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Kyle Kuzma, sorpresa annunciata

Kyle Kuzma è, al momento, la steal of the draft 2017. Ma quanto davvero siamo stupiti di vederlo giocare così?

Nella notte del 15 novembre, quella in cui Joel Embiid si è travestito da divinità greca allo Staples Center, c’è stato un solo umano che ha avuto l’ardire di macchiarsi di Hybris, o quanto meno di provarci. L’atto di tracotanza nei confronti dell’eburnea divinità Sixers in maglia numero 21 è avvenuto, nella sorpresa generale, quando il cronometro segnava 1:10 dalla fine del terzo quarto. Philadelphia era avanti per 55-47 ed Embiid aveva già abbondantemente allungato le proprie mani su una partita che avrebbe chiuso con 46 punti, 15 rimbalzi, 7 assist ed altrettante stoppate. In questo contesto di tirannia cestistica, un giovane Prometeo dei parquet riceve l’apertura della mantide nera Brandon Ingram, si invola in contropiede sfruttando la fascia centrale del campo e si arresta a due tempi poco sotto la linea del tiro libero, eruttando in un gesto atletico insensato dinnanzi ad un Embiid in trance mistica. Il lungo camerunese cerca di impedire la schiacciata saltando con la maggior verticalità possibile ma il suo giovane avversario resta semplicemente in aria più a lungo di lui: la schiacciata si infrange sul secondo ferro ma il numero 21 ha commesso fallo. La reazione del centro africano è un sorriso a metà tra l’ironico e l’ammirato. Qualcuno, in quella notte di dominio, ha avuto la forza di dire no.

Quella giovane ed incosciente figura prometeica risponde al nome di Kyle Kuzma, ha 22 anni e ne ha viste decisamente troppe per lasciarsi impressionare da una singola serata di vessazioni cestistiche. La sua parabola non è così diversa da quella di tanti inquilini della lega professionistica più importante al mondo, ma Kyle ha una particolare differenza da tutti gli altri: quando la sua stagione da rookie è iniziata, lui era già il segreto peggio nascosto dell’intera NBA. In qualche modo, in tanti sapevano che avrebbe avuto grandi possibilità di esprimersi così: tutto ciò che Kyle ha dovuto fare è stato sfruttare le chance giuste per accorciare i tempi della propria esplosione.

 

River Side Story

Kyle Kuzma, figlio di Karri, nasce a Flint, Michigan il 24 luglio del 1995. La sua giovane madre era ancora una studentessa dotata di borsa di studio allo Hillsdale College, piccolo ateneo dedicato alle arti liberali, quando ha scoperto di essere incinta ed ha deciso di ritornare a Flint per cominciare un nuovo capitolo della sua esistenza come ragazza madre. Karri era un buon prospetto nel lancio del peso quando ancora studiava all’Otis Lakeville High School e disponeva, dunque, di una propensione per lo sport che deve aver trasmesso a suo figlio. Prima ancora che Kyle potesse camminare, Karri aveva già montato un canestrino Little Tikes, adibendo in casa un campo da pallacanestro in miniatura caratterizzato da una linea del tiro libero ricavato con una striscia di nastro adesivo. Questo è uno dei primo ricordi del giovane Kyle, che si trova a giocare a pallacanestro letteralmente da quando ha memoria. Chissà quante volte ci aveva provato, da bambino, a schiacciare poco oltre quella free-throw line di fortuna.

Mamma Karri ha fornito a Bleacher Report questo reperto del piccolo Kyle. (Credits to Bleacher Report)

Nel corso dei primi sedici anni di vita, Kyle e sua madre si sono trasferiti nove volte, adattandosi anche a vivere nel seminterrato della casa della madre di Karri, che nel frattempo non faceva altro che lavorare, arrivando anche a svolgere due lavori contemporaneamente pur di mantenere sé e suo figlio. Ecco un altro insegnamento che a Kyle tornerà buono: lavorare duro, sempre e comunque. Il lavoro è uno degli elementi da cui non puoi prescindere se sei un ragazzino di umili origini che tenta la scalata alla NBA a partire dalla Bentley High School, non di certo una powerhouse dei licei statunitensi. Un altro elemento è altrettanto indispensabile: la voglia di evadere da quel contesto per affermarsi.

