Playoff Preview: Washington Wizards – Atlanta Hawks

Pur giocando una pallacanestro ad un ritmo non eccessivo (undicesimi per PACE) i Maghi della Capitale risultano particolarmente efficaci nella metà campo offensiva. Settimi nella lega in Offensive Rating (la scorsa stagione finirono al ventesimo posto), se ne facciamo una semplice questione di “punti per partita”, con 109.3, Wall e compagni risultano addirittura quinti. I meriti della crescita nella metà campo offensiva di Washington vanno attribuiti senza alcun dubbio a Scott Brooks. Dopo un avvio non certo esaltante, il coach ex OKC, ha capito che i suoi set offensivi mancavano di fluidità; e allora l’intuizione: Assicuratosi che Gortat non avesse idee diverse dal portare blocchi e raccogliere rimbalzi, ha tolto a Bradley Beal ogni compito di costruzione del gioco lasciandolo fuori area pronto ad approfittare degli scarichi (sia tirando da 3 che penetrando con area libera) e  Morris dall’altra parte con lo stesso compito. In questo modo Otto Porter (autentica rivelazione della stagione e serio candidato al premio di giocatore più migliorato) si è ritrovato a giocare più vicino a Wall nella costruzione del gioco, dando vita ad uno dei pick-n-roll più efficaci della Lega.

I diciassette anni vissuti da assistente di Gregg Popovich in quel di San Antonio, sono facilmente rintracciabili nei set offensivi di coach Budenholzer che però, viste le novità presenti nel suo roster ha dovuto anche modificare qualcosa. Nella metà campo offensiva gli Hawks continuano a correre molto (il PACE è salito a 101.7 possessi) e ad affidarsi alla Motion made in Spurs ma se negli ultimi anni, soprattutto grazie ad Horford, riuscivano ad aprire il campo in maniera egregia, con l’arrivo di Howard ci si affida molto di più alla sua stazza in area e alla sua capacità di rollare a canestro pur mantenendo ottime spaziature.

Complice la partenza di Kyle Korver, Atlanta ha ridotto di molto l’uso del tiro pesante, con i soli Bazemore e Hardaway Jr. in grado di essere pericolosi dalla distanza, affidandosi maggiormente alla capacità degli esterni di battere il proprio uomo colpendo la difesa con un taglio o con un palleggio-arresto-tiro. Per un Korver che va, c’è un Millsap che resta. L’ex Utah Jazz è oramai una stella a tutti gli effetti della NBA e la quantità di cose che è in grado di fare su un campo da pallacanestro lo rendono una risorsa preziosissima nonostante stia vivendo la sua peggior stagione al tiro.

Se nella metà campo offensiva, non esiste un confronto tra le due squadre (con gli Wizards nettamente più efficaci), lo stesso si può dire, a parti invertite, della metà campo difensiva.

Pur avendo avuto qualche passaggio a vuoto di troppo negli ultimi tempi, la difesa resta il vero punto di forza della squadra di Budenholzer. Anche nell’organizzazione difensiva l’influenza degli anni vissuti all’ombra dell’Alamo è evidente, tanto che la transizione difensiva è la migliore della Lega assieme a quella dei texani. Come per i set offensivi, anche in difesa coach Bud ha dovuto modificare qualcosa a causa dei nuovi arrivi: mentre con Horford l’obiettivo principale era quello di intrappolare i pick-and-roll degli avversari costringendo il portatore di palla a scaricare il pallone o inducendolo all’errore, quest’anno con Howard gli Hawks cercano di mettere pressione sulla palla, lasciando all’ex Orlando Magic il compito di proteggere il ferro. Elementi fondamentali sono anche il ritrovato Sefolosha e soprattutto Bazemore. Entrambi infatti grazie alla loro straordinaria wing-span sono letali sia come recuperatori di palloni che in close out, elemento quest’ultimo determinante vista la qualità dei tiratori perimetrali di Washington.

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Pubblicato da
Gherardo Dardanelli

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