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Playoffs NBA 2015

Top & Flop: le pagelle di Golden State Warriors – New Orleans Pelicans (gara 2)

Tutto da pronostico nelle prime due gare della serie tra Warriors e Pelicans, coi californiani che anche con alcuni passaggi a vuoto nel corso delle due gare volano in Lousiana avanti 2-0 dopo la seconda vittoria consecutiva alla Oracle Arena. Diamo dunque i voti ai protagonisti di questa gara 2, molto più combattuta e spesso in bilico rispetto al match d’esordio: ma se questi Warriors riescono a portare a casa il risultato anche a fronte di buone prestazioni avversarie e tirando bene solo a tratti, sono veramente brutte notizie per la franchigia di New Orleans…

GOLDEN STATE WARRIORS

 

Klay Thompson: 8. I cecchini di professione non sbagliano il colpo due volte, specie se hanno il sangue freddo dell’ex Washington State: e così, dopo una gara d’esordio in questi playoff in chiaroscuro, in cui aveva sì chiuso con 21 punti ma tirando malino e con parecchi errori non da lui, la guardia californiana si riscatta con una gara 2 degna del suo nome, che porta la sua indelebile firma grazie ai 14 punti nell’ultimo quarto che spezzano l’equilibrio e indirizzano partita e probabilmente serie dalla parte dei suoi. Chiude a 26 con 11/17 dal campo, facendo impazzire qualsiasi difensore gli mandi contro il povero Monty Williams in questo quarto decisivo.

Draymond Green: 7.5. Che fosse uomo da playoff, l’ala da Michigan State l’aveva già in parte mostrato nelle scorse stagioni, pur con un ruolo nettamente più marginale. Qui però si esagera: seconda doppia doppia consecutiva (14+12), condita da 5 assist, 4 recuperi e 2 stoppate, risulta imprescindibile anche in una partita in cui fatica un po’ al tiro (4/12) grazie alla sua duttilità offensiva, al suo letale pick’n roll con Curry e alla sua applicazione in difesa su più tipi di avversari. “Gli ho chiesto se fosse stanco e mi ha risposto di no, così l’ho tenuto in campo. Se avesse risposto di sì, lo avrei tenuto in campo comunque”: basta questa dichiarazione di Kerr per comprendere quanto sia insostituibile nei meccanismi di questi devastanti Warriors.

Stephen Curry: 7. Non la miglior gara in carriera del killer da Davidson (che chiude a 22 ma con 9/21 al tiro e solo 3/9 dall’arco, cui aggiunge anche 5 palle perse), ma la sua leadership e il suo carisma sono qualcosa di difficilmente spiegabili: la sua sola presenza dà fiducia ai compagni, specie quando piazza le solite giocate tanto spettacolari quanto importanti, che esaltano la squadra e l’intera, caldissima Oracle Arena. Quando serve un tiro importante, soprattutto nella prima metà in cui i Pelicans provano più volte a scappare, lui c’è sempre a ricucire tenendo i suoi a galla prima di lasciare il palco al “fratellino” per il rush finale: ma il punto esclamativo lo mette sempre lui con un assist immaginifico per la schiacciata di Bogut.

Andrew Bogut: 6. La difesa dei Warriors soprattutto nella prima metà subisce stranamente molto: merito della buona serata al tiro degli avversari, ma anche di una presenza un po’ meno efficace del solito da parte sua in area. Subisce il quintetto piccolo di New Orleans, quando si vede costretto a vedersela con Davis, ma perlomeno non fa mai mancare la propria presenza a rimbalzo (12 carambole catturate) e si riscatta nella seconda metà, in cui serra maggiormente le fila e chiude la contesa con la schiacciata sull’assist di Curry.

Harrison Barnes: 5. Si vede pochino l’ala di North Carolina, venendogli spesso preferito Iguodala vista la sua serata a sua volta un po’ storta al tiro. Dovrebbe punire gli spazi inevitabilmente concessi coi piazzati dalla lunga, portare energia e dare manforte a Bogut sotto i tabelloni: nel primo episodio della serie era riuscito a fare queste cose piuttosto bene, nel secondo ci riesce molto meno.