“Non volevo tornare lì. Volevo esplorare il mondo ed esplorare la vita. Volevo vivere qualcosa in più, non restare confinato a Flint”

Queste le parole dello stesso Kyle a Bleacher Report all’interno di un pezzo nel quale vengono raccontate le sue origini.

Il desiderio di voler scappare, se vivi a Flint, potrebbe essere un elemento che coltivi a prescindere dall’ambito in cui desideri spiccare: la settima cittadina più popolata del Michigan, sita sull’omonimo fiume, è lo scenario in cui ha preso forma una delle più disastrose crisi idiriche nella storia degli Stati Uniti e, come se non bastasse, è sottoposta al controllo di numerose gang che scelgono tra i giovani del luogo le proprie nuove reclute. Al reclutamento delle gang, però, Kyle ha preferito quello universitario: sapeva che per arrivare in NBA doveva passare attraverso un college di valore di Division I, ma restando a Flint sarebbe stato molto difficile farlo. Quando, al termine di una più che positiva annata da junior, Kyle ha visto che sul suo tavolo c’erano due sole offerte universitarie (Oakland e Detroit), ha capito di dover accelerare il suo percorso di fuga dal Michigan mandando dei filmati a delle prep high school. L’uomo che più di tutti è stato rapito da quei filmati è stato Vin Sparacio, capo allenatore alla Rise Academy di Philadelphia che lo ha immediatamente chiamato ad unirsi ai suoi, costringendolo per la prima volta a separarsi da sua madre, al contempo triste, incredula ed orgogliosa.

Date uno sguardo al profilo Twitter di Vin Sparacio: noterete un certo suo orgoglio per aver allenato Kuzma.

Lo stesso Sparacio ci fornisce una fotografia già molto accurata del Kuzma che abbiamo già imparato a conoscere in NBA, un giocatore senza punti di forza così evidenti ma con degli istinti ed un forza di volontà davvero difficili da spiegare:

“Non era un gran difensore, un gran tiratore o un grande ball-handler. Ma si può dire avesse quel non-so-che di speciale che è difficile insegnare. Nei primi due mesi non è neanche andato così bene a questo livello”

Certo che non è andato così bene all’inizio: non aveva mai giocato ad un livello così alto. Poi, però, per sua fortuna è migliorato, ha chiuso la stagione a 22 punti di media ed ha ricevuto numerosissime offerte da college di Division I, complici anche i suoi duelli contro Kuran Iverson, ai tempi prospetto d’élite dello stato e cugino di secondo grado di quell’altro Iverson.

La scelta collegiale di Kyle ricade su Utah, forse a causa della tranquillità che circondava l’ambiente universitario, una tranquillità non sempre rintracciabile in altri atenei di livello superiore. Probabilmente a Kyle era ben chiaro quanto la strada per la NBA fosse ancora molto lunga. Appena arrivato a Utah, il suo obiettivo diventa quello di provare la scalata tra i pro, dopo aver conseguito la laurea. Da freshman Kuzma mette insieme appena 3.3 punti in 8.1 minuti di impiego, ma al secondo anno entra subito in quintetto totalizzando 10.8 e 5.7 rimbalzi di media. Dopo una stagione da junior nella quale consegue la laurea in sociologia e viaggia con una simil doppia-doppia da 16.8 e 9.3 rimbalzi di media, per il figlio di Karri arriva il momento di dichiararsi al draft NBA.

Le debolezze di Kuzma secondo Draft Express: intensità difensiva, capacità di effettuare delle scelte e solidità nel tiro da tre punti. Non un bellissimo biglietto da visita.

Prima della notte del draft è stato spesso inserito in diversi mock come scelta da secondo round, per colpa di quella percentuale da tre punti che al college non ha mai neanche sfiorato il 33%. Nelle combine, però, Kyle impressiona e vede il suo nome ascendere nelle discussioni fino a risultare la probabile ventottesima scelta secondo Draft Express ed addirittura una possibile ventiquattresima scelta nelle previsioni di DraftNet. Sono i Lakers, che avevano appena ricevuto la 27esima scelta da Brooklyn all’interno dello scambio-Russell, a chiamare il suo nome proprio con la pick appena ottenuta. Il sogno di Kyle si è avverato, con buona pace di mamma Karri, grande appassionata dell’East Coast Basketball e, di conseguenza, non così innamorata dei giallo-viola.

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