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NBA Draft 2016: analisi delle prime 30 scelte

Andiamo ad analizzare nel dettaglio le prime 30 scelte dell’NBA Draft 2016, che sembra destinato a segnare la NBA per i prossimi anni.

1 – PHILADELPHIA 76ERS: BEN SIMMONS

La prima scelta assoluta del 2016 annunciata ormai da anni ad un certo punto ha rischiato di dover applaudire qualcun altro che sarebbe salito sul palco prima di lui (leggasi Brandon Ingram), ma alla fine ce l’ha fatta: è l’australiano, come da pronostico, il primo nome di questo Draft 2016. I dubbi che ne hanno quasi minato una prima chiamata che pareva certa risiedono nella tenuta mentale e nella personalità del ragazzo dopo la stagione in chiaroscuro a Louisiana State, soprattutto nei momenti che contano. Simmons però rimane un all arounder in grado di fare sostanzialmente tutto su un campo, da molto accostato tecnicamente addirittura a un primo Lebron James: pare dunque chiaro il motivo per cui Phila abbia deciso di puntare su di lui per ricostruire per l’ennesima volta la squadra, rendendolo la prima first pick andata al college senza un minuto di Torneo NCAA giocato. Meno chiaro come si muoveranno ora i Sixers con la loro front line ormai sterminata (anche Simmons è un 3-4m che va ad aggiungersi ai vari Noel, Okafor e al rientrante, e dato in ottima forma, Embiid), in cui uno dovrà, forse senza grossi rimpianti, lasciare la Città dell’Amore Fraterno (Okafor pare il principale indiziato).

2 – LOS ANGELES LAKERS: BRANDON INGRAM

Simmons alla 1, Ingram alla 2, mantra annunciato da ogni Mock che si rispetti da almeno un anno, prontamente confermato dai Lakers, che si portano a casa l’altro grande diamante grezzo di questa Draft Class. Se Simmons può ricordare Lebron, fisico e caratteristiche del prodotto di Duke riportano alla mente Kevin Durant, e scusate se è poco. E’ quello che sperano ai Lakers, che dopo le scelte dal rendimento fin qui ancora altalenante di Julius Randle prima D’Angelo Russell poi vanno ora in all in con un talento acerbo ma quasi sconfinato, che avrà la possibilità di ambientarsi e crescere nonostante le pressioni di una simile piazza in quella che si prospetta un’altra stagione di transizione per i gialloviola: i quali, comunque, con il tandem Russell-Ingram in particolare potrebbero già aver trovato l’accoppiata da cui ripartire nell’anno zero post Kobe Bryant.

 

Credits to: sportsmanias.com

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3 – BOSTON CELTICS: JAYLEN BROWN

Dopo le prime due chiamate piuttosto scontate, iniziano subito le sorprese o presunte tali già dalla terza scelta: niente Buddy Hield, niente Dragan Bender, niente Jamal Murray che pure aveva fatto benissimo al workout coi biancoverdi, i Celtics si buttano forte sul talento da California dopo aver provato ad usare la scelta per arrivare a qualcuno di più pronto nell’immediato. La pick alla fine è rimasta e Boston l’ha spesa bene, portando a casa un elemento le cui caratteristiche, in particolare l’esplosività e l’atletismo nel settore ali, ben si adattano al roster di coach Stevens e vanno a coprirne alcune lacune viste nell’ultima stagione, con l’aggiunta dell’enorme potenziale difensivo di Brown su cui lo stesso Stevens potrebbe diventare una manna. Giocatore, insomma, con margini di crescita ma che potrebbe avere un impatto immediato dalla panchina per i verdi, e una presa che dunque molto buona per la franchigia più titolata della Lega.

4 – PHOENIX SUNS: DRAGAN BENDER

Phoenix prova a sistemare un po’ il precario settore lunghi non rinunciando però alla propria vocazione perimetrale: e Dragan Bender sembra fatto su misura per soddisfare queste necessità, se non fosse che al momento pare ancora piuttosto indietro, fisicamente e tecnicamente, per il livello NBA. In Arizona sperano già di aver messo le mani sul nuovo Porzingis, e le caratteristiche di potenziale stretch four del croato in effetti autorizzano un certo ottimismo in tal senso, ma con ogni probabilità ci vorrà molto più tempo per vederne i frutti rispetto al devastante impatto avuto dal lettone nella Mela: colpo probabilmente più di prospettiva, ma su cui si può lavorare molto proficuamente.

5 – MINNESOTA TIMBERWOLVES: KRISS DUNN

A nostro avviso buonissima chiamata per i T’Wolves, che portano a casa un play dalle caratteristiche sostanzialmente complementari a quelle di Rubio e mettono un altro tassello nella loro impetuosa e sempre più intrigante ricostruzione, andando appunto a coprire il ruolo di vice-Rubio e, forse, anche di suo erede. Il talento da Providence è una point guard di stazza fisica, atletismo strabordante, in grado di pungere da fuori e di difendere anche su più tipi di giocatori: tutto ciò che lo spagnolo non ha in faretra, pur non eguagliandolo in classe ed estro, e sarà interessante vedere la gestione dei due che farà coach Thibodeau, considerato che Dunn pare avere la carte in regola per avere subito un impatto nella Lega e attentare addirittura al ruolo di playmaker titolare. Staremo a vedere se i Timberwolves proveranno a far coesistere i due (peraltro, come detto, complementari come caratteristiche) o se si muoveranno ancora nel corso dell’estate.

