News NBA

La NCAA pronta a permettere agli atleti accordi di sponsorizzazione

La NCAA è sempre stata una tappa fondamentale dell’iter dei giovani giocatori lanciati verso la conquista del sogno NBA, un trampolino di lancio e un’opportunità studentesca non secondaria per crescere come uomini e cestisti.

Troviamo però nella storia del gioco tanti esempi di professionisti che hanno volutamente saltato il college per tentare il grande salto al più presto possibile; per citarne alcuni che hanno scritto rilevanti pagine di storia degli ultimi decenni NBA, si ricordino Kevin Garnett, Kobe Bryant, LeBron James e Dwight Howard, rimanendo sempre consapevoli dell’unicità del loro successo, dal momento che non tutti arrivano nella lega dotati di tale maturità, preparazione, prontezza ed è il caso di dirlo, di pazienza.

A questo proposito, dall’anno 2005 i giocatori selezionabili al Draft devono avere almeno 18 anni, con la clausola però che ne compiano 19 entro la fine dell’anno solare in cui si tiene la selezione. Questo provvedimento costringe i giovani appena usciti dall’high-school a un’annata preparatoria intermedia, che solitamente viene trascorsa appunto in NCAA, prima di potersi dichiarare eleggibili. Durante l’esperienza universitaria gli atleti non possono sottoscrivere accordi di sponsorizzazione con aziende di nessun tipo né contratti con procuratori e agenti.

Tralasciando le teorie secondo le quali alcuni dei prospetti migliori vengano pagati di nascosto dalle università di secondo rango per obiettivi pubblicitari (Ben Simmons da LSU, Dennis Smith jr da North Carolina State), è innegabile che ragazzi con quel talento e spesso obbligati a sostenere la famiglia da soli reputino futile un anno non retribuito, migrando alla volta di leghe professionistiche di altri continenti dotate di programmi di sviluppo per gli astri nascenti ed ovviamente offerenti loro uno stipendio. Hanno tentato con successo questa via la NBL australiana, recentemente la G-League, lega di sviluppo dell’NBA, ed ora la NCAA si vede privata dei talenti che prima le consentivano enorme visibilità.

La reazione, almeno sulla carta, non ha tardato ad arrivare: dalla stagione 2021-2022 gli studenti-atleti potranno ricevere compensi da terzi (sponsorizzazioni anche non sportive, accordi d’immagine e di gestione), senza però essere pagati dall’ateneo nel quale militano. Dovesse concretizzarsi, sarebbe un’innovazione tutto tranne che indifferente per il futuro della pallacanestro.

 

Leggi anche:

NBA, Dwyane Wade torna a parlare di Kobe

Charles Barkley ridimensiona Lebron James

Il GM Scott Perry rinnova con i Knicks per un altro anno

Share
Pubblicato da
Alessandro Valz

Recent Posts

Jayson Tatum nominato Chief of Basketball Operations della Duke University

Jayson Tatum, stella dei Boston Celtics e simbolo della nuova generazione NBA, è stato nominato…

fa 2 mesi

Assente nella preseason NBA, LeBron James spera di essere pronto per la ripresa

Non è prevista la partecipazione di LeBron James alla pre-stagione, ma il suo obiettivo è…

fa 2 mesi

Quali sono le differenze tra sponsorizzazioni NBA e quelle in Italia

Le sponsorizzazioni sportive rappresentano un pilastro del business sia in NBA sia nei campionati italiani,…

fa 2 mesi

NBA, la trovata pubblicitaria di LeBron James non ha mai preoccupato i Lakers

Mentre LeBron James mandava in visibilio il web annunciando la sua misteriosa "Seconda Decisione", i…

fa 2 mesi

NBA, il rientro è lontano per Kyrie Irving: “Non chiedetemi la data”

Il rientro di Kyrie Irving è ancora lontano: il campione invita alla cautela e dichiara…

fa 2 mesi

L’NBA sbarca su Prime Video: nuova era per il basket in Italia

Alessandro Mamoli, Mario Castelli, Matteo Gandini, Tommaso Marino e Andrea Trinchieri entrano a far parte…

fa 2 mesi