Brandon Jennings, al primo anno in maglia New York Knicks, ha già le idee piuttosto chiare. Il playmaker 27enne, in particolare, vuole rimarcare il proprio attaccamento viscerale alla nuova maglia, anche a costo di lanciarsi in comportamenti “scomodi” e in dichiarazioni al limite.
GUERRA
Mercoledì 9 novembre. Rondae Hollis-Jefferson cade a terra nel corso del derby cittadino tra Knicks e Brooklyn Nets. Il rookie di NY Guillermo Hernangómez si avvicina per aiutare l’avversario a rialzarsi, quando Brandon Jennings interviene e gli impedisce di porgere la mano al “nemico”.
Jennings ha commentato così (dichiarazione rilasciata a News Day):
Non giochi per i Knicks? Per me non conti nulla. Quando sei nel pieno di quelle battaglie che sono le partite NBA e indossi la jersey dei Knicks, devi pensare solo al peso della maglia che porti. In NBA c’è troppo rispetto, quando servirebbe più cattiveria agonistica. Io non voglio aiutare i miei avversari e non mi aspetto che loro siano amichevoli nei miei confronti.
Gli ha fatto eco coach Jeff Hornacek:
Brandon è molto sanguigno e risoluto. Devi entrare in campo e metterci intensità, dare ascolto alle emozioni. Devi importi di fare tutto il possibile per vincere, compreso avere un’attitudine scomoda. Non giudico i comportamenti al limite dei miei giocatori, giudico la loro voglia di vincere. E Brandon ha tanta voglia di vincere.
E ha chiuso di nuovo Jennings, parlando di Hernangómez:
Guillermo ha un grande futuro, starà in questa lega per tanti anni. Sto cercando di insegnargli che più sei spietato con gli avversari, più rispetto avrai dai tuoi compagni.
La legge del più forte – e del più cattivo – ha infinite declinazioni anche in NBA.
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