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NBA Rookie Ladder 2024 – Ep. 2 – Una poltrona per due

Vigilia di Natale, preparazione per l’abbuffata del Christmas Day e Rookie Ladder in arrivo. Insomma, tutti gli ingredienti per rendere frizzante il vostro pranzo di famiglia, mettendo alla prova il parente che vorreste avvicinare al mondo NBA. Il titolo della puntata è un chiaro omaggio a quel film, ma ha anche un significato nella nostra classifica, fidatevi.

 

*Le statistiche citate, salvo diversa specifica, sono aggiornate alla notte tra lunedì 18 e martedì 19 dicembre.

1. Chet Holmgren (↑ 1)

Ed eccolo qui in testa. Reduce da due partite in cui ha racimolato ben 15 stoppate (8+7), il numero 7 di Oklahoma ha già superato il gigante francese. Le cifre danno ragione a Wembanyama, ma i risultati della squadra e le percentuali dal campo pendono nettamente dalla parte dell’americano. I Thunder viaggiano con un record di 17 vittorie e otto sconfitte dopo le prime 25 e le prestazioni di Chet sono sicuramente una delle ragioni principali di questo successo.

Rispetto allo scorso mese le percentuali sono leggermente calate ma fanno comunque paura pensando ai suoi 216 cm di altezza: 52.1% dal campo, 37.3% da tre e 87.1% ai tiri liberi; nettamente migliori rispetto a quelle di Victor. Nella metà campo difensiva, invece, siamo a quota 2.8 stoppate per partita, il dato più alto della NBA dopo Brook Lopez (3.1) e Victor Wembanyama (3.0).

Non sappiamo chi trionferà tra i due a fine stagione, portando a casa il premio di Rookie of the Year, ma una cosa è già certa: questi qui domineranno i quintetti difensivi per il prossimo decennio.

2. Victor Wembanyama (↓ 1)

L’avevamo descritto con andamento altalenante… e così effettivamente è stato. Non tanto per punti fatti, quanto per le percentuali dal campo. Serate da oltre il 50% seguite da notti con meno del 35% e in cui dalla lunga distanza il pallone non entra neanche se toccato dagli Dei del basket. Un’incostanza figlia di un ambiente, quello americano, che progressivamente cerca di prendere le misure. E – non ci stancheremo mai di ripeterlo – di una franchigia che è riuscita a inanellare 18 sconfitte consecutive e attualmente ha il secondo peggior record della intera NBA.

Insomma, cose trite e ritrite. Se non fosse che, la seconda settimana di dicembre, è cambiato qualcosa anche nell’eterno coach Pop. Venerdì 8 dicembre a San Antonio contro i Chicago Bulls, Gregg Popovich schiera per la prima volta Wemby da 5. E lì cambia tutto.

 

Il campione è ancora molto ristretto, solo una manciata di partite. Ma i miglioramenti sono nettissimi. Prendendo in considerazione le ultime 5 partite da ala grande e le prime 5 da centro, questo è il cambiamento:

– Punti a partita: 18 –> 19.2

– Percentuale dal campo: 43.8% –> 45.1%

– Percentuale da tre: 20.8% –> 34.8%

– Rimbalzi a partita: 10 –> 15.8

– Assist a partita: 2.7 –> 3.6

– Stoppate a partita: 2.7 –> 4.2

– Rubate a partita: 1.8 –> 1.4

Mente più libera, ruolo più congeniale: il gigante francese è più libero di attaccare il pitturato senza preoccuparsi eccessivamente delle spaziature del parquet. E in tutto questo, con Victor Wembanyama come centro, è arrivata la prima vittoria dal 2 di novembre. E con questa, l’impressione che Wemby stia trovando il suo ruolo nel basket a stelle e strisce.

 

3. Brandon Miller (↑ 1)

Il +1 accanto al suo nome ha un peso specifico notevole se consideriamo che già accarezzava i piani alti della graduatoria.Primeggia tra i rookie per minuti giocati di media (32.3) beneficiando indirettamente dell’assenza di LaMelo Ball. Rispetto all’episodio che ha inaugurato la rubrica,  il miglioramento è sensibile e trasversale in tutte le principali categorie statistiche: punti (14.8 fin qui nel mese di dicembre), rimbalzi (4.0); assist  (2.0). In un’intervista concessa a HoopsHype, Gordon Hayward ha sottolineato la sua visione di gioco e destrezza negli spazi stretti. Solo Wembanyama ha raccolto fin qui più partite di Miller con almeno venti punti a referto (4). Potrebbe essere il primo rookie Hornets a tirare con il 40% da tre. Al di là di ogni ulteriore valutazione, il salto in avanti decisivo per lo sviluppo del suo gioco è legato alla pericolosità da oltre l’arco (35 bersagli su 80 tentativi dopo il 10-39 iniziale).

 

 

4. Jaime Jaquez (↑ 6)

A novembre una sorpresa, poi una scoperta come certificato dal premio di Eastern Conference Rookie of the Month. A dicembre, già una certezza. Parola d’ordine: consistency. Sotto ogni punto di vista. Sempre in campo dalla prima di stagione, minutaggio in crescita e una efficacia realizzativa degna del più preciso dei metronomi. Sono ormai 13 gare consecutive che si iscrive al tabellino gara con almeno 10 punti.

