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Cavs, retroscena estivo: la maggioranza voleva la rifirma di Perkins

Momento non facile in casa Cleveland: emerge anche l’insoddisfazione dello spogliatoio in estate per la mancata riconferma di Perk

I Cleveland Cavs non stanno per niente passando un buon periodo: una stagione tribolata con l’esonero di David Blatt, la promozione di Tyronn Lue e una chimica di squadra che tarda ad arrivare. Come se non bastasse tutto ciò, nelle ultime ore lo spogliatoio dei Cavaliers sembra molto frammentato e non unito verso un intento comune, un’impressione suffragata dal fatto che LeBron James abbia deciso di trascorrere i due giorni di riposo concessi alla squadra in quel di Miami in compagnia del suo amico Dwyane Wade.

Tale minivacanza, condita da qualche tweet di troppo di LBJ che tuttavia non ha voluto dare spiegazioni specifiche interpellato dalla stampa al suo ritorno, non è stata vista di buon occhio in generale dalle parti dell’Ohio. Un momento davvero complicato per i Cavs, un momento in cui servirebbe l’esperienza e il carisma di un giocatore come Kendrick Perkins.

Un nome non casuale, citato proprio l’altro ieri dallo stesso LeBron in un’intervista rilasciata a Chris Haynes di Cleveland.com.

Con giocatori in spogliatoio simili a Perk ho vinto degli anelli, senza di loro non ne ho vinti.

 

Una dichiarazione lapidaria di LeBron, una frecciata bella e buona rivolta alla dirigenza rea in estate di non aver fatto abbastanza per rifirmare l’ex centro dei Boston Celtics, benché lo zoccolo duro dello spogliatoio dei Cavs – The Chosen One in primis – spingesse per un comeback da parte del nativo di Beaumont, Texas. Perkins non fu riportato a casa per questa stagione per lasciare spazio a Sasha Kaun, lungo russo fedelissimo di Blatt che l’ex coach ha voluto a tutti i costi ma che finora non ha quasi lasciato traccia giocando in totale appena 48 minuti in stagione, quasi tutti di garbage time.

La maggior parte del roster dei Cavs avrebbe gradito il ritorno di Perkins non tanto per le sue doti tecniche e le sue prestazioni in campo, quanto per la sua presenza fuori e la sua leadership in spogliatoio. Già, quella leadership che al momento manca come tante altre cose in quel di Cleveland, la serenità soprattutto.

 

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