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Atlanta Hawks

Il Pagellone del Mercato NBA (posizioni 24-19)

Torna il pagellone dedicato al Mercato NBA, dove la redazione di NbaReligion si rallegra che anche gli Spurs sono mortali.

Continua la scalata all’Olimpo della free-agency NBA 2017; e dopo gravi insufficienze, cominciano ad affiorare quei primi “6-” che nei banchi di scuola già riuscivano a strapparci un sorriso… forse nel campionato di basket più competitivo dell’orbe terracqueo un po’ meno.

 

24 • SAN ANTONIO SPURS, Voto: 5,1

di Michele Pelacci

 

La prima estate insufficiente da… quando? Un secolo? Almeno così pare. Stavolta, tuttavia, SA è ben sotto la quota salvezza. Uhm, a meno che…

Come già scritto qui, sarà molto difficile che San Antonio riesca a mettere sul piatto qualcosa di interessante per arrivare a Kyrie -> San Antonio non arriverà a Kyrie -> il voto all’estate degli Spurs rimarrà insufficiente. L’unica cosa positiva dell’estate nero-argento è stata la bontà di Pau Gasol, che ha declinato un’opzione da 16,2 milioni di dollari sostanzialmente perché un gigante spagnolo molto dolce. Questo ha permesso agli Spurs di:

-Firmare Rudy Gay dopo che si è rotto tutto e più volte.

-Firmare Brandon Paul. Ok.

-Firmare Emanuel David Ginobili per la trecentesima stagione nel sud del Texas.

-Firmare Joffrey freakin’ Lauvergne.

-(Ri)firmare Patty Mills, ottimo. Il quinto/sesto giocatore di una squadra da titolo prende una dozzina di milioni l’anno al giorno d’oggi *emoji dei soldi che volano*

-(Ri)firmare Pau Gasol in un triennale a cifre oscure.

Cosa si può dedurre dall’estate degli Spurs:

-Pau Gasol ha un pessimo commercialista.

-Il divario con gli Warriors è aumentato.

Gli Spurs erano avanti 0-1 sul campo di GS se non fosse successo quello che è successo. Battere quelli sulla Baia e uscire dal Vecchio Complicato Ovest dovrebbe essere l’obiettivo #1 degli Spurs. Invece Parker ha un anno (e un infortunio pesante) in più e – allargando il discorso – SA sembra davvero un decrepito zombie ambulante. Poi c’è Leonard, e Pop, e Spursello, quindi una cinquantina abbondante di partite le vinceranno anche quest’anno, ma uno scontro coi potenziati Rockets o con i vigorosissimi Thunder potrebbe rivelare brutte sorprese ai nero-argento.

Non è stato possibile nemmeno confermare Dewayne Dedmon, una delle scoperte felici nell’ultima stagione. La chiave potrebbe essere una crescita sopra le righe di Kyle Anderson, o un’esplosione inaspettata di Bertans, Dejounte Murray o un impatto immediato dal junior da Colorado Derrick White. (Cosa che deve finire e che rende gli Spurs più anchilosanti di quanto loro stessi vorrebbero: Oh con che classe hanno pescato gli Spurs! Ventotto squadre hanno scelto prima di loro, se White era così forte perché nessuno l’ha preso prima? Ogni singolo anno così. Finiamola.)

Jonathon Simmons ha scelto i soldi di Orlando, mentre LaMarcus Aldridge e il suo contratto-mammut non sono ancora stati mossi. La questione relativa all’ex di Portland è particolarmente intricata. Non si è inserito a meraviglia negli ingranaggi di Popovich, che vorrebbe fargli giocare gran parte dei minuti come unico lungo, ma lui preferisce il post alto e difendere con la mollezza di un panda. Il suo contratto prevede 21,4 milioni quest’anno e 22,3 per il 2018-2019. Su quest’ultimo anno LMA ha l’opzione: a meno di mosse paugasoliane, dovrebbe esercitarla. Come potrebbero fare Danny Green e Rudy Gay (rispettivamente per 10 e 8,8 milioni). Parker invece scade: verrà rinnovato al 99%, a cifre il più basso possibile.

