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Draft 2015: Analisi delle scelte (1-10)

Non ci sono annate più o meno buone che tengano: nonostante non c’entri nulla con il basket giocato, il Draft è sempre un appuntamento importante ed emozionante all’interno del particolare sistema sportivo professionistico americano. Per quanto riguarda la NBA, questo 2015 doveva ereditare il peso di un’annata precedente eccezionale e molto profonda, tale da far gridare anche alla Best Class Ever (complici infortuni e adattamenti un po’ lenti, titolo finora ampiamente non confermato, ma è ancora molto presto per valutare oggettivamente). Ma anche questa classe, pur non raggiungendo i livelli di talento generale di quella precedente, non è affatto male, con almeno 3-4 giocatori con ottime possibilità di essere futuri All Star NBA e parecchi altri, magari scelti non nelle prime pick, che potrebbero finire per sorprendere. Vediamo dunque quali sono state le scelte delle prime 10 squadre che dovevano scegliere e come potrebbero andare ad influire sui loro roster (troverete anche le schede complete dei singoli giocatori cliccando sul nome; qui invece l’intero primo giro).

Oltre al look sempre discutibile, notare l’incontenibile gioia di Okafor di finire a Phila

1) MINNESOTA TIMBERWOLVES: Karl-Anthony Towns

Nonostante la certezza di poter scegliere chiunque, in genere si manteneva comunque un certo riserbo anche sul primo nome a salire sul palco, portando sovente a qualche sorpresa. Quest’anno invece dimenticatevi la suspence, perlomeno per la numero 1, visto che i Wolves avevano già ampiamente fatto intendere le loro intenzioni, rendendo la prima scelta assoluta di Karl-Anthony Towns un segreto sconosciuto quanto quelli riferiti a Pulcinella. Nessuna sorpresa insomma e Wolves che si portano a casa la terza prima scelta assoluta consecutiva dopo le due arrivate da Cleveland nell’ambito dell’affare Love, puntando forte sull’elemento di più probabile roseo futuro a disposizione. Gran fisico, ottima tecnica, enormi margini di miglioramento grazie anche a una buonissima etica del lavoro, Minnesota mette a segno l’ennesimo colpo della sua ricostruzione, il cui unico dubbio rimane quello della convivenza con Pekovic (in particolare a livello difensivo, visto che il buon KAT in attacco può anche aprirsi per il tiro): se non dovesse funzionare, non è improbabile una trade per il lungo montenegrino, magari in cambio dell’ennesimo giovane di belle speranze. Come se quelle dei T’Wolves per il futuro a medio termine non siano già sufficientemente splendenti.

2) LOS ANGELES LAKERS: D’Angelo Russell

Di problemi i Lakers negli ultimi anni ne hanno avuti infiniti, ma due posizioni in particolare avrebbero dovuto essere coperte in questa off season, peraltro proprio quelle in cui tradizionalmente si costruiva l’asse portante della squadra: quelle di playmaker e di centro, visto che Lin sarà free agent e su Jordan Hill con ogni probabilità non verrà esercitata l’onerosa team option. Il Draft doveva risolvere uno dei due spot, e si è optato per il primo, con la chiamata di D’Angelo Russell, lasciando così sul piatto un lungo di sicuro avvenire come Jahlil Okafor. Scelte difficili, che solo il tempo ci dirà quanto azzeccate, ma pare indubbio che il prodotto di Ohio State abbia la stoffa della star e possa diventare una pietra miliare della ricostruzione di questi Lakers. Una vecchia regola non scritta nella Lega dice che tra lungo e esterno è sempre preferibile scegliere il big man; peraltro, non che questa norma sia infallibile, come dimostrano parecchi precedenti (Bowie prima di Jordan vi dice nulla?). Kupchak ha scelto questa volta di tradire la regola, vedremo se avrà avuto ragione in virtù anche della crescita di Okafor, ma di certo si porta a casa un gran bel giocatore, forse il talento più cristallino dell’intera annata.

 

3) PHILADELPHIA 76ERSJahlil Okafor

Eccolo finalmente, colui che per moltissimo tempo era dato come scontata prima scelta assoluta e si è visto invece cadere al gradino più basso del podio. Terza prima scelta spesa per un lungo in 3 anni per i Sixers, che per il secondo anno consecutivo probabilmente devono cambiare i propri piani in corsa: l’anno scorso ci pensò la fortuna sfacciata di Cleveland a privare Hinkie del sogno Andrew Wiggins, quest’anno invece è stata l’audacia di Kupchak a togliere un D’Angelo Russell che sembrava già con il biglietto aereo in mano per la Città dell’Amore Fraterno. A quel punto il vulcanico GM dei Sixers si è buttato sul migliore disponibile, anche perché lasciare ancora Okafor sarebbe stata probabilmente follia, ma si ritrova così con qualche problema di esubero, per quanto Jahlil sia un’assicurazione più che valida alle preoccupanti notizie che arrivano dai medici di Joel Embiid. Progetto Sixers che dunque fatica ancora a delinearsi, anche se il lungo da Duke sembra essere un’ottima colonna portante su cui ricostruire una casa ampiamente in rovina, e con Nerlens Noel va a formare una coppia di lunghi abbastanza complementare e molto interessante e futuribile. E, cosa più importante, perlomeno non è stato scelto già con la certezza di vederlo da qui ad un anno almeno, che per i tifosi Sixers pare già una grande vittoria.

