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Guida completa al Draft NBA 2017

11. Luke Kennard

Di Cataldo Martinelli

Luke Kennard (1.98 m. x 92 kg) nasce il 24 giugno 1996 a Middletown (Ohio).

La sua ancor breve carriera inizia nel migliore dei modi in quel di Franklin (Ohio), precisamente nella Franklin High School.
“Dominio”: non c’è parola migliore che possa descrivere ciò che ha fatto Kennard durante la sua carriera liceale. Ha segnato (e fatto segnare) una caterva di punti. Al termine della sua carriera liceale può vantare, infatti, la seconda posizione nella lista dei migliori realizzatori nella storia dei licei dell’Ohio (avendo sorpassato, tra gli altri, un certo LeBron Raymone James) con la bellezza di 2997 punti segnati.
Per darvi una vaga idea del suo dominio, queste sono state le sue medie, nel suo anno da senior, con le quali ha trascinato il suo liceo ad un record di 26-2: 38.1 punti, 9.7 rimbalzi, 5.9 assist e 2.2 palle rubate ad allacciata di scarpa. Nel suo anno precedente, era andato ancor meglio a livello realizzativo con le mostruose cifre di 41 punti, 10.4 rimbalzi e 4 assist a partita. Nei suoi due ultimi anni liceali, ottenne il prestigioso riconoscimento di Gatorade Basketball Player of the Year; tra gli altri, gli fu assegnato anche il premio di National Player of the Year a fine carriera (dalla rivista “Parade”).
Come ciliegina sulla torta, nel 2015 arrivò la convocazione per il match del McDonald’s All-American.

Le tre riviste specializzate nel reclutamento dei talenti dell’high school Scout.com, ESPN e Rivals lo presentavano al mondo del College Basket rispettivamente come numero 22, 24 e 25 tra i migliori prospetti della nazione.

Credits to: www.nba.com

Quando dovette scegliere tra le numerose offerte pervenutegli, non ebbe dubbi nel dire di sì al leggendario Coach K ed alla sua Duke University.
La sua stagione da freshman non è stata particolarmente esaltante, da un punto di vista delle statistiche e del minutaggio. Faticò moltissimo prima di riuscire a prendere le misure ai nuovi avversari ed alla differente tipologia di pallacanestro.
Nella stagione appena conclusa (quella da sophomore), invece, abbia potuto ammirare l’esplosione del ragazzo da Middletown. Anche a causa delle difficoltà del compagno di squadra e leader Grayson Allen e dei lunghi infortuni dei tre rookie prodigio Tatum, Giles e Bolden, Kennard si è visto costretto ad incrementare il suo numero di tiri per partita ed i possessi da gestire in prima persona. Percependo la totale fiducia di coach K, ha potuto vivere finalmente una stagione da attaccante di razza qual è.
Le sue cifre di media di quest’anno dicono: 19.5 punti, 5.1 rimbalzi e 2.5 assist, con il 43.8% da tre e l’85.6% in lunetta.
Purtroppo la stagione dei suoi Blue Devils non è stata altrettanto positiva, con l’eliminazione al secondo turno del Torneo NCAA per mano dei sorprendenti South Carolina Gamecocks di coach Frank Martin.

I punti di forza di Kennard sono legati soprattutto alla metà campo offensiva, guarda caso.
Come dicono le sue strabilianti percentuali al tiro, nel corso della sua stagione collegiale si è affermato come uno dei migliori tiratori in assoluto (a mio parere, secondo solo a Malik Monk di Kentucky). Il fatto che sia un mancino non può che aiutarlo, dato che, storicamente, difendere sui movimenti di un giocatore mancino è un lavoro più complesso (per via della loro minor diffusione). Ha dimostrato, inoltre, di saper tirare (e segnare) da qualsiasi posizione della metà campo offensiva, ed in qualsiasi situazione. Marcato o non marcato, non importa. Kennard, se può alzare la sua mano mancina, ti punisce sempre. In uscita dai blocchi, poi, può non solo scoccare il tiro con la rapidità di un Korver o di un JJ Redick, ma può anche mettere palla a terra sfruttando il vantaggio guadagnato sul difensore. In quelle situazioni, il suo elevatissimo QI cestistico lo ha sempre portato a prendere delle scelte efficaci, perdendo pochissimi palloni nell’arco della stagione.
Trattasi di un giocatore multidimensionale in attacco, per davvero. Oltre a tirare sa arrivare con efficacia al ferro, concludendo anche in situazioni di equilibrio precario (talvolta anche con la mano destra).
Data la sua più che buona visione di gioco e la carenza di giocatori nel ruolo di point-guard a Duke, coach K lo ha utilizzato a più riprese da playmaker; Kennard ha risposto con una gestione dei ritmi sorprendente e con un ball-handling degno di un playmaker di ruolo. Provando ad inquadrarlo, però, nell’ottica Nba, rimane una guardia tiratrice fatta e finita. Forse anche qualcosa in più di uno specialista nel tiro, data la solidità fisica di cui dispone e l’abilità nell’assorbire i contatti nel pitturato.

I suoi punti deboli, invece, sono figli della sua scarsa propensione difensiva. Ora come ora, Kennard non sembra possedere la fisicità e la rapidità necessaria per poter contenere l’uno contro uno degli esterni NBA. Ha dimostrato a più riprese di avere la mentalità e la voglia di scivolare (con una buona velocità di piedi) davanti all’avversario, ma si è visto battuto più per meriti altrui che per demeriti suoi. Questa carenza potrà essere limata in ottica NBA grazie ad un sistema difensivo che possa proteggerlo e grazie a dei compagni di squadra più predisposti individualmente a tenere l’uno contro uno.
Anche l’apertura alare non ha impressionato gli scout NBA e questo particolare potrebbe metterlo ulteriormente in difficoltà nel “pianeta degli pterodattili” in cui sta per approdare.

Kennard rimane comunque un giocatore dal bagaglio tecnico finissimo e dal talento indiscutibile. Per questa ragione, molte franchigie lo vedono come una scelta sicura, a basso rischio. Di sicuro, viste le sue qualità, il ragazzo di Middletown potrà incrementare il QI cestistico ed il potenziale offensivo della panchina di qualsiasi squadra decida di puntare su di lui.

Secondo le previsioni, i Detroit Pistons potrebbero chiamarlo con la loro scelta numero 12. Non sarebbe affatto una cattiva mossa, vista la carenza (o totale assenza) di tiratori nel proprio roster, ma anche Charlotte, alla #11, potrebbe farci più che un pensierino.

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Pubblicato da
Andrea Falcetti

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