NBA basketball nba dunk spurs GIF

#KawinterIsComing

Se il due volte executive of the year R.C. Buford riuscisse a muovere Aldridge e a portare sotto l’Alamo Kyrie Irving, parleremmo di San Antonio in tutt’altri termini. Forse i medici di Spursello sanno qualcosa che noi non sappiamo su Gay, forse è tutto un trucco, forse questi qua ne vincono 66 quest’anno trascinati da Kawhi prima dell’addio di Pop, forse ci siamo cascati ancora. Maledetti Spurs.

+++Aggiornamento+++

La parte spursiana  è stata conclusa verso le 23 di lunedì 24 Luglio. Pochi minuti dopo aver spento il computer, una notizia clamorosa sconvolge la redazione di NbaReligion: PAU GASOL 48 MILIONI. Si deve aggiungere questo pedice, abbassare il voto per scelta unanime e passare un fazzoletto a Scarpelli. Col cuore Nic, compagno di mille battaglie. Appeso alla bottiglia da allora.

 

23 • MEMPHIS GRIZZLIES, Voto: 5,1

di Alberto Mapelli

 

Probabilmente è la squadra che avete sentito nominare meno volte in questa offseason eppure si trova nei bassifondi del nostro personale pagellone, perché? Semplicemente perché a Memphis sta finendo un’era ma non ci si vuole arrendere all’evidenza e allora si rischia di galleggiare nella mediocrità: troppo forti per perdere, troppo deboli per vincere. La condizione peggiore possibile nella NBA.

L’estate cestistica vissuta nella città di Elvis Presley è stata caratterizzata dalla partenza di numerose colonne di quel Grit&Grind, marchio di fabbrica della squadra del Tennessee negli ultimi anni.  Vince Carter e Zach Randolph, veterani di razza ma ancora capaci di portare il loro prezioso contributo dalla panchina, si sono accasati a Sacramento mentre Tony Allen, leader della difesa sul perimetro, non ha ancora sciolto le proprie riserve e potrebbe rimanere nella franchigia in cui è diventato simbolo dei tifosi solamente con un contratto al minimo per i veterani. Tutto dipenderà dalla sua volontà. Se deciderà di andare a competere per qualcosa di più lascerà la maglia numero 9 libera per qualcun altro.

<3

I problemi per i Grizzlies di rinnovare i propri senatori nascono da un salary cap già ben oltre il massimo (103$ di dollari, 4 milioni oltre il consentito) a causa dei super-contratti garantiti a Conley, Gasol e Parsons. I 3 giocatori occupano oltre il 71% del budget impegnato dalla dirigenza nel roster ma, mentre i primi due rappresentano lo scoglio a cui aggrapparsi per resistere alla marea crescente delle squadre competitive ad Ovest, Parsons rappresenta un peso insostenibile per le finanze del club in confronto all’apporto dato sul parquet. Per dare il via al totale rebuilding del roster servirebbe una mossa coraggiosa, ovvero rinunciare a quel Marc Gasol già arrivato a quota 32 anni ora che rappresenta ancora un pezzo potenzialmente ambito sul mercato. Lo spagnolo, tra le altre cose, possiede ottime qualità come facilitatore nella gestione del possesso offensivo, risorsa molto preziosa nell’NBA odierna.

GIF muta

I movimenti di mercato riguardanti i Memphis Grizzlies sono quindi di contorno e non sembrano rappresentare un incremento delle potenzialità della franchigia, salvo clamorosi exploit. I nomi più “importanti” arrivati dalla free agency 2017 sono infatti Ben McLemore, guardia reduce da anni deludentissimi a Sacramento e che ha ottenuto un biennale a 10 milioni complessivi, Tyreke Evans, ormai girovago senza fissa dimora nella Lega da anni che ha ottenuto 3 milioni di dollari $ e spicci per la prossima stagione e Mario Chalmers, altro veterano con un annuale parzialmente garantito. I Grizzlies non si sono potuti affidare nemmeno ad una scelta ad uno dei draft più pieni di talento degli ultimi anni, dato che non possedevano scelte né al primo né al secondo giro. Sono riusciti a mettere le mani sui Ivan Rabb, power forward in uscita da California, draftato alla #35 da Orlando e ceduto senza colpo ferire in cambio di una scelta al secondo giro per il prossimo anno. Difficile immaginare un impatto clamoroso ma potrebbe diventare nel tempo un solido giocatore di rotazione.