“Prego di qua, mancano i fischi di questa parte del palazzo”

4) NEW YORK KNICKSKristaps Porzingis

Che il lettone avesse ampiamente impressionato in giro per la Lega e sarebbe stato una scelta molto alta lo si sapeva: gli unici probabilmente a non avere una buona opinione su di lui sono proprio i suoi futuri tifosi, che tra fischi e disperazione sembrano considerare la sua scelta una sorta di World Trade Center cestistico. La storia evidentemente non insegna, e dovranno ricredersi anche stavolta: Woj l’ha già definito il più probabile steal of the Draft dell’anno, e Jackson non è certo tipo da non riconoscere il talento. Questo ragazzo ne ha da vendere, e soprattutto con le sue caratteristiche di stretch four si adatta alla perfezione al Triangle Offense che l’accoppiata Jackson & Fisher sta provando a inserire nella Mela. Al di la quindi dei fischi, piuttosto ingrati ma che certamente non intimoriscono il ragazzone europeo, ottima presa per i Knicks e per la loro resurrezione dalle vere e proprie ceneri in cui giacciono; conseguenza ovvia di questa chiamata pare dunque la rinuncia ad Andrea Bargnani, che libererà il salary cap dei Knicks dei suoi 12 milioni di contratto e difficilmente verrà rinnovato. E considerato che New York si era già liberata degli oltre 20 dovuti ad Amare Stoudamire, attenzione all’ex coach Zen da luglio in poi…

 

5) ORLANDO MAGIC: Mario Hezonja

Secondo europeo in Top 5 per questa Lega sempre più international, e come per Porzingis chiamata alta più che giustificata: il croato è un altro talento eccezionale che pare anche avere le caratteristiche tecniche e attitudinali per sguazzare nella National Basketball Association più di quanto già non facesse, con più che discreti risultati, nel Vecchio Continente. I Magic si assicurano una guardia-ala di sicuro avvenire che va a completare un back court estremamente intrigante, formato da Payton, Oladipo e appunto Hezonja. Con la certezza Nikola Vucevic sotto canestro e magari la crescita della prima scelta dello scorso Aaron Gordon, anche in Florida possono iniziare di nuovo a sorridere e a guardare con fiducia al futuro. E, come vedremo, non solo in quel di Orlando.

 

6) SACRAMENTO KINGS: Willie Cauley-Stein

Dall’avvento della nuova dirigenza indiana i Kings scelgono al Draft in maniera meno criptica solamente degli irraggiungibili Sixers: dopo due guardie tiratrici consecutive, quest’anno arriva a Sacramento un lungo dato tranquillamente in Lottery, ma difficilmente addirittura alla 6. In realtà Cauley-Stein possiede esattamente le caratteristiche di lungo rapido e atletico, oltre all’ottima presenza difensiva, che tanto piacciono a Karl. Caratteristiche che invece non possiede DeMarcus Cousins, offensivamente anni luce avanti al collega ma quasi incompatibile con l’idea di gioco dell’ex coach di Denver: chiaro dunque come la scelta di un giocatore nello stesso ruolo autorizzi a pensare sempre più alla sua clamorosa cessione, che pare lo scenario più probabile al momento. Ma non l’unico: alcune voci vorrebbero invece Karl in forte rischio proprio per la sua mancata convivenza con DMC, ormai esplicitamente dichiarata anche via social. In questo secondo caso, seppur tutta da verificare, non è impossibile pensare a una possibile convivenza tra i due prodotti di Kentucky, visto che Cauley-Stein non ha gioco perimetrale in attacco ma in difesa è perfettamente in grado di marcare avversari più rapidi, divenendo così una possibile body guard difensiva dello stesso Cousins (che la difesa tende a non considerarla granché, per usare un eufemismo). Staremo a vedere, al momento comunque, al di la delle dichiarazioni di facciata, la cessione del centro titolare pare comunque più vicina.

“Yo, fratello, come butta? Era ora che facessi il mio nome!”