Leandro Barbosa: 7. Impreciso in gara 1, il brasiliano si riscatta con un ottimo apporto dalla panchina nel momento più complicato per i suoi, mantenendoli a contatto con l’aiuto di Speights quando i Pelicans provano subito a mettere le mani sulla gara tra primo e secondo quarto. Cala alla distanza, ma il suo lo fa ampiamente con 10 punti in pochi minuti: un contributo del genere dalle seconde linee del back court potrebbe rivelarsi alla lunga fondamentale, com’è stato questa notte.

Marreese Speights: 6.5. Stranamente inutilizzato in gara 1 (un solo minuto in campo), Kerr lo getta nella mischia quando ha bisogno di punti rapidi per ricucire lo strappo dato fin da subito dagli avversari. Lui non ci pensa due volte, tira un po’ tutto quello che gli passa per le mani ma gioca comunque una gara solida, risultando molto importante nel fiancheggiare Barbosa nell’inizio di rimonta dei Warriors e portando anche parecchia legna alla causa (4 rimbalzi e 2 stoppate). Altro giocatore certamente da gestire ma che in determinate situazioni potrà risultare molto importante proprio coi suoi punti in pochi minuti (non è certo un caso che sia da sempre tra i migliori della Lega in quanto a punti per minuto giocato).

Andre Iguodala: 5.5. Solito apporto di energia e difesa dura dalla panchina, classico sesto uomo che chiude le gare al posto di Barnes. Ma, per quanto il suo compito in questa squadra non sia certo quello di segnare, 5 punti in 30 minuti sembrano un po’ pochi per uno coi suoi mezzi, soprattutto in una gara in cui i Warriors faticano per lunghi tratti e serve il contributo anche delle seconde linee: arriva quello di Barbosa, in parte anche di Speights, il suo invece un po’ manca.

Shaun Livingston: 6. un solo canestro dal campo per uno dei pupilli di Steve Kerr, ma importantissimo per lanciare la volata finale e dare fiducia ai compagni. Gioca poco (13 minuti), non fa miracoli ma di certo non demerita, smazzando anche 4 assist e risultando certamente più presente della gara precedente.

Steve Kerr: 7. Anche in una partita piuttosto scialba i suoi Warriors riescono a vincere continuando a macinare gioco sui principi da lui trasmessi: ricerca della transizione e movimento rapido di palla sul perimetro alla ricerca del tiro migliore, pur facendo un po’ difetto la solita attitudine difensiva e con una serata al tiro non certo delle migliori. Ci mette del suo scommettendo sulla second unit nel momento peggiore dei suoi per ridare energia e intensità alla squadra e ottiene un’ottima risposta; i suoi alla fine vincono anche senza brillare, classica caratteristica delle grandi squadre.

NEW ORLEANS PELICANS

Anthony Davis: 8. Leader indiscusso di questa squadra a soli 22 anni, Davis è l’anima di una New Orleans che gioca una gara in generale molto migliore della prima, che con maggiore fortuna avrebbe potuto andare diversamente. Onnipresente in campo (45 minuti) e sempre in grado di colpire, chiude con numeri non particolarmente eccezionali per i suoi ormai altissimi standard (26+10), ma ogni palla ormai passa dalle sue sapienti mani e dal gomito o dalla punta è un pericolo enorme per i Warriors: anche quando non segna in prima persona, impegna di continuo la difesa avversaria e fa così in modo che si creino tiri comodi per i compagni, generati dalle sue precise riaperture sul perimetro, ed è da queste situazioni che i Pelicans dovranno ripartire per provare a vincere almeno di fronte al proprio pubblico.

Tyreke Evans: 7.5. Dimostra di aver recuperato dal problema al ginocchio che lo aveva escluso quasi subito da gara 1 piazzando una prestazione importante in molti settori di gioco: onnipresente, sfiora la tripla doppia (16 punti, 10 rimbalzi e 7 assist), non perde nemmeno un pallone e risponde presente anche ai momenti topici della contesa dimostrando grande carattere per essere alla prima vera gara playoff in carriera. Unica pecca, il tiro piuttosto impreciso (4/12), soprattutto dalla linea della carità (7/12), che in una gara tirata come questa pesano non poco.

