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Boston Celtics

(Non) buona la prima! Le peggiori first pick della storia del Draft

Scegliere è importante, soprattutto quando si parla di Draft. Non sono però poche le squadre ad aver completamente sbagliato la prima scelta assoluta, rovinando piani a lungo termine o progetti di vittorie basate su giovani prospetti solo apparentemente fenomenali

Il Draft. Momento di fibrillazione per tutte le franchigie, serata in cui non solo si può decidere una stagione, ma attraverso la quale si investe sul futuro della propria squadra, negli anni a venire. C’è chi perde appositamente per un’intera stagione al fine di guadagnarsi una scelta migliore in lottery, chi farebbe di tutto per avere una pick tra le prime tre, chi scambia le proprie per provare a vincere nell’immediato, chi ne accumula per provare a costruire un dominio futuro, grazie alla gioventù proveniente da high school college statunitensi.

Non sempre però chi ha avuto la possibilità di effettuare la fatidica prima chiamata al Draft ha sempre scelto nel modo migliore, anzi. Negli anni gli errori alla lotteria sono stati così tanti da creare un’apposita bibliografia dei cosiddetti draft busts, i flop, i fallimenti, le promesse mancate. In parole povere, le “sole”. Tanti sono stati gli abbagli clamorosi nelle varie draft class, dettati tanto dalla fretta o dal pressappochismo che da vere e proprie sfortune. Abbiamo raccolto le prime chiamate peggiori della storia dell’NBA. Roba da rovinare una franchigia.

10. Andrea Bargnani – Draft 2006

Potrebbe essere quantomeno discutibile ritenere flop un giocatore che ha saputo viaggiare tre anni di fila alle medie di 17.2, 21.4 e 19.5 punti a partita, capace di giocare dieci lunghi anni in NBA e di portare Toronto a ben due apparizioni nei Playoff (2008 e 2009), oltre che essere il primo europeo in assoluto ad essere scelto come first pick al Draft.

È anche per questo che si trova nella posizione più bassa, lontano dalle vere e proprie “cantonate cestistiche” Bisogna però sottolineare come il suo migliore anno sia stato quello dell’addio di Bosh da Toronto, in cui tutte le opzioni offensive sono state prepotentemente scaricate sul lungo nostrano e come egli, scelto ad icona di un rilancio di franchigia basato proprio sul tandem Bosh-Bargnani, sia stato incapace di trascinare la squadra a risultati quantomeno meritevoli. Fuori dall’esperienza di Toronto si è dimostrato incapace di incidere in un contesto già problematico come quello dei Knicks in piena fase di rebuilding.

Dopo la parentesi a Brooklyn, per lui è arrivato il ritorno in Europa. Per scegliere Il Mago i Raptors hanno lasciato per strada LaMarcus Aldridge (lungo che avrebbe fatto non poco comodo al contesto canadese), Brandon Roy, Rajon Rondo e Kyle Lowry (che poi a Toronto ci è arrivato comunque). Si poteva scegliere decisamente meglio.

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