7) DENVER NUGGETS: Emanuel Mudiay

Dopo Okafor, un altro nobile decaduto, che solo qualche mese fa veniva dato in lotta proprio con l’ex Duke per essere il primo ad alzarsi dal tavolo al Barclay Center. E’ andata male a entrambi, a Mudiay di più, ma era ormai risaputo che le sue quotazioni fossero al ribasso, probabilmente per il livello non esattamente trascendentale del campionato cinese, in cui era finito a dominare per un ricco contratto che aiutasse la famiglia in difficoltà. Pesa anche un infortunio alla caviglia che non gli ha permesso, seppur nel contesto tecnicamente rivedibile, di mostrare appieno il suo talento negli ultimi mesi, e che hanno portato al definitivo sorpasso di D’Angelo Russell nella considerazione dei GM sul miglior play del Draft. Ma ciò nonostante, rimane una gran presa alla 7 per Denver, che si ritrova in squadra quasi con stupore una potenziale prima scelta assoluta e un giocatore che per caratteristiche e attitudine può prendersi sulle spalle la squadra nel giro di poco tempo, anche perché ha il vantaggio di aver già provato il professionismo, seppur nel contesto citato. Il congolese sarà ovviamente il punto fermo da cui ripartire, per il resto cantiere aperto in Colorado, con Lawson che potrebbe essere quindi il primo a fare le valigie, magari in direzione California da un vecchio coach che lo adora…

 

8) DETROIT PISTONS: Stanley Johnson

Brandon Jennings (dato peraltro per possibile partente) l’ha twittato subito: Great Pick. E ci sentiamo di condividere, specie considerando quello che serviva alla Motown dopo il divorzio da Josh Smith: arriva in Michigan un’ala combattiva, di grande agonismo e applicazione difensiva, migliorato molto anche offensivamente nell’ultimo periodo, un giocatore che “ha fame” e lotta come non se ne vedevano da tempo da queste parti, e dello stesso tipo che regala dolcissimi ricordi agli ormai rassegnati tifosi dei Pistons. Quasi certo dunque lo status di beniamino del pubblico nel giro di pochissimo tempo, buone anche le possibilità di un suo impatto positivo fin da subito in campo. Secondo Chad Ford, i Pistons si pentiranno di non aver scelto Winslow, per molti versi giocatore similissimo ma forse più futuribile soprattutto offensivamente: staremo anche qui a vedere, di sicuro Detroit porta a casa ciò di cui aveva bisogno.

 

9) CHARLOTTE HORNETS: Frank Kaminsky

Forse la scelta più scontata dopo Towns alla prima chiamata: anche Charlotte, come i Sixers, sceglie il terzo lungo in top 10 degli ultimi 3 anni, ma lo fa in buona sostanza per riparare agli errori del passato più che per provare a farli convivere, e dopo due giocatori acerbi che finora non hanno rispettato le ampie attese come Cody Zeller e Vonleh va con il giocatore forse più pronto dell’intero Draft. Frank “the Tank” arriva in NBA da senior, dopo 4 anni in cui è cresciuto moltissimo a Wisconsin e un’ultima stagione che l’ha visto protagonista del Torneo NCAA nonostante le enormi pressioni addosso: carattere dunque da vendere, fisico da lungo e tecnica di primissima qualità, quasi certamente riuscirà ad avere un impatto tangibile fin da subito in North Carolina. Probabile che dopo Vonleh venga ora ceduto anche Zeller per fargli spazio, interessante invece vedere l’adattamento con un altro big man come Al Jefferson: offensivamente perfettamente compatibili (Kaminsky negli ultimi due anni è migliorato tantissimo nel tiro da fuori, fondamentale peraltro non diffusissimo a Charlotte negli ultimi anni e dunque doppiamente prezioso), i problemi potrebbero arriva in difesa, specie con quintetti più piccoli. Ma al di la di questo, altra pick spesa molto bene anche per gli Hornets.

Justise Winslow sale sul palco alla decima chiamata. Paga evidentemente l’eccessiva sobrietà

10) MIAMI HEAT: Justise Winslow

Se Woj ha definito Porzingis lo steal of the Draft, difficile trovare altre definizioni per Justise Winslow alla 10. Miami ringrazia e si porta a casa un esterno completo, che nasce ottimo difensore ma che nel Torneo NCAA, giocato da protagonista assoluto, ha mostrato enormi miglioramenti offensivi: se mette su un tiro veramente affidabile, considerate le movenze e lo euro step ormai marchio di fabbrica, è stato accostato addirittura a James Harden. Abbastanza inspiegabile dunque questa sua discesa, e nel caldo della Florida, senza la pressione di essere subito il giocatore franchigia, potrà crescere e migliorare senza pressioni addosso. Ma con il carattere che ha già dimostrato di avere non ci stupiremmo se avesse un buon impatto nel giro di poco tempo nonostante la verdissima età.

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