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New York Knicks Preview: la speranza nella magia dell’Unicorno

Dove eravamo rimasti?

Terminata la scorsa stagione, quella dei New York Knicks si prospettava come l’off-season peggiore della Lega; tutti i personaggi chiave scontenti, ognuno con le proprie scorie dall’ennesima stagione fallimentare.

La pietra angolare della franchigia è oramai Kristaps Porzingis, uno dei giocatori candidati al ruolo di All-Star per la prossima decade NBA. Questo nonostante alcune voci che si sono rincorse durante l’estate, che sono seguite al suo mancato appuntamento al meeting di saluto di fine stagione, causa la confusione interna e il ruolo non delineato per lui e i componenti principali della squadra da parte di un front office che ancora fatica a definire una direzione chiara per i Knicks, fra il provare a vincere subito o gettare le basi per successi futuri, col risultato di vivere stagioni perdenti nel presente e non fare abbastanza per evitarne in futuro.

(Credits to Scoopnest.com)

Al suo fianco, il giocatore fino all’altro ieri più rappresentativo della franchigia, Carmelo Anthony, un All-Star conclamato della Lega, ha passato mesi in rotta con l’ambiente newyorkese, tanto da mettere in discussione la no-trade clause che sembrava intoccabile; per Melo, che sognava di essere profeta in patria, il trascorrere degli anni non ha portato a passi in avanti sportivi ma a farne indietro, con la terza stagione consecutiva con almeno 50 sconfitte e il suo prime cestistico a 33 anni d’età ormai scollinato a consigliargli di cambiare aria il prima possibile. Un quadretto però non del tutto appetito sul mercato, con la conseguente difficoltà per entrambi di voltare pagina o di riappacificarsi totalmente, ma trascinatosi con una tregua solo di facciata costringendo entrambe le parti in causa ad un immobilismo sbloccato solo il giorno prima dell’inizio del training camp con l’approdo ad Oklahoma City.

Il presidente Phil Jackson, blindato da un contratto della durata di altre due stagioni e da un alone di fama dato dalle tante vittorie ottenute nel tempo (però in tutt’altro ruolo, cosa che fa tutta la differenza del mondo), si è comportato nei confronti dei due come un vegano a cui viene chiesto di decidere se mangiare una bistecca o degli insaccati. Come soluzione al dualismo, ha cercato di sbarazzarsi di entrambi. Nel frattempo, è stato possibile dichiarare il fallimento dell’operazione di mercato più altisonante, dal punto di vista di cifre e clamore mediatico, conclusa dallo Zen Master dal suo insediamento: il tentativo di riportare Derrick Rose e Joackim Noah ai fasti che furono a Chicago è naufragato. Nel primo caso è terminato con la fine del contratto del più produttivo Derrick, i cui ragguardevoli 18 punti a gara non sono comunque sufficienti per compensare un allontanamento sempre più evidente dalla direzione del gioco attuale coi suoi problemi al tiro da fuori (con un deplorevole 21,7% dalla linea dai 3 punti nella scorsa stagione) e le gambe che girano la metà dei tempi d’oro, sommati agli svariati colpi di testa; nel secondo caso è addirittura rimasto sul groppone un contrattone del valore di altri 18 milioni di dollari per tre stagioni, per un giocatore che causa infortuni ha giocato solo 154 partite su 258 in tre anni (46 in maglia Knicks).

(Credits to www.sbnation.com)

Il coach Jeff Hornacek, specialista di attacchi in fast pace, è restato sulla panchina dopo il periodo trascorso con l’eterna ombra dell’ex coach Phil, ad imporre a lui e al team la Triangle Offense che tante soddisfazioni ha portato alla Chicago di Michael Jordan e ai Lakers, ma che non si adattava al roster Knicks né era abbracciata con convinzione dallo staff tecnico. Il proprietario James Dolan stesso, causa l’intera gestione poco assennata di tutte queste situazioni, è da tempo sotto dura contestazione dell’ambiente, con la poco lusinghiera punta di diamante dell’alterco con il beniamino del Madison Charles Oakley, col quale le storie tese continuano, vedendo una nuova puntata nella denuncia dell’ex lungo susseguente alla cacciata dal palazzetto dell’8 febbraio scorso e il successivo divieto d’ingresso alle gare casalinghe per comportamento ritenuto non consono nei confronti dello staff del team.

Credits to www.sportsworldnews.com

In un quadretto del genere, visto che far peggio era impossibile, almeno è arrivato il primo segnale: successivamente ai saluti di Phil Jackson, la promozione dell’esperto Scott Mills da suo vice a presidente in carica e il suo conseguente ingaggio di Scott Perry, vicepresidente degli ultimi grandi Detroit Pistons e vice GM dei Sonics (che scelsero al draft tale Kevin Durant) come nuovo General Manager. Di certo, la tempistica non è stata granché, visto il draft superato da 8 giorni gestito da Phil Jackson, ormai appartenente al passato, e la free agency distante soli 3 giorni; tuttavia, per Mills e Perry, una volta focalizzati gli assets a disposizione e stabilita una linea da seguire a breve, medio e lungo termine, è quasi impossibile riuscire a far peggio.

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