Problematiche razziali, Doc Rivers: “Protestare è la cosa più “americana” da fare”

Non è nuovo che un’uomo di sport si interessi anche di ciò che avviene nella società che lo circonda. Non è nuovo, soprattutto, che il mondo NBA si interessi particolarmente al sociale, come già accaduto spesso in passato. Il problema della violenza in America è sempre più rilevante e molti atleti e uomini di sport si sono schierati in favore della protesta, come nel caso di James, Wade, Paul e Anthony.

 

DOC SI SCHIERA – Doc Rivers, coach dei Los Angeles Clippers, si sente personalmente coinvolto nella situazione in quanto figlio di poliziotto. Rivers non ha problemi a parlare senza mezze misure e a schierarsi a favore di una possibile “rivoluzione” del sistema.

“Ascoltate, abbiamo bisogno di un cambio sociale. Se qualcuno volesse negarlo, dovrebbe solo studiare la storia del nostro paese. L’avrò detto 100 volte, non c’è cosa più americana da fare, se non protestare. È la cosa più patriottica che possiamo fare. Ci sono proteste che appoggio e proteste che non mi vedono d’accordo, ma non è questo il punto. Le proteste vengono fatte per intavolare una discussione. Discussione che, si spera, porti alla comprensione che porta all’azione. Noi siamo qui, ancora a discutere. Spero che lo faremo da gruppo, perché se si protesta da gruppo solido si ha maggiore influenza e possibilità di essere ascoltati. Io supporto i nostri ragazzi che stanno protestando, lo dico a viso aperto e spero che tutti lo facciano perché credono in questi ideali e non perché è un argomento di tendenza su Instagram. Spero che nel vostro cuore crediate in ciò. E se ci credete chi sono io per dirvi di non protestare per ciò che ritenete giusto?”

Chiaro il riferimento alle proteste che stanno contrapponendo la comunità di colore americana alle forze dell’ordine. Una piaga che la società statunitense fatica a sanare.

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Pubblicato da
Claudio Chirurgi

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