In queste 13 gare, le medie recitano: 17.5 punti, 3.9 rimbalzi, 3.5 assist, 0.9 rubate. Ma a spaventare più di tutto è la fiducia con cui gioca in attacco: 53% dal campo, 46.3% da tre (il miglior dato nella sua carriera collegiale a UCLA era stato un 39% al secondo anno), 62.7% di true shooting e 119 di offensive rating. Numeri non da rookie, certamente non da 18esima scelta al Draft. Sul parquet sembra un mini Jimmy Butler. Siamo così sicuri che Miami debba guardare fuori di casa per trovare la sua ala del futuro?

5. Ausar Thompson (↓ 2)

Il gemello di Amen è inevitabilmente calato rispetto allo scorso episodio. Nell’ultimo periodo è apparso solamente il fantasma del giocatore visto nelle prime settimane di novembre, capace anche di registrare 5 stoppate al suo debutto in NBA. Specialmente nell’ultima settimana sono calati sia i giri del motore che i minuti in campo (abbastanza inspiegabilmente). La squadra di coach Monty Williams è deragliata già da diverso tempo ed è ora a caccia del record NBA per il maggior numero di sconfitte consecutive (28) dopo aver conquistato già 24 debacle negli ultimi 24 incontri.

Un ambiente del genere sarebbe debilitante per chiunque, figuriamoci per un ragazzo del 2003. La fotografia di questo periodo nero è proprio Ausar alle prese con il proprio allenamento al tiro in una palestra deserta.

Quando (e se) tornerà il sole dalle parti di Detroit, speriamo di vedere un ragazzo pronto a prendersi davvero tutto.

6. Derek Lively ( = )

Non male Dereck, non male. Nell’ultimo periodo si è guadagnato man mano sempre più spazio, rubando di fatto il posto a Dwight Powell in quintetto. In una squadra pensata, scritta e diretta da Luka Doncic il ragazzone di Duke sta dando comunque una gran bella mano. Paurosa la prestazione da 20 punti, 16 rimbalzi e sette stoppate dello scorso 3 dicembre contro Oklahoma, dove ha fatto vedere di poter essere molto più di un semplice rimbalzista o ricevitore di alley oop.

7. Keyonte George (↑ 2)

A Utah si sta ricostruendo, e uno dei giocatori su cui Will Hardy sta puntando di più è proprio Keyonte. Per le sue abilità di passatore e, perché no, per quelle di tiratore. Un ultimo mese ondulante per l’ex Baylor, che si è concluso con una media di 13.5 punti, 4.5 assist e 3.4 rimbalzi. Balza all’occhio il 27.5% di assist percentage, cioè quanti canestri segnati dalla sua squadra quando lui è schierato provengono da un suo passaggio.

 

Al contempo sfortunato, dopo la sua prima gara da 30 punti si è subito infortunato. Ponendo così uno stop temporaneo a quello che era un’interessante parabola di crescita.

 

 

8. Bilal Coulibaly (↑ 6)

Bene Bilal. Il giovanissimo di Washington ha fatto decisamente meglio nell’ultimo periodo: 12.5 punti, cinque rimbalzi e 1.3 rubate, queste le medie nel mese di dicembre. Con i mezzi fisici che ha potrebbe tranquillamente diventare uno dei migliori difensori della NBA, ma per il momento si accontenta di ricevere gli scarichi dei compagni: 41.6% da tre in stagione… mica male per uno che due anni fa tirava col 21% nel campionato francese U21.

Sta trovando sempre più spazio e fiducia in una squadra che cade praticamente a pezzi. Lo sviluppo tecnico, fisico e mentale del classe 2004 sarà probabilmente l’unica nota positiva nella fallimentare stagione di Washington.

9. Cason Wallace (↓ 1)

10º  tra i rookie per % dal campo (57.9), 14° per media punti (7.2), ma con uno usage decisamente inferiore rispetto a buona parte della classe Draft. Tornato a uscire dalla panchina, ha approfittato dello starting five contro Utah per andare in doppia cifra. La sfida nella sfida con l’amico Keyonte George – sono nati entrambi in Texas, ad appena un giorno di distanza e cresciuti nell’area di Dallas-Fort Worth ndr – l’ha galvanizzato. Notevole ed efficace, inoltre l’azione di disturbo su Jordan Clarkson (appena otto punti, con 3-13, 0-4 da tre)

 

10. Jordan Hawkins (↓ 5)

Male, a tratti malissimo. Nell’ultimo mese i minuti in campo sono calati drasticamente – anche per il rientro di Trey Murphy III – e le prestazioni non sono di certo migliorate. Meno di quattro punti di media in 12 minuti di utilizzo nel mese di dicembre per l’ex UConn. Lo scarso minutaggio non lo aiuta e le percentuali sono scese: siamo a quota 38% dal campo e 35.6% dalla lunga distanza.

Vedremo se riacquisterà spazio all’interno delle rotazioni nel corso della stagione, ma sicuramente ci aspettiamo di più da un ragazzo paragonato da Paul George a Michael Redd e Ray Allen.

 

 

 

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Pubblicato da
Redazione NbaReligion

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