6 – NEW ORLEANS PELICANS: BUDDY HIELD

Colpo forse inatteso anche dagli stessi Pelicans, che si trovano un talento considerato a lungo da top 3 ancora disponibile alla sesta, e ovviamente non ci pensano due volte a portarlo a casa. E, al di la della ghiotta occasione, anche da un punto di vista tecnico sembrano fare un’ottima presa: il settore esterni della squadra della Louisiana non ha mai reso secondo le aspettative, e Hield può diventare in breve tempo il giocatore in grado di punire le inevitabili attenzioni che Anthony Davis attira, con buone possibilità di diventarne presto una eccezionale spalla considerate le caratteristiche di leader tecnico e agonista puro. Sarà importante valutarne il passaggio dallo status di semi dio a Oklahoma a quello, almeno iniziale, di giocatore di sistema, che spesso ha bruciato grandi realizzatori NCAA in passato (leggasi Jimmer Fredette o Doug McDermott, per fare due nomi): ci sentiamo comunque di scommettere sull’agonismo del buon Buddy, insignito in fondo addirittura da tale Kobe Bryant…

 

Credits to: ncaa.com

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7 – DENVER NUGGETS: JAMAL MURRAY

Sfumato Hield per una sola pick, Denver vira su un altro ottimo tiratore di questo Draft, che non pare avere il carisma di Buddy ma di sicuro va a colmare la lacuna di specialisti in grado di punire dal perimetro evidenziata dai Nuggets, soprattutto in assenza di Gallinari. Forse sarebbe stato più utile un lungo (Sabonis?), ma con un settore guardie ora tanto folto (vedi Harris e Barton) non è detto che i Nuggets non si muovano ulteriormente per sistemare un roster che, comunque, rimane privo di un vero go-to-guy (di nuovo, soprattutto in assenza di Danilo). Il potenziale per Murray c’è di sicuro, l’etica del lavoro anche, con Malone potrebbe crescere anche in difesa e, a quel punto, diventare un giocatore molto interessante.

8 – PHOENIX SUNS (via Sacramento): MARQUESE CHRISS

Dopo una serie di pick più o meno buone o comunque attese dalle singole squadre, arriviamo alle prime scelte meno comprensibili nell’immediato. Per la verità, è comprensibilissima la mossa di Phoenix, che continua a rinforzare la già citata front line con un giocatore solido come il talento da Washington, atletico e in grado di aprire il campo come Bender ma certamente più maturo tecnicamente e in grado di dare una mano tangibile da subito. Lo è molto meno, tanto per cambiare, quella dei Kings, che cedono la neo pick numero 8 per Papagiannis, Labissiere e i diritti su Bogdan Bogdanovic, tre giocatori acerbi (il diciottenne greco), deludenti al college (Labissiere) o addirittura mai visti nella Lega (Bogdanovic): e dire che le caratteristiche di Chriss parevano adatte a sposarsi bene con quelle di Cousins, che infatti, a giudicare da Twitter, non pare aver preso benissimo la decisione. Staremo a vedere se Labissiere mostrerà l’enorme potenziale visto al liceo e se Papagiannis e Bogdanovic avranno prima o poi un impatto nella Lega, al momento pare l’ennesima scelta controversa da parte di una dirigenza che non ha mai dato l’impressione di seguire un progetto preciso.

 

Credits to: gettyimages.com

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9 – TORONTO RAPTORS: JAKOB POELTL

Byiombo monetizza i buoni playoffs disputati uscendo dal contratto e bussando a soldi? Toronto pare già aver fatto l’assicurazione, portando a casa un lungo bianco dalle caratteristiche in parte diverse da quelle dell’africano, ma comunque in grado di dare un ottimo contributo in area senza però rimetterci in tecnica, come accadeva con il volenteroso ma non certo talentuosissimo Bismack. Poeltl pare tutto sommato più simile a Valanciunas, e potrebbe inserirsi bene in Canada proprio come cambio del lituano, senza che l’assetto della squadra cambi sensibilmente: per Byiombo, beniamino del pubblico, si avvicina insomma un futuro lontano da Toronto.

10 – MILWAUKEE BUCKS: THON MAKER

Eccola, proprio alla fine della top 10, la sorpresa che non ti aspetti. Solo 2-3 anni fa Maker era dato possibilissima prima scelta assoluta grazie al mix di fisico da lungo (ma da lungo vero, quantomeno come altezza) unito alla tecnica e al tiro da esterno; poi la crescita del sudanese, soprattutto fisica e di potenziamento muscolare, non è stata all’altezza delle aspettative, facendo crollare le sue quotazioni anche oltre la ventesima chiamata. Milwaukee invece ha creduto in quello che, a detta del GM John Hammond, sarebbe un «gran lavoratore»: e molto in effetti dovrà lavorare il ragazzo (la cui puerile età registrata, viste le precise anagrafi africane, è peraltro messa in dubbio) per metter su un fisico in grado di fargli reggere i contatti NBA. Le doti tecniche e anche caratteriali ci sono, ma la vera positività della scelta dei Bucks potrà probabilmente essere valutata solo sul lungo periodo.




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