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Vocabolario NBA: Cosa significa Steal of the Draft?

Cos’è uno Steal of the Draft? E un bust? Perché scelsero Samaki Walker prima di Kobe Bryant? La puntata più controversa e meno tecnica di Vocabolario NBA.

Steal of the Draft significa letteralmente “furto del Draft”. Un atleta può essere definito Steal of the Draft quando viene acquisito con una chiamata molto alta e in seguito si rivela un giocatore di valore molto maggiore rispetto alle aspettative o nei confronti dei colleghi scelti prima di lui. Con “scelta alta al Draft” si intende generalmente un giocatore selezionato dopo la metà del primo giro. Il concetto è comunque relativo. Lo status di Steal of the Draft dipende dal successo del giocatore, dal talento disponibile al Draft di quell’anno e dalla crescita di chi viene scelto prima di quel giocatore.

La rubrica Vocabolario NBA di NbaReligion.com torna a parlare di Draft, questa volta in modo leggero e poco tecnico. Se pensate che “draft” abbia a che fare solo con la birra o sia un modello della Chrysler, allora è il caso di andare a rileggere vecchi appuntamenti di #VocabolarioNBA, quelli un po’ più tecnici. Si comincia dal significato della parola Draft, si continua con il mapazzone in due parti sulla Draft Lottery (parte 1 e parte 2). E se proprio siete in vena di meccanismi NBA, c’è pure lo spiegone sull’expansion draft.

CONCETTO RELATIVO – Un buon giocatore scelto alla 20esima chiamata di un Draft molto scarso, potrebbe avere maggiore legittimazione al titolo di Steal of the Draft rispetto a un atleta di pari valore, ma chiamato in un Draft particolarmente talentuoso. Si tratta di una definizione opinabile, perché non si basa su alcuna misurazione scientifica e la valutazione dovrebbe arrivare alla fine della carriera di un atleta.

QUESTIONE DI SCELTE – I General Manager delle franchigie NBA si trovano a scegliere gli atleti fra tutti quelli dichiaratisi al Draft: hanno in mano i report degli scout, non una sfera di cristallo. I Toronto Raptors sbagliarono a chiamare Andrea Bargnani con la #1 nel 2006? Erano disponibili, per restare nel reparto “lunghi”, LaMarcus Aldridge (#2) e Paul Millsap (#47). Dopo 10 anni, Bargnani è tornato in Europa in seguito ad alcune stagioni deludenti, mentre Aldridge e Millsap sono fra i primi 10 lunghi della NBA. Non bisogna però dimenticare le ottime annate del buon Mago Bargnani ai Raptors, una squadra che soffriva ancora per l’addio di Vince Carter.

Andrea Bargnani

Ok difendere Andrea Bargnani, ma ci sono stati anche momenti grigi. Neri. Credits to: www.raptorscage.ca

FATTORE “C” – Il confronto fra Bargnani, Aldridge e Millsap ci riporta al caro, vecchio fattore “C” (no, non sta per “castagna”, e neppure per “Caron Butler“). Lo staff degli Utah Jazz era particolarmente illuminato, per scegliere Millsap alla #47? Forse non così tanto, visto che impiegarono la chiamata #14 per Ronnie Brewer. E i Raptors furono meno lungimiranti dei Chicago Bulls? I Tori chiamarono Aldridge alla #2, ma lo scambiarono con la #4 dei Portland Trail Blazers, Tyus Thomas (che la scorsa stagione si è districato fra D-League, due partite ai Grizzlies e 3.6 punti di media in 15 partite in Germania). E i manager dei Trail Blazers, che sempre nel 2006 presero Brandon Roy alla #6 e nel 2007 Greg Oden alla #1? Possiamo biasimarli? Non potevano sapere che dietro all’immenso talento di questi due giocatori, si nascondevano problemi fisici così gravi. Ecco, dietro ai vari Steal of the Draft, spesso, c’è una buona dose di fattore “C”. E ogni Draft ha la sua stella rubata.

