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Kobe: “Se le cose non cambiano sono arrivato in fondo.”

I Lakers continuano a faticare (2-9 e secondo peggior record nella Western Conference) e, puntualissimo, Kobe torna a parlare dell’eventualità del proprio ritiro a fine stagione (nello show radiofonico di Mike Krzyzewski, coach di Duke):

“Se cambia qualcosa da qui in avanti tornerò a giocare nella prossima stagione. Se le cose non cambiano, invece, sono arrivato in fondo.”

 

Difficile capire a cosa si riferisca Kobe quando parla di cambiamento: se alla propria condizione fisica o se al livello di gioco della squadra; è probabile, in realtà, che la dichiarazione di Bryant sia rivolta a entrambe le cose. Quel che è certo è che la leggendaria carriera del Mamba, una delle guardie più dominanti della storia NBA (e vincitore di cinque Anelli), ha altissime probabilità di concludersi senza un ultimo viaggio in postseason. La corsa ai playoff dell’Ovest è complicatissima anche per le squadre più attrezzate e i Lakers della stagione 2015-2016, pur se più strutturati di quelli dell’annata appena trascorsa, al momento mancano di organizzazione di gioco, maturità e del talento necessario per raggiungere le alte sfere della Conference. Kobe sta giocando, effettivamente, come una stella ormai cadente e giunta alla fine del proprio percorso cestistico (33% dal campo e 23% da tre punti) e le prestazioni altalenanti messe in mostra da Julius Randle e D’Angelo Russell (considerati dalla quasi totalità degli addetti ai lavori il duo-cardine del futuro dei Lakers) non lasciano intravedere la possibilità di un miglioramento di squadra nel breve periodo. Anche veterani come Roy Hibbert, Metta World Peace e Brandon Bass si sono collocati al di sotto dei propri standard; ai Lakers, al momento, rimane di che gioire solo per le prestazioni di Jordan Clarkson, razzente play/guardia al secondo anno la cui compatibilità con D’Angelo Russell è però tutta da testare.

Kobe, quando si lascia andare a dichiarazioni come quella riportata sopra o come quelle uscite nelle ultime settimane, potrebbe semplicemente guardare a sé stesso. A un fisico ormai logoro e martoriato dagli infortuni e che non è più in grado di elevarsi ai pazzeschi standard richiesti al Mamba da sé medesimo e dall’audience NBA. Dato l’inizio di stagione, difficile che possa cambiare qualcosa nella tenuta atletica di Kobe (che è in dubbio anche per la prossima partita dei Lakers, quella contro i Raptors), ma i fans, non solo dei Lakers, non possono far altro che sperare di rivedere un Mamba velenoso e implacabile come un tempo. Vent’anni di NBA non sono pochi, ma di fronte a giocatori come Kobe non si può far altro che chinare il capo e sperare che non smettano mai di meravigliare il mondo.

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Elia Pasini

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