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Preview NBA Finals: Golden State Warriors – Cleveland Cavaliers, atto III

L’analisi tattica

di Federico Ameli

In vista dello scontro finale alle NBA Finals 2017 con i campioni della Western Conference, i Cleveland Cavaliers hanno optato per un deciso restyling della panchina, che fino a pochi mesi fa, soprattutto nel confronto con gli uomini a disposizione di coach Steve Kerr, costituiva una dei pochi nei di una squadra quasi perfetta. Il Re, che due anni fa aveva combattuto Steph Curry e compagni a suon di isolamenti (che comunque i Cavs, data la pericolosità degli esterni a disposizione, continuano a giocare nel 15,2% dei casi ricavandone mediamente 1,16 punti per possesso), ora ha finalmente una corte di tutto rispetto: arrivati a Cleveland su sua esplicita richiesta, Deron Williams, Kyle Korver e Derrick Williams (ai quali si sarebbe aggiunto anche l’ex di turno Andrew Bogut, il cui tradimento ai suoi vecchi compagni di squadra è stato però prontamente punito dagli Dèi del Basket con la frattura della tibia sinistra) rappresentano gli innesti ideali per una squadra che punta dritta al secondo titolo consecutivo.

Alla luce degli addii dei vari Barbosa, Speights ed Ezeli, la qualità delle seconde linee dei Cavs sembra essere superiore a quella degli Warriors, ma se si passa ad analizzare il successivo impiego dello spazio salariale lasciato libero dai loro contratti la situazione rischia di cambiare radicalmente. Dopo la bruciante rimonta subita per mano dei Cavs, il front office di Golden State non è certo rimasto a guardare: rispetto a 365 giorni fa, i Golden State Warriors si presentano ai blocchi di partenza di queste Finals 2017 con un Harrison Barnes e diversi panchinari in meno, ma, e non è poco, con un Kevin Durant in più.

L’ex Thunder è l’uomo in grado di far saltare il banco di questa terza sfida consecutiva tra le due franchigie ed ha dimostrato di essersi integrato alla perfezione negli schemi di coach Kerr: se non è una novità che il suo arco disponga di una varietà di frecce che in pochi possono vantare, la dedizione per certi versi inaspettata con cui l’ex beniamino di Oklahoma City si è liberato dei panni della superstar assoluta per vestire quelli di uomo squadra è alla base dei frutti fin qui raccolti anche nella metà campo difensiva. Tuttavia, in occasione delle tregue fin qui concesse dagli Splash Brothers alle retine, KD non si è lasciato cogliere impreparato ed ha saputo trascinare la squadra alla vittoria come ai bei tempi di Oklahoma City. Reperire sul mercato un giocatore in grado di passare dallo status di go-to-guy a quello di giocatore al servizio della squadra e viceversa è il più grande upgrade che gli Warriors potessero fare in vista della rivincita delle scorse NBA Finals. Analizzando i due precedenti con i Cavs andati in scena nella scorsa regular season, si nota come Durant abbia fatto registrare 28,5 punti di media, tirando con un ottimo 51,3% dal campo. Certo, è probabile che i Cavs affrontino questi Playoff con ben altro piglio, tuttavia è innegabile che la presenza di Durant in quintetto complichi notevolmente i piani di coach Lue.

Se nelle scorse Finals LeBron e soci si sono potuti permettere il lusso di lasciare libero Harrison Barnes (scelta che, alla luce del 35,2% dal campo fatto registrare da quest’ultimo, ha dato i suoi frutti) per concentrare gli sforzi difensivi sugli altri quattro giocatori, è impensabile che i Cavs possano battezzare con tanta leggerezza un tiratore mortifero come Durant.