Il futuro a Memphis è tutt’altro che roseo ma la dirigenza continua a resistere alla tentazione di quantomeno esplorare il mercato per tastare con mano il valore dei propri asset più preziosi. Non premere il tasto del rebuilding troppo a lungo potrebbe significare anni di oblio dalle zone nobili della Western Conference e, soprattutto, numerose presenze nelle basse sfere dei pagelloni di Nbareligion.com per i prossimi anni.

 

22 • DETROIT PISTONS, Voto: 5,5

di Jacopo Gramegna

 

Difficile per i Pistons raggiungere la sufficienza in questa bollente estate di mercato. Vincolata dalle pessime scelte contrattuali effettuate negli scorsi anni, la franchigia del Michigan non ha effettuato un mercato disastroso, ma non è neanche lontanamente riuscita né ad imbastire una squadra capace di dar sicurezze sulle possibilità di disputare i playoff, né a sbloccare la complessa situazione salariale nella quale si è auto-imbottigliata elargendo contratti piuttosto ricchi ad onesti mestieranti.

L’estate di Detroit si è aperta con la scelta numero 12 del Draft 2017, ricaduta su Luke Kennard, guardia da Duke che sembra poter essere un ottimo fit per i Pistons: la squadra di coach Stan Van Gundy aveva assoluta necessità di portare a casa un giocatore che portasse tiro da tre punti e intelligenza cestistica, due qualità fondamentali per una squadra che si è piazzata ventottesima per percentuale da tre punti (33%) e che dovrebbe riconoscere in Reggie Jackson e Andre Drummond le proprie star. Nel secondo anno da Blue Devil, Kennard si è mostrato un tiratore molto affidabile sia sugli scarichi che dal palleggio (43.8% da oltre l’arco) e ha spesso giocato minuti di qualità da portatore secondario di palla, mostrando una capacità di lettura delle situazioni di gioco piuttosto avanzata.

La chiara consapevolezza di essere la miglior mossa in off-season dei Pistons.

A far seguito all’arrivo di Kennard è arrivata una trade piuttosto importante: Avery Bradley è sbarcato in Michigan in cambio di Marcus Morris. Se considerato su base stagionale, l’acquisto di Bradley potrebbe essere definito come eccellente: porta solidità sui due lati del campo, migliora le spaziature, garantisce leadership ed è il miglior difensore perimetrale in rosa; insomma, un bel colpo per una squadra discontinua ed umorale.

Se messa in prospettiva, invece, la mossa potrebbe portare ad un vicolo cieco. Detroit ha scarsissime possibilità di rinnovare Bradley, essendo già sopra il cap. Dunque, per un solo anno di Bradley i Pistons rischiano di aver rinunciato a due anni di contratto di Morris -attualmente titolare di uno dei migliori contratti in rapporto qualità/prezzo della lega- e alla possibilità di rinnovare Kentavious Caldwell-Pope. Da Sacramento, via free-agency, sono poi  giunti al Palace of Auburn Hills Langston Galloway e il cavallo di ritorno Anthony Tolliver. Se elargire 21 milioni di dollari in tre anni al primo sembra la classica mossa da Detroit, che affolla ulteriormente il cap con un contratto neanche altissimo ma del quale non si sentiva la necessità, l’annuale da 3.3 milioni firmato da Tolliver può risultare piuttosto positivo: un 4 esperto capace di aprire il campo entrando dalla panchina (39% da tre lo scorso anno) potrebbe essere abbastanza utile nel sistema di Van Gundy, soprattutto ora che Morris è finito nel Massachusetts. A chiudere il mercato sono arrivati i poco dolorosi addii di Hillard, Udrih e soprattutto Baynes, che ha declinato una player option da 6.5 milioni per accasarsi a Boston con un annuale da 4.3 milioni.

Detroit avrà modo di giocarsi le proprie chances di disputare i playoff in una Eastern Conference povera di talento, senza però dare molte garanzie sulla possibilità di arrivarci. La squadra è ampiamente sopra il Cap e ha zero possibilità di competere non solo per il titolo, ma anche per un piazzamento che garantisca il vantaggio del fattore campo in off-season: un’altra estate senza vere svolte è trascorsa nel Michigan, un’altra stagione senza una chiara direzione potrebbe attendere la squadra di coach Van Gundy.

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