet Holmgren, a differenza degli altri rookie avrà la possibilità di lottare e arrivare fino in fondo con Dallas in questi Playoff.

 

18. Ausar Thompson (↓ 4)

Precipitato vertiginosamente nel corso della stagione (all’inizio dell’anno era addirittura in top 3), il gemello di Amen ha chiuso la stagione molto male così come i suoi Detroit Pistons. Ad inizio anno aveva lasciato intravedere davvero lampi di Dennis Rodman, un mastino difensivo davvero pauroso grazie al suo atletismo, ma col passare del tempo le buone prestazioni sono diminuite parallelamente ai suoi minuti in campo. Ha chiuso la stagione con soli 8.8 punti e 6.4 rimbalzi di media.
Anche per lui ci sarà bisogno di tempo per capire che tipo di giocatore possa diventare davvero, le basi ci sono e sono interessantissime.

19. Taylor Hendricks (↑ 11 )

Una nota positiva nello spartito dei Jazz. Una delle tante di questa stagione: dalla resurrezione di Collin Sexton alla pesca grossa al Draft con George e Hendricks. Una sorta di Mr. Irrelevant fino a inizio febbraio. Poi sprazzi di bel gioco prima dell’All-Star Break che gli hanno fatto guadagnare un minutaggio consistente nell’ultimo rettilineo dell’anno. Un quattro da spacingcorner three, ruvido in difesa e in netto miglioramento nella metà campo avversaria. Nell’ultimo mese: 9 punti, 4.6 rimbalzi e 5.7 assist in 25 minuti di gioco tirando con più del 41% da tre. Ci spiace inserire questa sua clip, ma lo sentiamo un dovere morale.

 

 

 

20. Vasiljie Micic (↑ 2)

Due stagioni in una. Le ha percepite così, compresse in appena sei mesi, l’ex rookie di OKC, oggi a Charlotte. Dopo la trade deadline, a marzo e aprile si è tolto più di una soddisfazione, nonostante in casa Hornets ci fosse gran poco per cui lottare. L’esperienza lo ha aiutato senza dubbio a prendere il buono da contesti tecnici e ambientali diametralmente opposti. OKC riparte dalla testa di serie numero 1 a Ovest, Micic dall’impegno olimpico che l’aspetta in estate. Poi si vedrà: “Non sono uno che vive sulle nuvole”. Realista, basta guardare alla parabola che ha interessato l’altro ex MVP Eurolega Vezenkov.

 

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Pubblicato da
Redazione NbaReligion

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