Una Gif a caso

Con tutta probabilità, ad occuparsi della marcatura del numero 35 degli Warriors sarà proprio LeBron James, il pericolo numero uno in casa Golden State. Giunto alla sua ottava partecipazione alle Finals (facendo un rapido confronto con il palmares delle trenta franchigie, solo Lakers, Celtics, Warriors e 76ers possono vantare più apparizioni in finale) e alla settima consecutiva, nel corso di questi Playoff The Chosen One ha dimostrato ancora una volta di non avere rivali nella Eastern Conference, spazzando via chiunque tentasse di ostacolarlo lungo la via delle Finals: i 32,5 punti di media fatti registrare fin qui, frutto di un eccellente 56,6% dal campo e di un 42,1% dall’arco (attualmente la percentuale più alta ai Playoff dal nativo di Akron) rappresentano, stagione 2008/2009 esclusa, il suo massimo in carriera ai Playoff, a dimostrazione che il Re vuole aggiungere ad ogni costo il quarto titolo alla sua bacheca nel tentativo di raggiungere Michael Jordan.

Pochi giorni ha superato proprio His Airness come miglior marcatore della storia dei Playoff, ennesimo record conquistato da un giocatore che, al di là delle polemiche, sta riscrivendo la storia dello sport contemporaneo. Come fare per fermare il numero 23 dei Cavs? Steve Kerr dovrà necessariamente trovare la risposta a questo interrogativo se vuole conquistare il settimo anello della sua carriera. Considerando la forma smagliante mostrata recentemente dal nativo di Akron, è difficile pensare che gli Warriors riescono ad estraniarlo del tutto dal gioco: a fare davvero paura non è infatti il LeBron realizzatore, bensì quello in grado di fare la differenza in difesa e di mettere in ritmo i compagni. Sebbene nei precedenti incontri Durant si sia ben disimpegnato in marcatura su LeBron, è probabile che l’asticella delle prestazioni di James salga ad un livello tale da non poter essere gestito dal solo KD, che in alcune circostanze dovrà necessariamente fare affidamento sul duo Igoudala-Green per tentare di gestire l’unico giocatore in grado di arrivare quattro volte alle Finals con due squadre diverse.

Bisognerà però prestare molta attenzione a Kevin Love: essendo l’unico a poterne seguire i movimenti dentro e fuori il pitturato, Draymond Green dovrà necessariamente occuparsi dell’ex Timberwolves quando quest’ultimo sarà in campo insieme al suo Re, lasciando dunque l’avversario più pericoloso ad uno tra Durant e Iguodala.

LeBron a parte, non è certo tutto rose e fiori in quel di Cleveland. Le amnesie difensive mostrate in qualche occasione di troppo rischiano di essere pagate a caro prezzo contro il secondo miglior attacco dei Playoff (115,8 punti ogni 100 possessi), che può vantare cecchini in grado di punire le difese avversarie alla minima esitazione. Inoltre, affinché le cose vadano come si augurano in Ohio, Kevin Love dovrà sfornare prestazioni difensive di altissimo livello, dovendosela vedere, tranne forse nei minuti in cui giocherà da cinque, con uno degli uomini chiave degli Warriors, Draymond Green.

Il poliedrico giocatore di Golden State è infatti quello con il miglior Defensive Rating dell’intera NBA (94,3, prendendo in considerazione solo i giocatori con un utilizzo medio pari o superiore a venti minuti) e allo stesso tempo il suo è il primo nome che compare alla voce “Assist Ratio”, il che testimonia la sua importanza in entrambe le metà campo, nelle quali Cleveland dovrà cercare di limitarne l’efficacia ad ogni costo.

In casa Golden State, oltre a poter contare su uno dei migliori attacchi della lega, possono fare affidamento anche alla migliore difesa ammirata in questa post-season, che vanta un notevole 99,1 di efficienza difensiva. È merito dell’ottimo lavoro fatto nella propria metà campo se gli Warriors sono anche i leader della lega per palle rubate a partita (9,2), grazie alle quali sono in grado di scavare parziali nella maggior parte dei casi incolmabili per i malcapitati avversari. Se è vero che la gestione del pallone da parte dei Cavs è affidata a interpreti del calibro di Irving, James e Deron Williams, d’altra parte coach Lue dovrà cercare di limitare il più possibile le possibilità di errore dei suoi, che fin qui hanno perso mediamente 12,9 palloni a partita. La transizione degli Warriors è probabilmente l’arma più potente nelle mani di Curry e compagni, ma per dovere di cronaca non si può non sottolineare come il contropiede giocato sull’asse Irving-LeBron sia devastante: non è certo un caso che i Cavs, che strappano 7,5 palloni a partita dalle mani degli avversari, generino mediamente 1,20 punti da questa situazione di gioco.

