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Il lungo cammino di W

l’1 novembre Timmy, Tony e Manu sono diventati il trio più vincente di sempre. Qual è la loro vittoria più bella, più sofferta, più memorabile?

San Antonio Spurs TRIO

Il termine Big Three è stato inizialmente coniato per riferirsi alle tre maggiori case automobilistiche di un dato territorio. Prendiamo le auto tedesche( snobbando easy quelle americane ). I tre marchi associati a questa definizione non possono che essere Audi, Mercedes-Benz e BMW. Poi il termine è stato traslato anche in ambito sportivo( e non solo NDR) per definire un trio di super-giocatori/atleti appartenente alla stessa squadra, club o società.

Adesso prendiamo l’NBA. I tre giocatori leader nel mercato cestistico non possono che essere Duncan, Parker e Ginobili. La scorsa domenica, battendo i Celtics 95 a 87, sono diventati il triumvirato NBA più vincente di sempre. Hanno superato Magic-Kareem-Cooper, hanno superato Bird-McHale-Parish, arrivando a totalizzare 541 vittorie. (541 W. Provate a digitare sulla tastiera 541 W o a ripetere la lettera ad alta voce per quel numero di volte. Se non vi addormentate, vi stuferete prima di arrivare a 100 NDR)

I record del trio di San Antonio non finiscono qui. Insieme hanno giocato 738 partite e vinto 120 gare di post-season, mai come nessun altro trio in questa lega. Volendo prendere singolarmente i record raggiunti dai tre o volendo prendere quelli infranti dalla squadra, dovrei srotolare numeri fino alla nausea. (Perciò vi lascio questo gamenotes con un bel report di traguardi ogni epoca Spurs. Vi stupirete di quante volte compaiano i nomi di Duncan e Popovich. O forse no. NDR)

Ora statemi dietro. L’esperimento consiste nel circoscrive la W più significativa dei tre amigos ( Fatelo anche voi, magari commentando sotto al pezzo la loro vittoria che maggiormente vi è rimasta impressa NDR)  Per verificare cosa? La teoria che un trio più vincente su un campo di basket non sia mai esistito.

FINALS 2005-GAME 5

“Dee-troit Baaaa-sket-ball”

Giocare contro Detroit voleva dire due cose: affrontare i Pistons e affrontare i tifosi del Detroit Basketball incalzati dalla  voce( John Mason, speaker casalingo diventato leggenda) che risuonava come una cantilena:

“De-troit Baaaa-sket-ball”

Timmy, Tony e Manu odiavano dover giocare al Palace di Auburn Hills, odiavano quella cantilena e odiavano pure i Pistons. Dopo esere stati in vantaggio 2-0 , gli Spurs venivano da due pesanti sconfitte che avevano portato la serie sul 2-2. Un capovolgimento che rifletteva benissimo l’equilibrio tra le due squadre.

Dal 2005 ad oggi scorgo così poche differenze nel gioco( identico, ma di qualità e quantità superiore) e nell’aspetto (niente barba brizzolata e un ginocchio in più) di  Duncan da chiedermi se sia stato ibernato. Ad invalidare la mia tesi, rifletto, sono gli altri 2 titoli vinti nel frattempo.  Nel corso della serie, Parker è sempre andato in doppia cifra di punti, un Wild Manu dal capello lungo ha invece dominato la prime due gare e avuto un impatto limitato nelle ultime due.

Fin dal primo minuto si percepisce che siamo su un altro livello tattico rispetto alle normali partite di regular season. Molti adeguamenti vengono presi anche nel corso di un solo quarto. Popovich parte subito con l’indicazione di pressare su Billups, togliergli la palla dalle mani. Una delle direttive di Brown è invece quella di fermare i drag( pick and roll in transizione Spurs) e cavalcare l’altalena Duncan ai liberi( in una fase molto ondivaga  alla linea della carità).

Parker soffre Billups in marcatura individuale e in particolar modo i continui aiuti dei lunghi. Così scarica parte delle operazioni a Manu, che legge bene i tagli backdoor di Duncan e Parker, superando in più di una occasione l’impenetrabile muro delle seconde linee Pistons. Duncan fatica ai liberi( chiuderà con 4/11) e questo problema incide sul match, perchè impedisce gli Spurs di prendere il largo e di uscire da quel pantano di costante equilibrio in cui i Pistons sguzzano e aspettano, pronti a rompere la parità con un tiro di Billups o un canestro in fade-away di Sheed.

Nell’ultimo quarto di gioco comincia il Big Shot Rob Show e i Big Three diventano attori non protagonisti. Lui è famoso per i tiri pesanti, allo scadere, ma qui non si limita a mettere la tripla del sorpasso e della vittoria Spurs all’overtime. Qui confeziona una performance totale. Numero 1: perchè velocizza l’attacco Spurs che finalmente prende ritmo con i suoi 8 punti consecutivi nel quarto periodo. Numero 2: perchè è una variabile che i Pistons hanno considerato limitatamente.

Ne è la prova il clamoroso errore difensivo a 5 secondi dalla sirena dell’overtime. ‘Sheed va a chiudere Manu in angolo,ma staccandosi da Horry gli lascia una tripla piedi per terra, comoda e con i tempi giusti per mettersi a posto prima del vano close-out di Rasheed( anche se bisogna comunque metterla, considerato che tra le mani hai la palla del game winner e non quella di una normale seduta di tiro NDR).

Horry finirà con 21 punti e 7 rimbalzi, sbloccando la serie e togliendo le castagne dal fuoco ai Big Three presenti, ma che da soli forse non l’avrebbero risolta.

E’ curioso osservare gli Spurs muovere un altro basket rispetto a quello che fanno oggi. La tendenza era di mettere la palla molto presto e bene nelle mani di Duncan. Il pick and roll centrale per il palleggio-arresto-e-tiro di Parker, il pick and roll laterale per l’entrata sulla linea di fondo di Manu e non molte altre soluzioni. Traspare però, già un cenno del ball movement sul perimetro alla ricerca del tiro aperto, con Horry e Bowen in campo insieme ai big three a costituire il quintetto più offensivo. Quella forma di democrazia partecipativa sul parquet che ha fatto le fortune degli Spurs in tempi più recenti e che è stata “copiata” dal resto della lega ( e del mondo).

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