“BUST” – Il concetto speculare a quello di Steal of the Draft è quello di bust, ovvero un fallimento, un bidone. Si tratta di giocatori onorati dalle primissime scelte, ma che non ripagano la fiducia. Anche qui, i motivi possono essere vari. Attribuibili all’atleta o al GM, in base alle simpatie. Bargnani fu un bust? Ha avuto molti infortuni, non ha ripagato tutte le attese riposte in una prima scelta, ma ha avuto medie più che discrete e un rendimento decente per molte stagioni. Oden e Roy furono dei bust, solo a causa degli infortuni? Oden lo ha detto, di sé stesso. Darko Milicic chiamato alla #2 nel 2003, davanti a Carmelo Anthony, Chris Bosh e Dwyane Wade, fu un bust? Ecco… Forse questo è un esempio molto più calzante.

LaMarcus Aldridge, Greg Oden e Brandon Roy. Portland Trail Blazers.

LaMarcus Aldridge, Greg Oden e Brandon Roy: ne rimarrà soltanto uno. Quanto talento che non potremo mai gustare in una sola foto? Photo by Kent Smith/NBAE via Getty Images.

ESEMPI – I San Antonio Spurs sono i dominatori degli ultimi 15 anni di NBA anche grazie ai giocatori veramente rubati alle altre franchigie (che se li sono lasciati scappare, in realtà). Nel 1999 i texani chiamano Emanuel Ginobili alla #57. Due anni dopo, Tony Parker alla #28. Nel 2011 arriva Kawhi Leonard alla #15: si può definire steal? Per quello che Leonard è oggi per la NBA, quasi sicuramente sì. Torniamo alla relatività di questo concetto proprio con il Draft 2011, gravido di esempi. Se le prime cinque scelte sono comprensibili (Kyrie Irving, Derrick Williams, Enes Kanter, Tristan Thompson, Jonas Valanciunas), abbiamo però uno Jan Vesely alla #6 e un Jimmer Fredette alla #10. Per questi e per gli altri nomi nella lista, ci sono due giocatori che quell’anno sono stati forse ancora “più rubati” di Leonard. C’è un Jimmy Butler alla #30, ultimo del primo giro. Ma c’è un ultimo ancora più ultimo: Isaiah Thomas, #60, ultimissimo. Qualcuno ha detto: «Gli ultimi saranno i primi». Nel dubbio, la copertina di questa pagina è sua.

ANCORA ESEMPI – La categoria Steal of the Draft è troppo ricca per esaurirsi in un unico paragrafo. Altri esempi stuzzicano la fantasia di ogni appassionato NBA. Al Draft 1986, segnato dalla tragica vicenda di Len Bias, Dennis Rodman viene scelto alla #27 (all’epoca secondo giro), poi cinque volte campione NBA e hall of famer  Alla #60 (terzo giro) c’è un altro hall of famer: Dražen Petrović. Tornando al nuovo millennio, ci sono Michael Redd alla #43 nel 2000, Gilbert Arenas alla #31 nel 2001, Carlos Boozer alla #34 nel 2004 e Marc Gasol alla #47 nel 2007. L’elenco potrebbe essere ancora più lungo e anche contenere altri due esempi dal Draft 1996: Kobe Bryant alla #13 e Steve Nash alla #15. Ma Bryant era giovanissimo e Nash canadese. E quando sono disponibili Samaki Walker (#9), Eric Dampier (#10), Todd Fuller (#11) e Vitalij Potapenko (#12)… Possiamo davvero biasimare i GM che non li hanno scelti?

Todd Fuller, Kobe Bryant

Siamo al Draft 1996. Puoi scegliere fra un bel ragazzone di 2.11 col nome da attore hollywoodiano, Todd Fuller, e un ragazzino cresciuto in Italia col nome di una bistecca giapponese, Kobe Bryant. Che fai? Credits to: www.thesportster.com, via Google.

La puntata odierna di #VocabolarioNBA, ricca di esempi pratici, ha la speranza di fare un po’ di luce sul concetto di Steal of the Draft e stimolare un uso critico di tale espressione. L’appuntamento con Vocabolario NBA è per la prossima settimana: sempre di martedì, sempre alle 17.00.

La rubrica #VocabolarioNBA:

Qualche altro articolo di NbaReligion.com legato ai temi qui trattati: le scelte al draft, giuste o sbagliate.

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