Oltre alla già citata e problematica marcatura su LeBron, Steve Kerr dovrà occuparsi anche di un’altra questione che, per sua fortuna, è passata finora in secondo piano grazie alle strepitose prove corali degli Warriors, ma che rischia di condizionare negativamente l’andamento di queste Finals. Stiamo parlando di Klay Thompson e della sua post-season fin qui davvero sottotono.

14,4 punti con il 38,3% dal campo, che scende al 36,4% dalla linea dei tre punti. Confrontando questi numeri con le cifre dell’anno scorso, si nota come nei passati playoff il minore degli Splash Brothers collezionasse 24,3 punti ad allacciata di scarpe, frutto di 9,6 triple tentate a partita e realizzate con il 42,4%, a fronte delle 5,5 fatte registrare quest’anno. È evidente come ad essere calate non sono soltanto le percentuali, ma anche le conclusioni tentate, frutto dell’ottimo lavoro svolto in particolare da Danny Green e Joe Ingles, che hanno avuto il compito di gestire il nativo di Los Angeles nelle rispettive serie. Ad ogni modo, Klay non ha fatto mancare il consueto apporto nella propria metà campo, come testimoniato dai 97,5 punti concessi dagli Warriors su 100 possessi con Thompson in campo, mentre in attacco non è stato libero di esprimersi al meglio, braccato com’era dai difensori perimetrali avversari.

Klay Thompson

Credits: Jesse Johnson-USA TODAY Sports

Dati alla mano, le due compagini faranno grande affidamento sulle proprie doti balistiche, in linea con la tendenza che sta spopolando in questa era cestistica: con 33,6 triple tentate a partita e realizzate con il 43,5%, Cleveland precede di un soffio Golden State, quinta nella graduatoria dei tiri tentati dalla lunga distanza con 31,1 triple convertite con il 38,9%. Potendo contare su degli specialisti del settore in uscita dalla panchina (Kyle Korver vi dice qualcosa?) e su un LeBron che, tra le altre cose, sembra aver preso una discreta confidenza con il tiro pesante (42,1%, suo massimo in carriera ai Playoff), Cleveland tira di più e meglio dall’arco rispetto alla concorrenza, tanto che il 37,5% dei punti fin qui realizzati dalla truppa di Tyronn Lue è frutto delle tante conclusioni da tre punti prese dai Cavs. Attenzione però agli Warriors, che possono pur sempre su un più che discreto tiratore come Green, un cecchino del calibro di Durant, e due guardie che non a caso nell’ambiente sono noti come Splash Brothers, il maggiore dei quali stavolta non sarà limitato dai problemi fisici che ne hanno condizionato il rendimento negli scorsi Playoff.

Volendo azzardare dei pronostici sulla chiave tattica che deciderà le sorti della serie, ci sentiamo di suggerire che l’atteggiamento adottato dai Cavaliers a rimbalzo offensivo potrebbe fare la differenza soprattutto in queste NBA Finals: coach Lue potrebbe decidere di limitare le mortifere transizioni di Curry e soci optando per un tempestivo rientro nella propria metà campo o, in alternativa, rischiare di subire il contropiede avversario esercitando pressione a rimbalzo offensivo nel tentativo di creare ulteriori opportunità per segnare. In questo caso, i riflettori sarebbero inevitabilmente puntati su Tristan Thompson, rimbalzista di professione che potrebbe fare la voce contro un eventuale quintetto piccolo degli avversari, impedendo loro di volare in contropiede e allo stesso tempo offrendo una seconda chance ai suoi compagni di squadra.

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