Eric Gordon: 6.5. Ottima prova balistica dell’ex Clippers, finalmente presente e inserito in una gara importante e in grado di trovare con continuità il canestro. Il problema grosso è la difesa: che non fosse un mastino si sapeva, ma Thompson abusa ripetutamente di lui, a tratti addirittura ridicolizzandolo, in particolare nell’ultimo, decisivo quarto. Colpa da dividere con Williams che probabilmente avrebbe dovuto cambiargli marcatura, ma le difficoltà nella propria metà campo pesano parecchio e influiscono sulla valutazione, oscurando così in parte una prestazione offensivamente molto buona.

Quincy Pondexter: 4.5. Dopo l’ottima gara inaugurale della serie segna un solo canestro, peraltro di pregevole fattura e con fallo annesso, per poi eclissarsi totalmente e sparare a salve (1/8 alla fine). Prova a rifarsi con la difesa, specialità della casa, ma anche qui ha visto decisamente serate migliori: l’immagine è la schiacciata in solitaria di Thompson dopo averlo bruciato in uscita con troppa facilità.

Omer Asik: 4.5: altra prova incolore del lungo ex Rockets, ininfluente in attacco e poco incisivo anche a protezione del ferro, spesso ammattito dal gioco rapido degli avversari. Da salvare solo i 13 rimbalzi di cui ben 6 offensivi, che macchia però anche con 3 palle perse: un’enormità per un centro che in attacco raramente vede il pallone se non nei pressi del ferro per concludere.

Norris Cole: 7. Molto buona fin qui la serie di Norris, al momento l’unico vero play di ruolo della squadra stante la nuova assenza di Jrue Holiday, non sceso in campo in questa gara. L’ex Miami, evidentemente abituato alla pressione, non si scompone e gioca una gara ancora migliore di quella inaugurale, punendo i raddoppi su Davis sul pick’n roll con jumper e incursioni in area. L’unica pecca è il singolo assist dato, ma il suo apporto dalla panchina è stato fin qui molto importante per i Pelicans.

Ryan Anderson: 4.5. Ancora una prova inconsistente per un giocatore che potenzialmente potrebbe essere molto importante per questa squadra soprattutto da un punto di vista tattico: anche stavolta però non trova ritmo in attacco e a quel punto diventa quasi dannoso. I soli 9 minuti d’impiego, nonostante un Asik non certo stellare, sono piuttosto indicativi delle garanzie date al momento dall’ex Magic.

Dante Cunningham: 5.5. Voglia ed energia non gli fan certo difetto, ma a tratti sembra un corpo avulso al gioco: in 24 minuti in campo prende un solo tiro (segnandolo, peraltro) e nient’altro offensivamente. Si rifà in parte con una maggiore competenza nella propria metà campo, a lui più congeniale, con 2 recuperi e una stoppata.

Monty Williams: 5.5. L’impressione è che, per quanto coi Warriors e la loro incredibile duttilità e facilità offensiva sia cosa complicata, la serie non l’abbia preparata poi così male, ma paghi molto alcuni limiti dei singoli. Se infatti riesce per larghi tratti ad arginare l’attacco devastante degli avversari, soprattutto grazie ai cambi sistematici che mascherano i limiti difensivi di molti elementi, la coperta si ritrova corta nell’ultimo quarto, quando Thompson attacca Gordon e ne mostra tutte le difficoltà: il suo numero 10 non può essere tolto per quello che poi dando in attacco, ma provare almeno a cambiare marcatura? Vero anche che Golden State non ha molti altri esterni su cui poter mettere un difensore non irresistibile… I Warriors sembrano dunque, per lui e le caratteristiche della sua squadra, un cubo di Rubik da un punto di vista tattico: e se quando riesce a limitarli un po’ e a trovare in contemporanea una buona serata in attacco poi finisce comunque per perdere, non c’è molto da stare allegri per il proseguo della serie…

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